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venerdì 2 ottobre 2015

Il coworking come strumento di creazione e sviluppo di ecosistemi

First coworking in San FranciscoLa storia dei coworking inizia nel 2005, a San Francisco, per iniziativa di Brad Neuberg, spinto sostanzialmente dalla voglia di libertà e indipendenza del lavoro da freelance, e contemporaneamente dal desiderio di quel supporto e senso di appartenenza che si hanno nel caso di lavoro in team. Questo tipo di soluzioni si è poi evoluto, assumendo svariati format, e rispondendo a molteplici esigenze non sempre coerenti. Quello che sicuramente un coworking non dovrebbe essere (e invece questa è la realtà in moltissimi casi), è un immobile adibito ad uffici in affitto.

La componente "social" del coworking, infatti, lo caratterizza in modo distintivo, e ne rappresenta un fattore critico di successo primario. La parola "social" riferisce qui al ripensamento delle modalità lavorative in atto da anni, sotto la spinta della diffusione di internet e dei social network in particolare, e più recentemente sulle implicazioni culturali, comportamentali e professionali, che queste tecnologie hanno indotto, su lavoratori freelance, impiegati in trasferta, e ora su intere organizzazioni. Il tema dunque, è quello delle "persone al centro" del lavoro, di promuovere l'espressione del loro potenziale, di facilitare le relazioni e sostenere il valore che si genera attraverso queste. Un simpatico video esplicativo qui.

11 Incredible Coworking StatisticsIl fenomeno sta raggiungendo un grande successo su scala mondiale: ormai anche in Italia se ne contano circa 300 (fonte MyCowo, dati dell'anno scorso), contro i 1200 in europa, e i 2500 nel mondo (fonte Coworking Europe). Sono quindi numerose anche le ricerche che tentano di catturarne le caratteristiche peculiari. Da queste risulta che le persone che frequentano i coworking, stanno proprio meglio, ricavano maggiore soddisfazione dal proprio lavoro, lo svolgono quindi con maggiore produttività, e ne ricavano perfino un maggiore profitto.

11 Incredible Coworking StatisticsQuesto si spiega in diversi modi. Con la maggiore enfasi sulla propria identità professionale, in un contesto che fornisce molte occasioni di confronto e sinergia, nella diversità, senza il clima di competizione e di esclusione, che si respira negli uffici aziendali, anche se openspace. Inoltre in questi contesti la "disponibilità alla condivisione" è ovviamente un principio fondamentale, che si traduce in maggiori possibilità di essere aiutati e sostenuti nelle difficoltà di ogni genere: dall'accesso a risorse comuni allo ricerca di soci e lo sviluppo di partnership, dal punto di appoggio in trasferta allo scambio di utili informazioni e buoni consigli. Altra possibile spiegazione è la massima libertà con cui il professionista può disporre della propria postazione di lavoro: non ci sono orari, non ci sono controlli. Perché non lavorare da casa, allora? Come già accennato, sono disponibili in questo caso facilities tipiche di un ufficio organizzato, e la possibilità di confronto con gli altri, che funge da stimolo all'impegno e alla concentrazione. E in ultimo, ma non per importanza, c'è il senso di community (ci dovrebbe essere), che si crea tra i membri di un cowo: li fidelizza e li motiva. Soprattutto se la gestione del cowo prevede opportune iniziative che rafforzano i valori in cui si riconosce la community, e moltiplicano le occasioni di incontro, facilitando l'inserimento dei nuovi iscritti, e favorendo la creazione di sinergie. Senza sconfinare d'altra parte, nelle forzature da villaggio turistico organizzato.

Coworking ManifestoSe l'organizzazione del coworking si ispira ai principi del "Coworking Manifesto", un documento pubblico sottoscritto da più di 1,800 referenti di iniziative di questo genere nel mondo, allora la "social mission" è ancora più chiara e precisa: favorire lo sviluppo di una community; promuovere la collaborazione; creare occasioni di apprendimento; predisporre un ambiente fertile per l'innovazione; puntare alla sostenibilità del cowo e dei suoi membri. Il riferimento per gli aderenti a questa filosofia è la Global Coworking UnConference: si tratta di un evento itinerante, e le prossime tappe sono Shanghai, Brasile e poi USA. Esiste anche un'analoga iniziativa tutta europea, la Coworking Europe Conference, che si svolge annualmente dal 2011, quest'anno si terrà a Milano, all'ex-Ansaldo, l'11-13 Novembre prossimi, e prevede la partecipazione di 400 tra imprenditori, professionisti, manager del settore pubblico, e operatori del terzo settore.

