
Proprio su Facebook, su quel tanto chiacchierato e ormai anche un po' vituperato Facebook, si e' sviluppato un interessante dibattito sul ruolo che puo' avere proprio Facebook nello sviluppo delle conoscenze e coscienze degli utenti, e in generale delle persone.
"Promotore e conduttore" dell'iniziativa e' stato
Marco Minghetti, che tra l'altro insegna Humanistic Management presso l’Università di Pavia, e scrive su Nòva24,
Le Aziende InVisibili.
Il suo intervento consiste in tre puntate, e ha generato decine di interessantissimi interventi:
Il rischio di Facebook,
Per una via umanistica a Facebook e
Facebook come Mondo Vitale. Tra questi anche il mio, in due commenti, che qui riporto.
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Cio' che contraddistingue FB da altri social network di nicchia, e' che in FB ci si iscrive in quanto persona, cioe' il denominatore comune richiesto ai partecipanti e' il minimo in assoluto. Qui c'e' la ragione del suo successo nei numeri. Un po' come per LinkedIN, a cui ci si iscrive in quanto professionisti. Ma attenzione, non tutti gli altri social network hanno condizioni di ingresso piu' restrittive, e comunque non e' lo strumento che lo impone. Non e' Ning che richiede prima l'esistenza di un gruppo (chiuso): anche FB era nato inizialmente come lo spazio virtuale per gli studenti del college. Questo e' un punto che riguarda il processo di sviluppo di community, a cui nemmeno FB si sottrae.
Il vero punto di forza di FB e' stato voler essere un servizio a disposizione di una tipologia di utente (giovane studente americano) che e' paradigmatico di tutti i navigatori di internet: pieno di interessi, grande dimestichezza con internet, fondamentalmente portato a divertirsi e socializzare. Tutto cio' ha portato FB alla dimensione cruciale, alla massa critica, dopo la quale ogni concorrente soccombe oppure nemmeno prende il via.
Quello spirito di "fratellanza", quel misto di solidarieta' collaborazione e stima reciproca, che caratterizza le prime fasi di sviluppo di certe community (per esempio la blogosfera qualche anno fa, FB un anno fa, ...) tende a svanire quando a quel contesto approda la moltitudine. Attenzione, non tanto (non sempre) perche' i nuovi acquisti siano un'invasione barbarica, essendo dotati di uno spirito diverso e forse meno fine, ma proprio perche' il collante sociale stava prima proprio nel sentimento di pionerismo, di esclusivismo, di protagonismo.
In un contesto allargato, cosi' allargato da risultare sfondato, il protagonismo non si raggiunge piu' nel semplice partecipare a qualcosa che di per se' ha gia' il carattere della specialita', e quindi la ricerca di protagonismo diventa piu' individuale, e soprattutto concorrenziale, cosi' come nei milioni di contesti tradizionali che conosciamo. In questo modo si diffonde il virus dell'egoismo, che pure sarebbe salutare in dosi piu' moderate, che porta con se' aggressivita', e la nuda e cruda rappresentazione di se', e non piu' di se' tra gli altri. E' qui che l'atmosfera umanistica, emozionale, esplorativa, viene spazzata da approcci scientifici, calcolatori, conquistatori.
Non sorprende che il paradigma della squadra di rugby, dell'equipaggio di una barca a vela, che la session di jazzisti, che i membri di una squadra di progetto, i dipendenti di una piccola azienda... sono tutti esempi in cui la dimensione puo' essere considerata "limitata". Nella nicchia, vuoi costituita per raggiungere un obiettivo (agire), vuoi per esplorare un nuovo territorio (conoscere), la dimensione e' sufficientemente piccola per perdere la propria individualita' e ma anche per riconoscersi come fattore cruciale dell'insieme, e vivere questo senza traumi.
Nello spazio angusto di un angolo del territorio, alcuni ego sentono di soffocare anche all'interno di piccoli gruppi, ed esplodono mandando in frantumi anche piccole squadre dal grande potenziale. Ma in rete la eco e' enorme, globale, la sensazione che ogni sussurro e ogni piccolo gesto, anche se impercettibile guardanto il singolo e tanto piu' guardando il gruppo, puo' essere in realta' colto da una platea di milioni di spettatori, e questo appaga ogni ego ipertrofico.
La massa critica di una community diventa allora la sua forza e anche l'inizio del suo declino, a meno che non sappia rinnovare anche nel seguito quel sentimento di eccezionalita' che i membri provano iscrivendosi nei primi tempi. A mio parere FB sta vacillando su questo filo di lana, in Italia: se non si animeranno iniziative nuove e soprattutto nuove modalita' esperienziali di fare network, il suo sbocco naturale sara' quello di essere superato dal nuovo medium del secolo, e quindi relegato ad una finalita' specifica e non piu' trendy. Cosi' com'e' stato per tutti i media che l'hanno preceduto, del resto.
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L'utilizzo di ogni strumento per quello che meglio puo' dare e' esattamente uno dei punti sottostanti il mio intervento precedente. Oggi FB abbaglia perche' e' lo strumento del momento (al radiogiornale lo citano, in televisione ne parlano, sui giornali lo spettegolano...). E come tutti i "media" che sono "new", in questo momento sono anche il "messaggio" essi stessi, capaci di sostituirsi a noi stessi nell'essere messaggio. Un po' com'e' stato quando internet se lo sono prese le aziende prima, e le persone poi, ed essere su internet e' diventato un imperativo esistenziale prima per le aziende e poi per le persone. Domani? difficile dire, perche' a differenza di internet nel suo complesso, FB ha un proprietario, e ha mostrato in alcune scelte strategiche l'orentamento verso un modello di business non sicuramente sostenibile.
Ma nel futuro prossimo, possiamo certamente pensare di usare FB per quello che ci da meglio di qualunque altro strumento, e affidarci ad altri per il resto. Questa conversazione non avrebbe potuto infatti svilupparsi meglio su un blog o su un ning? non avremmo potuto tenere FB solo come "segnalatore" di questo interessante contenuto da raggiungere con un semplice link? Non avremmo perso nulla, e anzi ne avremmo guadagnato in fluidita' di conversazione e in maggiori possibilita' di networking.
Ma non e' solo questo. Io credo che il modello esperienzale sia il punto. FB infondo non ha permesso un grosso passo avanti nella qualita', ed e' significativo solo per i numeri. SL invece ha segnato una svolta, ma sta anche quello segnando un rallentamento nella sua curva di sviluppo. A mio parere il passo successivo non e' nella direzione di una maggiore virtualizzazione (3D, ...) ma di una nuova ricomposizione della vita reale e virtuale. E in questo senso, l'auspicato recupero di equilibrio tra umanesimo e tecnologia non puo' che guadagnare velocita'. "
Internet e territorio" e' il tema che sto approfondendo innanzi tutto per passione: un ambiente nuovo, diverso dalla somma delle due parti, con propri metodi e tecniche. Io credo che l'esperienza in uno spazio che non fa salti tra il reale e il virtuale e' la vera innovazione del XXI secolo.