Ho risposto alla domanda posta da Mario Gastaldi, nel suo gruppo su LinkedIN "Sviluppo delle Organizzazioni". Si chiedeva in sostanza se la tecnologia può cambiare la cultura ... oppure è necessario che nasca una cultura di collaborazione che utilizza tecnologie a supporto?
Prima dell' Enterprise 2.0 si parlava di "gestione della conoscenza" e di "supporto alla collaborazione e al lavoro di gruppo" - naturalmente usando appositi termini americani. In tutti questi casi la tecnologia e' sempre stata un fattore abilitante "in positivo", mentre la "componente people" e' sempre stata un fattore cruciale "in negativo" - qui positivo e negativo non rappresentano un giudizio di valore, ma si intendono riferiti al cambiamento. Con l'Enterprise 2.0, e' ancora come prima.
Proviamo con una metafora: se la tecnologia fosse un automobile, potrebbe permettere viaggi altrimenti non possibili, ma la persona che non ha intenzione di uscire di casa e' comunque l'ostacolo insormontabile. Dunque anche in questo caso, se le persone lo vogliono fare, la tecnologia e' importantissima, ma se le persone non lo vogliono, la tecnologia non conta.
A causa di questa dissimmetria, e considerando che i contesti non sono quasi mai bianchi (tutti favorevoli e ben disposti verso la tecnologia) o neri (tutti reticenti e resistenti all'introduzione di nuove tecnologie), la strada non puo' che essere scivolosa e piena di curve. Consiste in un percorso di avvicinamento in cui si oscilla tra interventi sulle persone, volti a radicare un atteggiamento favorevole al cambiamento (alla condivisione, alla collaborazione, ...), e sul piano della tecnologia, volti a dimostrare che alcuni strumenti possono amplificare i benefici dei modelli comportamentali adottati anche in parte.
Chiudo ricordando che un tempo, nelle organizzazioni impostate gerarchicamente, quando si doveva introdurre un cambiamento, si considerava in alternativa un approccio "di rottura". Si preferiva cioe', fronteggiare un cambiamento repentino e una reazione fortemente ostile. Naturalmente si contava sul fatto che non c'era liberta' di scelta da parte delle persone, che quindi "subivano" il cambiamento volenti o nolenti.
Nell'ambito delle professioni basate sulla conoscenza, e quindi nell'ambito dell'Enterprise 2.0, questo approccio non puo' proprio funzionare. E' necessario ottenere dalle persone un'adesione intima al cambiamento, una partecipazione convinta, senza le quali nessuna conoscenza sara' messa a fattor comune, nessun potenziale collettivo sara' liberato, anche se fanno finta di usare la tecnologia.
domenica 3 maggio 2009
Freno e acceleratore nell'Enterprise 2.0
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3 commenti :
L'esempio dell'automobile, figurati, lo uso spesso. Robe di tecnologia, dove più che il carburatore le scuole guida dovrebbero insegnare a comportarsi bene in quell'ambiente sociale che è la strada.
Ma ti racconto un'altra cosa, una frase che ho detto un'anno fa a un assessore di una cittadina prosciuttosa. La premessa è la solita, una consulenza per adottare ambienti tecnologici, dove io (che vengo visto come "tecnico", e chiedermi perché è metà del mio lavoro) caldeggiavo soluzioni social mentre il tipo, ovviamente a digiuno di cultura digitale, sproloquiava di database e privacy mal compresa.
Beh, gli ho detto: "Se sai dove andare, la tecnologia non è un problema; se non sai dove andare, la tecnologia non è un problema".
Sì, ho scritto giusto. In entrambi i casi la tecnologia non è un problema.
Per come la vedoio, se sai dove andare - e ci vuoi andare - la tecnologia e' un problema, risolvibile, ma non banale.
Si possono fare danni (e compromettere risultati) anche usando male la mail, per esempio.
Io credo che il freno dell'Impresa possa chiamarsi logica proprietaria .. o logica 0.0.
L'occasione per imparare ad accelerare, lasciando alle spalle quel tipo di logica, aprendo qualche spiraglio iniziale alla logica dei sistemi aperti, l'hanno persa le imprese informatiche europee, ora estinte, che avrebbero potuto fare da battistrada. Dicono che le cose ripetute giovano, quindi non mi scuso ;-)
Adesso tutte le realtà sociali che vorremmo cominciare ad etichettare 2.0, pagano le conseguenze di quei fallimenti imprenditoriali.
La cultura della collaborazione non si acquisisce con la tecnologia; quel tipo di cultura inizia a formarsi e ad evolvere quando si decide di condividere la ricerca della soluzione di un problema, insieme alla scelta, all'integrazione progressiva e alla gestione, delle tecnologie adeguate al buon andamento della ricerca.
Una metafora, per essere utile in questo tipo di situazione, dovrebbe mostrare sia una relazione tra un individuo e la tecnologia, sia una relazione tra un'ambiente di appartenenza dell'individuo e una meta collettiva verso cui muoversi.
Ho pensato al clown sul monociclo .. quello che gli manca non sono solo un'altra ruota e il manubrio, come nella bici reale .. quello che gli manca dovrebbe forse essere descritto come i pezzi mancanti, da aggiungere caso per caso, di una bici virtuale.
Non so come e se (valga la pena) continuare. Forse ci proverò ...
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