I 4 tatti essenziali dell'intrapreneurInfatti la capacità di questo format, di favorire benessere tra i professionisti, la loro interazione e collaborazione, e in ultimo la creatività e l'innovazione, ha reso il coworking uno strumento interessante anche all'interno delle imprese, della pubblica amministrazione e delle associazioni e iniziative no profit. Nelle aziende, la sua funzione principale consiste nel favorire una salutare destrutturazione del rapporto tra l'azienda e i dipendenti, e tra i dipendenti stessi. Per poi rendere eventualmente possibile una ristrutturazione libera e dal basso. Viene cioè inserito nei programmi che hanno come obiettivo una migrazione verso un'organizzazione aziendale più liquida ("social"), quindi connessa, flessibile e adattativa, e profondamente incline all'innovazione. Programmi che puntano a far emergere doti di "intrapreneur" nei propri dipendenti, essendo questo uno degli skill più richiesti al giorno d'oggi. Nel caso della P.A., la sua funzione è quella di favorire l'avvicinamento tra istituzioni e cittadini, e quindi la possibilità di ascoltare e comprendere meglio le loro istanze. Nelle imprese sociali, il principale vantaggio consiste nel coinvolgimento degli attori dell'ecosistema di riferimento, e nel sostegno ad iniziative trasversali.

Value Proposition DesignIn sintesi il coworking può essere una soluzione utile da considerare per il mobility management; nello sviluppo di nuova impresa; come tassello nella gestione dell'innovazione; come laboratorio per lo sviluppo di tecnologie digitali; come strumento di aiuto nella gestione di risorse umane; come componente di iniziative per la riqualificazione territoriale, sia in aree urbane che rurali; etc. D'altra parte, se le ragioni per avviare un coworking sono così numerose e ad alto potenziale, lo startup di una simile iniziativa non deve essere sottovalutato. A renderlo complesso sono proprio le componenti "people" e "purpose": ovvero l'identificazione e la trasmissione dei valori di riferimento, e le molteplici possibilità di trasferire valore ai partecipanti, per poi raggiungere anche un adeguato equilibrio economico. E' qundi raccomandato un approccio secondo il metodo "lean startup", da integrare in questo caso con il "value proposition design", una tecnica spiegata da Alex Osterwalder, nel suo ultimo libro omonimo (2014), e che completa il "lean startup" con elementi propri del "design thinking", la metodologia di riferimento per il service design. I fattori di successo sono legati al livello di adesione dei partecipanti al sistema di valori, siano essi di indirizzo che pratici; alla capacità di relazione con i partecipanti e gli stakeholder coinvolti; quindi alla comunicazione, e ad aspetti gestionali e di sviluppo di partnership. In definitiva critico è assicurare al coworking la funzione di catalizzatore per l'ecosistema in cui è inserito, attraverso una buona progettazione di un business model sostenibile, e la corretta orchestrazione di tutte le sue componenti.

[Pubblicato anche sul mio Linkedin Blog, e su Medium.com, il 5/10/15]

venerdì 2 settembre 2011

Next society: l'innovazione sociale al di la' dello stato e del mercato

La crisi e' sotto gli occhi di tutti (quelli che hanno occhi sfoderati), da tempo. Incominciamo ora a vedere che non sara' piu' garantito il nostro "welfare", cosi' prezioso eppure quotidianamente disponibile e dunque scarsamente apprezzato. Prima erano in pochi ad accorgersene, ma gli ultimi eventi di quest'estate, e la conseguente manovra, non lasciano ormai dubbi. E' tempo di mettere le mani nelle tasche degli italiani, e di toccare il welfare dorato in cui abbiamo vissuto finora.

Esplode cosi' la questione di sempre, la madre di tutte le questioni, cioe' se i servizi essenziali a cui viene associata la "qualita' della vita", le risposte ai bisogni alla base della piramide di Maslow, debbano essere garantiti dallo stato e dunque a spese della collettivita' secondo un equo (?) sistema tributario, o se e' lecito (e prudente) affidarne pezzi importanti alla libera impresa, che si suppone essere piu' efficiente (?) e pero' interessata solo alla remunerazione del capitale investito.

Nei paesi anglosassoni la questione e' affrontata con maggiore pragmatismo (con discutibile successo, ma almeno si puo' discutere di azioni e non di teorie), e sotto il governo Cameron e' stato lanciato (2010) un programma chiamato Big Society, che prevede una Big Society Bank e un "servizio civile nazionale", che si articola su 5 priorita':
  1. Dare piu' potere alle comunita' locali (localismo e devolution)
  2. Incoraggiare ogni forma di  volontariato
  3. Decentralizzare poteri decisionali dal governo centrale a quelli locali
  4. Sostenere iniziative private ancorche' regolamentate opportunamente, quali cooperative, mutuals, charities e social enterprises
  5. Assicurare la massima trasparenza pubblicando tutti i dati sulle attivita' di governo (open/transparent government)
L'applicazione di questo programma e' controversa, soprattutto per la fretta nello smantellare lo stato sociale, tanto che e' stato accusato da Steve Bell di rispondere ad un bisogno di avidita', sfruttando la debolezza dei ceti meno forti. In realta' alcuni punti sono presi pari pari dal precedente lavoro intrapreso dal governo Blair, con il contributo della storica Young Foundation, che si occupa di ricerca sui nuovi trend della societa' ed economia, incubazione di nuove imprese, di specifici progetti locali e sostiene la comunita' internazionale SIX (Social Innovation Exchange).

Social innovation consiste infatti nel progettare, sviluppare e promuovere nuove idee che funzionano e rispondono a bisogni sociali urgenti e non sufficientemente indirizzati. Esiste gia' una lunga storia di innovatori sociali e di iniziative che meritano questa "nuova" etichetta (dagli asili di comunita' all'assistenza agli anziani, dalle cooperative al microcredito), sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, che spesso viene chiamato Terzo Settore proprio perche'si colloca tra lo Stato e il Mercato. Eppure in questa fase storica la Social Innovation non rappresenta solo un'alternativa, ma la base per un cambiamento paradigmatico della societa' e dell'economia, che tanti, troppi segnali mostrano quanto sia urgente. Obama ha istituito un nuovo Ufficio per l'Innovazione Sociale nel 2009, el'Unione Europea ha adottato gia' un anno fa la strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (EUROPA 2020).

Il piano europeo si prefigge cinque traguardi principali, tradotti in specifiche iniziative faro, che sono:
-       il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
-       il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in ricerca e sviluppo (R&S);
-       i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti;
-       il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve avere una laurea o un diploma; .
-       20 milioni di persone in meno devono essere a rischio povertà.

Forse vale la pena ricordare a questo punto, tramite le parole di Giacomo Vaciago, che
"La forza di un Paese sta nella società civile; non è né un buon governo, né un buon mercato. La forza del Paese è la società civile, che poi si dota di un buon Stato e di un buon mercato al fine di risolvere quei problemi che da sola non può superare. Gli Stati cessano per il fallimento delle società civili, non per un malgoverno o un cattivo mercato."


mercoledì 5 gennaio 2011

Verso una piramide piu' alta di quella di Maslow

Prevedere cosa succedera' nel 2011 e' un po' come fare l'oroscopo: o perche' si scrivono scontate banalita', o perche' si azzarda uno scenario che sara' presto verificato, la propria reputazione potrebbe rapidamente portarsi ai livelli del mago Otelma.

Il mio pensiero quindi non si limita al 2011, e non formula tanto una previsione quanto un auspicio. E dal momento che viviamo in un mondo fortemente interconnesso, non mi concentrero' solo sul settore delle tecnologie digitali: in contraddizione con coloro che credono che l'innovazione sia dettata dalla tecnologia, cerchero' di riconoscere trend economici e sociali piu' generali, e di utilizzare l'emergenza di nuove tecnologie come verifica di quei trend. Faro' quindi riferimento ad una nuova tipologia di "bisogni ecosistemici", che Maslow aveva semplicemente escluso terminando la sua piramide al quinto livello, perche' a quel tempo non c'era sufficiente diffusione di ricchezza, la maggioranza non aveva ancora potuto scalare i primi gradini della piramide, e gli equilibri mondiali erano decisi esclusivamente nelle stanze dei bottoni. Solo oggi questi nuovi bisogni stanno emergendo, e possono e dovranno essere posti a motore dell'economia prossima futura.

Con riferimento alle tecnologie, questi bisogni emergenti hanno determinato il successo delle tecnologie "social" in questi anni, e nell'immediato futuro saranno la spinta per una sempre maggiore diffusione delle tecnologie per l'interconnessione di ecosistemi territoriali, ad incominciare dall'"internet delle cose". Il trend dovrebbe essere: "real life vs internet" > "life streaming on internet" > "living in augmented reality" > new eco living using internet as one of the supporting technologies.

Mi spiego meglio. Che ci sia un radicale cambio di civilta' in atto, qui in occidente, e' indubbio, tant'e' che ancora usiamo l'espressione "post industriale", perche' evidentemente sappiamo solo esprimerci su cosa non c'e' piu'. L'equilibrio precedente dipendeva dalla compresenza nello stesso territorio di un livello minimo di capitale, impianti produttivi e consumatori: quando la produzione ha iniziato ad essere pesantemente delocalizzata, e la crescita delle multinazionali ha trasferito il centro di comando in un iperuranio sovranazionale, sappiamo bene che il meccanismo si e' rotto. Concentrazione, consumo, e individuo sono schemi mentali in declino.

L'avvento dell'"economia della conoscenza", o di altri asset immateriali (dalla capacita' di innovazione alla capacita' di relazione con il crowd), non ha portato ad una nuova fase economica, come il termine suggeriva equivocamente, perche' non puo' esserci una nuova economia di mercato centrata sulla conoscenza, pur essendo la conoscenza fattore chiave in qualunque economia emergente. Siamo infatti convinti che lo sviluppo e l'utilizzo di conoscenza, che l'intelligenza collettiva, che la forza della rete non possano esprimere il proprio potenziale al massimo se non a condizione di essere preservati dalle implicazioni economiche e dalle logiche di business.

Dunque quale modello economico e sociale possiamo augurarci di vedere emergere (qui in occidente, in europa, in italia), a partire dal 2011, almeno a parziale integrazione del precedente, i cui prodromi sono gia' in qualche modo riconoscibili? Un sistema economico profondamente diverso, dove sono indirizzati bisogni della collettivita' prima che individuali (fabbisogno di energie pulite, salvaguardia dell'ambiente, servizi sociali in tutti i campi dalla sanita' alla sicurezza, momenti di socializzazione...). Bisogni che Maslow non aveva previsto, troncando la propria piramide al quinto livello, ancora basato sul "self".

Bisogni che essendo quindi "tipicamente territoriali" non possono che essere realizzati (completati) ed erogati "in loco", garantendo un maggiore equilibrio economico a livello locale. Infatti l'adattamento al contesto locale renderebbe inevitabile l'impiego di competenze e componenti autoctone, sarebbero necessari produttori di componenti e adattaori, e installatori e manutentori, esperti di usi e culture territoriali, tutti rigorosamente "locali". A questi bisogni, infatti, corrisponderebbero nuovi "servizi ecosistemici", e non solo quelli relativi agli ecosistemi ambientali anche se probabilmente analizzabili con analogo approccio. Questi servizi sarebbero resi disponibili da un comparto economico comprendente un indotto di proporzioni potenzialmente gigantesche, e darebbero vita veramente ad una nuova economia, un'"economia di ecosistema".

Naturalmente le tecnologie utilizzate e le metodologie consolidate possono (e devono) essere sviluppate grazie all'intelligenza collettiva globale e all'eccellenza di paesi tecnologicamente avanzati, i quali potrebbero adottare una logica produttiva industriale per l'hardware, e di tipo "opensource" per il software (per esempio l'energia da correnti marine dai paesi baltici, il fotovoltaico di nuova generazione americano, la bioingegneria italiana, i nanomateriali tedeschi, l'elettronica di consumo asiatica, e far girare tutto sul cloud e con l'opensource prodotto in rete...), garantendo contemporaneamente un basso livello dei prezzi dei componenti di primo livello, e possibilita' di investimento in ricerca per le infrastrutture.

E per quanto riguarda gli scenari digitali? la tecnologia utilizzata sara' profondamente cablata nel territorio, e contemporaneamente connessa in rete. Sappiamo che le tecnologie digitali hanno abilitato da tempo lo sviluppo della dimensione del "noi", della relazione, della condivisione, e che dal virtuale si stanno spostando nel reale e locale. Se questa e' la direzione, allora esploderanno presto tutte le tecnologie che vanno oggi sotto il nome di "internet delle cose", e che stanno gia' rendendo possibili radicali trasformazioni di settori quali la domotica, il monitoraggio di cose e persone per motivi di sicurezza o di tracciabilita', il settore della mobilita', i servizi sociali in house, il telelavoro, la produzione locale di energie pulite, l'intelligence basata sulla consultazione del crowd...

Quanto di tutto questo potrebbe accadere nel 2011? Poco, anzi pochissimo. Ma se a fine anno andremo a fare shopping solo dopo un giro su "Street View" e nella vetrina degli e-shop, e troveremo online le informazioni dei cittadini che si sono gia' orientati nei recessi della burocrazia della PA e le hanno condivise, e ci regoleremo nei nostri spostamenti con i servizi di geolocalizzazione e car-pooling risparmiando cosi' qualche decina di euro a settimana, e le nostre aziende realizzeranno prodotti e servizi che terngono conto delle banche di open data nel frattempo liberati... avremo fatto tutti noi un piccolo passo avanti nella direzione di un grande balzo per l'umanita'. E non stiamo parlando della luna, ma della nostra terra.

[pubblicato in Scenari Digitali 2011]

domenica 10 ottobre 2010

Se vuoi farti una vita, devi venire in citta’

L'idea di citta' e' l'idea stessa del vivere insieme e meglio: vantaggioso in termini pratici, ma non per questo meno piacevole. Invece assistiamo da tempo ad un progressivo svuotamento del significato di citta': vengono frequentate forzatamente, per vantaggi che non compensano sempre gli svantaggi, e dimostrano l'esaltazione del conflitto, e non della sinergia tra individualita' e socialita'. Gaber invitava ironicamente a "venire in citta'", in una canzone del 1969.

mercoledì 29 settembre 2010

Nuove opportunita' per le PMI in rete

Sono disponibili online gli atti del Convegno di Perugia (cliccando sui nomi dei relatori):

IL CONTRATTO DI RETE D’IMPRESA:
NUOVE OPPORTUNITÀ PER LE PICCOLE e MEDIE IMPRESE
PERUGIA, 21 SETTEMBRE 2010

cliccando sui nomi dei relatori, è possibile scaricare le relazioni disponibili

introduzione di Enrico Strino - coordinatore Certiquality Umbria

Dai Distretti verso le reti d’impresa: indirizzi di politica industriale
Dott. Fulvio D’Alvia, Politiche Industriali, Economia della Conoscenza, Europa e Internazionalizzazione
CONFINDUSTRIA

La politica per le imprese della Regione Umbria
Dr.ssa Sabrina Paolini, Dirigente Servizio servizi innovativi alle imprese e diffusione dell’innovazione, REGIONE UMBRIA

I finanziamenti e le agevolazioni per l’aggregazione delle imprese in Umbria
Dott. Mauro Marini, SVILUPPUMBRIA

La Linea Guida Certiquality per l’applicazione della norma UNI EN ISO 9001:2008 per le reti d’impresa
Ing. Armando Romaniello, Direttore Marketing CERTIQUALITY

Gli aspetti di processo nel contratto di rete
Dott. Massimiliano Bellavista, Partner KEIRION CONSULTING

Attività di ricerca e sviluppo sulle reti di impresa
Ing. Lorenzo Tiacci, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA
Dott.ssa Vanessa Rossi, NET VALUE – Spin off universitario sulle reti di imprese


via Reti impresa


martedì 25 agosto 2009

Business Day per la Ricerca nel Nordest, il 2/10 in AREA, Trieste

Ricevo dall'amico Vittorio Baroni, e pubblico volentieri per dare massima evidenza:


BUSINESS DAY è una giornata di incontri one to one a Trieste con le istituzioni e le imprese più innovative di AREA Science Park , con la possibilità di scegliere le realtà di maggior interesse per le attività imprenditoriali e di proporsi per un incontro di business.

Da questa iniziativa di AREA Science Park emerge la dinamicità di un Nordest che vuole mettere a frutto il proprio patrimonio di Ricerca, ma anche che vuole apririsi al territorio in ottica d’impresa 2.0. La scienza, per incidere sulla vita di tutti i giorni, deve diventare tecnologia ed arrivare a proporre innovazioni di prodotto e di processo, di metodi e servizi. Perchè ciò accada, con meno tempo e meno risorse economiche a disposizione a livello globale, è necessario anticipare l’incontro tra ricerca e impresa.

In un precedente articolo avevamo approfondito la situazione a Venezia, ormai traguardata come Laboratorio digitale d’Italia con l’affermarsi dei metadistretti del Veneto. Al VEGA Parco Scientifico Tecnologico di Venezia abbiamo visto che sono connesse 4.500 aziende per oltre 100.000 addetti e che il VEGA sembra ormai proiettato verso la dimensione della cittadella della Conoscenza, Scienza e Tecnologia.

Studio Vittorio Baroni 2 ottobre Trieste Area Science Park facebook business day
Ma la novità di questa iniziativa triestina sta anche nell'uso dei social network. Infatti la partecipazione avviene anche su facebook con il gruppo: “Business fresco di giornata”: come trasformare la Scienza in Innovazione. Neanche il tempo di uscire in libreria ed ecco un esempio di come poter ”Fare Business con Facebook”, il nuovo libro dell’amico Luca Conti che ci spiega quali vantaggi possono ottenere le aziende dal crearsi un profilo pubblico su facebook.

Il Gruppo su Facebook punta a individuare, raccogliere e condividere percorsi virtuosi, esperienze di successo, idee e spunti in merito. Partendo dall’esperienza del Business Day di AREA Science Park: per la prima volta un Parco Scientifico e Tecnologico si apre in modo strutturato ad incontri one to one con gli operatori del sistema italiano dell’innovazone.

Possono partecipare non fornitori, ma "Partner di innovazione":
  • imprenditori orientati all'innovazione;
  • ricercatori o manager della ricerca;
  • business angel e ventur capitalist;
  • operatori di parchi, distretti e altre realtà del sistema dell'innovazione.

La partecipazione è gratuita e consente di:
  • scoprire nuovi prodotti e tecnologie di grande impatto sul mercato;
  • scambiarsi conoscenze e competenze in settori di punta;
  • intraprendere nuove relazioni commerciali;
  • stringere accordi di ricerca, sviluppo e collaborazione tecnica;
  • trovare nuovi rapporti e accordi produttivi;
  • stringere accordi di licenza e migliorare la gestione strategica del portafoglio brevetti;
  • trovare partner di progetti finanziabili da opportunità come il 7° Programma Quadro.

AREA Science Park è operatore di riferimento nazionale nel trasferimento tecnologico e prestigioso Parco Scientifico e Tecnologico multisettoriale. Sono 87 le realtà attive nei 2 campus, fra cui 66 imprese ad alto tasso di innovazione e 21 centri di ricerca. 2.200 addetti operanti nel Parco e oltre 140 milioni di euro di fatturato annuo complessivo. In AREA Science Park si svolgono attività di ricerca, sviluppo e innovazione tese al raggiungimento di risultati d’eccellenza: Energia e ambiente, Scienze della vita, Informatica e ICT, Fisica, Materiali, Nanotecnologie. E’ un luogo dove la formazione di alta qualità, la ricerca ed il fare impresa si incontrano e si convertono in una fondamentale risorsa per la crescita economica ed occupazionale del territorio.

domenica 9 agosto 2009

VeneziaCamp2009: festa della cittadinanza digitale

Dicevo qui che il Progetto Cittadinanza Digitale, fortemente voluto dal vicesindaco di Venezia, Vianello, inaugurato col BateoCamp il 3 luglio, e' ora prossimo ad un altro grande evento, il VeneziaCamp2009, il 23, 24 e 25 ottobre 2009, all'Isola del Lazzaretto Vecchio.

Anche questo secondo evento si preannuncia come una grande festa popolare, questa volta pero', sia per la durata sia per la natura stessa del progetto, e' previsto che si entri nel merito del tema, la Cittadinanza Digitale. E' disponibile un wiki per il minimo coordinamento dell'iniziativa - scelta non casuale - predisposto da Gigi Cogo, formidabile animatore di questi eventi (ricordo il TwitterCamp dell'aprile 2008), ma soprattutto fertilissimo referente della Regione Veneto nell'innovazione basata su internet e il web2.0.

Sul wiki si sta gia' delineando una bozza del programma della tre-giorni, che comprende iniziative libere, e "dal basso", e che si preannunciano interessantissime, quali:

- la presentazione del Manifesto Amministrare 2.0. Si tratta di un'iniziativa a livello nazionale che e' stata promossa proprio a Venezia, gia' nel 2008, con l'obiettivo di portare il potenziale del web2.0 nell'ambito della PA, e che ha dato vita questa'anno al Tavolo Permanente. Si tratta dunque degli stessi principi ispiratori che hanno dato vita al progetto Cittadinanza Digitale, e che con quello costituiscono le due facce della stessa medaglia

- il seminario su "La sottrazione dell'autore", promosso dalla Scuola di Dottorato in Scienze della Formazione, della Cognizione e del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che approfondira' le nuove narrazioni in rete, dalla faceless revolution di Wu Ming, all’oltre-Facebook di Aldo Nove, dalle sperimentazioni di Giuseppe Genna all’ OUT-Facebook di Ibridamenti e alla community di Scrittura Industria Collettiva.

- incontri tra sviluppatori di applicazioni per facebook e iphone

- la consegna del Premio SocialApp Italia 2009, promosso da TOP-IX e Mikamai, con il supporto del Social Application Program di Sun Microsystems, e dedicato a team, singoli sviluppatori, agenzie, che abbiano sviluppato o che abbiano intenzione di sviluppare applicazioni per Facebook, Opensocial e Bebo. La novità per questa edizione del premio e che possono partecipare al contest sia le applicazioni italiane che quelle estere.

- una discussione sulla necessita' e i contenuti di una Carta Etica Digitale, che esprima principi e modalità per un uso consapevole della Rete, coordinata da Massimo Melica, fondatore di Innovatori, un'associazione indipendente e senza scopo di lucro che intende occuparsi dell’innovazione dei sistemi di comunicazione, della gestione e dell’amministrazione e della produzione di beni e servizi.

- un intervento su "La cultura della politica incontra la cultura dell'innovazione", promosso dalla Fondazione Gianni Pellicani, che si propone di favorire la crescita culturale, sociale e politica della collettività, nonché di stimolare l’evoluzione delle tecniche di gestione della cosa pubblica, con particolare attenzione all’amministrazione della città di Mestre Venezia, e dall'Istituto per le Politiche dell'Innovazione, un progetto collaborativo nato sul web tra professionisti informatici economisti, che si propone di studiare le tematiche dell’innovazione da ogni possibile angolo di visuale, fornire occasioni di confronto, dialogo e collaborazione tra aziende, istituzioni e società civile e, quindi, formulare al Governo ed al Parlamento proposte, idee e suggerimenti per la gestione di una politica dell’innovazione. Uno strumento di lavoro dell'Istituto e' il wiki, aperto ai contributi di tutti, sul quale sono ospitati periodicamente documenti contenenti idee di macropolitica dell'innovazione e disegni di legge finalizzati alla soluzione di specifici problemi del sistema innovazione.

In particolare, nella seconda giornata sono previsti "interventi dal basso" (Barcamp) sui temi suggeriti: cultura digitale, cittadinanza digitale, nuovi paradigmi della comunicazione, social media al servizio dei cittadini, ecc.

Patrocinatori istituzionali sono il Comune di Venezia e Venis, (Venezia Informatica e Sistemi S.p.A.), l'azienda di servizi ICT dell’Amministrazione Comunale di Venezia per la realizzazione, lo sviluppo e la conduzione tecnica del Sistema Informativo e della Rete di Telecomunicazioni. Tra i network e le associazioni che hanno dato il proprio supporto all'iniziativa, ci sono gia' Assint, Assodigitale, Innovatori, International Webmasters Association, Istituto per le Politiche dell'Innovazione, Nord Est Creativo, Ecosistema 2.0, Fondazione Gianni Pellicani.

Un grande progetto, destinato a fare scuola, e anche una grande responsabilita', per tutti: come "cittadini digitali" siamo tutti chiamati a trasformarlo in successo.

[Questo articolo e' pubblicato anche qui]

domenica 2 agosto 2009

L'ecosistema e' il nuovo medium. L'ecosistema e' il messaggio

Sara' il caldo di questo inizio agosto, ma ci sono alcuni temi praticamente ineludibili (a cui mi porta un po' la passione, un po' il lavoro, e un po' il contesto nudo e crudo in cui viviamo) che sembrano sempre piu' chiari, e al tempo stesso sempre piu' lontani da una soddisfacente comprensione.

Questo si spiega, secondo me, perche' all'aumentare della comprensione, non corrisponde una effettiva capacita' di controllo, intendendo cosi' almeno una minima possibilita' di predirne l'evoluzione, e trarre quindi il nostro vantaggio. Sembra di essere di fronte ad una crisi di crescita "cognitiva" generale, in cui per il momento ci e' chiaro semplicemente che cio' che sappiamo e' insufficiente.

fatamorganaMi limito quindi a registrare il futuro come appare, col cervello annebbiato dalla calura e lo sguardo tradito dall'aria torrida, semplicemente, con l'approssimazione causata dalla fatamorgana.

L'ecosistema e' il nuovo medium. L'ecosistema e' il messaggio

thorAbbiamo per le mani uno strumento potentissimo, il web2.0, ma e' come se avessimo inventato una (nuova) ruota e stessimo pensando di usarla (anche stavolta) come sgabello. Il mondo cambiera' radicalmente quando metteremo questa (nuova) ruota in piedi, eviteremo di sedere sul suo bordo, e la lasceremo correre come e' piu' logico. E forse sara' allora che usciremo da questa crisi globale.

Navigando in internet e partecipando a diversi flussi di conversazioni, ma anche confrontandomi dal vivo con amici appassionati e perfino professionalmente impegnati in attivita' fortemente influenzate da internet (me compreso, ovviamente), vedo emergere principalmente un approccio alla Rete dettato dal marketing. Mi riferiro' innazitutto a questo approccio, anche se ovviamente non e' l'unico e io credo nemmeno il piu' rilevante, solo come inizio: trovo che da questo punto di vista, si vede meglio lo scarto cognitivo sul web 2.0, che ancora abbiamo davanti.

reclam vecchio stileIl marketing, inteso in modo tradizionale, ha sempre considerato la comunicazione uno strumento ben preciso da usare per il proprio obiettivo: far conoscere il proprio prodotto al mercato, nel modo piu' opportuno, e raccogliere le richieste dal mercato, per adattare il proprio prodotto, allo scopo ultimo di favorirne la vendita. Eppure oggi questo strumento non sembra piu' funzionare, e non sembra solo questione di "canale" o di "strumento". Il medium e' ancora il messaggio (Marshal McLuhan, 1964) ? eppure il messaggio non passa piu'. I media siamo noi (Dan Gillmor, 2004); il contenuto coincide col contenitore; il messaggio non e' piu' altro dal messaggero.

Le domande che sento ricorrere piu' spesso sono: "quanti visitatori (che poi sarebbero potenziali clienti) ?", "come catturare l'attenzione ?", "come far passare il messaggio (promozionale) ?", "come si deve porre l'azienda (che e' li per vendere) ?". Anche chi non fa riferimento direttamente ad un potenziale rapporto azienda-cliente, e si muove su un livello tutto personale e "sociale", spesso si pone domande tipo "come aumentare la mia visibilita' ?", "come acquisire piu' follower ?", "come posso affermare la mia reputazione ?". L'esperienza comune ci insegna quanto siano effimere queste ambizioni: in realta' ci insegna che sono proprio inopportune.

rubinetto che gocciolaNon sto dicendo che e' sbagliato contabilizzare le comunicazioni in internet, rincorrere le diverse nicchie sfruttando la molteplicita' di nuovi canali alternativi e complementari, usarli come "un fascio" di tubi, in cui spingere un messaggio sostanzialmente identico, con le dovute correzioni formali. Non abbiamo gia' superato del tutto il modello tradizionale, e per molti prodotti e per molti destinatari, questa modalita' ancora funziona. Pero' il messaggio cosi' inserito a forza nei tubi, si incastra sempre piu' spesso, e non arriva al destinatario come si vorrebbe. Se vengono versati litri di acqua, dall'altra parte arrivano gocce, e non e' una giustificazione il fatto che acqua e tubo costano poco.

Eppure quello che sembra, nonostante le dichiarazioni di entusiasmo di molti, e' che la maggioranza si ferma proprio qui: accetta l'inefficenza, spreca energie, ma, in mancanza di idee migliori, insiste in questo modo. Molti "markettari", a parte quello che dichiarano, a volte con buone intenzioni e a volte con spirito da imbonitore, guardano al web2.0 nello stesso modo in cui hanno sempre guardato ai precedenti mezzi di comunicazione: uno che parla, pochi o molti che ascoltano, relativo controllo sui tempi e sui contenuti della comunicazione, un grosso problema di attenzione. Il contesto in cui sono inseriti li spinge a non abbandonarsi completamente alla rivoluzione in atto: il ROI deve essere ancora calcolato per giustificare gli investimenti, e niente lo puo' sostituire. E non tutta l'audience si e' spostata, perlomeno non consapevolmente, sui nuovi modelli a rete, partecipati dal basso, alla pari.

Ma tutto questo sta diventando rapidamente storia passata. Non solo perche' il controllo e' andato perduto, o perche' la relazione non e' piu' nel rapporto che si aveva prima. E' cambiato proprio il concetto di conversazione, almeno e' cambiato il suo ruolo. Non e' piu' cosi' determinato: sono indefiniti gli attori, i tempi, i contenuti, il messaggio trasferito, gli effetti, e quindi certamente il controllo. Non e' piu' (solo) una conversazione tra singoli, quello che conta e' l'espressione di un ecosistema. Un ecosistema che non fa salti tra internet e territorio. (James Surowiecki, 2005, Don Tapscott, 2006, Charles Leadbeater, 2008, Charlene Li, 2008,
Clay Shirky, 2009
).

Se i mercati sono conversazioni, 10 anni dopo un passo avanti e' necessario, nessuno si sorprenda. Non sono piu' le conversazioni uno-a-molti, ne' le conversazioni uno-a-pochi o uno-a-uno, quelle che contano. Oggi conta una-conversazione-che-corre-attraverso-tutto-il-mercato. Conta che ci sia uno strumento che dimostra di servire a tanti, e che quindi viene effettivamente usato da una comunita' ampia e vivace. L'ecosistema e' il nuovo medium. L'ecosistema e' il messaggio.

Perche' la ruota possa girare, sappiamo che la dobbiamo mettere in piedi, e che non ci possiamo sedere direttamente sopra. Dobbiamo adesso individuare e assimilare analoghi accorgimenti nell'utilizzo dei modelli a rete. Dobbiamo mettere in piedi l'ecosistema, e lasciare che si sviluppi. Per chi si occupa di marketing, capire questo e' gia' un grosso risultato; per chi confida nel potenziale dirompente dei modelli a rete, questo e' solo l'inizio.

Un ottimo esempio e' quello del progetto "Cittadinanza Digitale" del Comune di Venezia, che dopo il BateoCamp a luglio, si sta preparando al secondo grande evento di ottobre, il VeneziaCamp2009. Ne' Vianello, il vicesindaco veneziano che ha fortemente voluto il progetto e lo ha sostenuto da quando e' stato avviato appena due anni fa, ne' il Comune di Venezia, hanno bombardato i canali internet con messaggi rintronanti sulle loro intenzioni e sui vantaggi per Venezia, in tutto questo tempo. Il loro intervento e' stato "abilitare" l'ecosistema, offrire un servizio di tipo infrastrutturale, che lasciasse i fruitori liberi di interpretarlo secondo i propri bisogni e desideri. Da un punto di vista del marketing, il risultato e' stato clamoroso, se oggi non solo tutta l'italia, ma anche all'estero si parla di questo progetto. Non essendo solo il marketing territoriale l'obiettivo di questo progetto, inizia adesso il vero percorso piu' interessante e sfidante, ma non c'e' dubbio che la citta' e' stata rilanciata come protagonista nel terzo millennio.

S'e' fatta sera, la temperatura e' cambiata e la fatamorgana ha cambiato forma e sta svanendo. Ci sentiremo presto con la prossima, ma non credo si parlera' ancora di marketing. Guardare al web2.0 solo come ad uno strumento di comunicazione, e' come guardare la ruota e pensare che il bello sia solo nel farla rotolare.

[Questo articolo e' pubblicato anche qui, e qui]

martedì 19 maggio 2009

Osservatorio Wine: passata la sbornia

Tranquillizzo tutti, l'evento dell'Osservatorio Wine, l'8 maggio a Verona, non si e' chiuso in una sbornia collettiva. Ne parlo solo adesso perche' emergo solo ora da una settimana di fuoco. Pero' l'intenzione e' quella di ripercorrere quella giornata, con la stesso sforzo di ricostruzione che talvolta tocca fare dopo una serata in cui si e' alzato il gomito.

La tavola rotonda dell'Osservatorio Wine, ha visto partecipare circa 80 partecipanti, provenienti dal modo del settore enologico, giornalistico e appassionati, riuniti per fare il punto della situazione sulla comunicazione e sulle opportunita' che Internet offre alle PMI del settore e come queste le stanno sfruttando.

La prima cosa che devo sottolineare e' la combinazione di un alto livello dei contenuti e di un approccio festoso e partecipativo. A garantire il primo sono stati gli interventi "ufficiali" della pirma parte, che hanno permesso di inquadrare l'evento in una prospettiva molto interessante, ma anche quelli "dal basso" della seconda parte, espressi da chi si spende in prima persona sulle idee e sulle esperienze che poi racconta.

In particolare ricordo la seconda parte dell'intervento della prof.ssa Roberta Capitello, in cui si propone l'istituzione di un "marchio di origine controllata" esteso al territorio, e non solo a singoli prodotti enogastronomici. Mi sembra un concetto molto molto ecosistemico! Un argomento su cui ritornare senz'altro.
Anche l'intervento dell'on. Donata Gottardi, ha lasciato intravvedere interessanti prospettive che si stanno delineando nell'ambito dell'Unione Europea, proprio per un mutato orientamento che dovrebbe portare maggiore considerazione su territori frammentati in una miriade di piccole iniziative e tenuti insieme da un sistema valoriale e dalla capacita' di networking (Small Business Act, che si vuole riassumere nello statement "think small first"). Anche perche' a quanto pare, la strategia di Lisbona (2000-2010) sta per arrivare a scadenza senza risultati particolarmente brillanti.

Della seconda parte, non posso non ricordare il brillante coordinamento di Gianluca Arnesano (Frozenfrogs), che ha stimolato la conversazione con domande ficcanti, salvo pero' essere preso in contropiede dalla prima domanda del pubblico: "cos'e' 'sto web2.0" ? Direi che un po' tutti gli interventi del blogger hanno messo in evidenza - involontariamente - il "divide" che si sta allargando tra chi frequenta la rete da anni e chi (e sono milioni) arriva oggi.

Dal momento che i blogger erano tanti (Niki, Lyonora, Alessia, Roberto, Gianluca, Cristiano, poi i due wineblogger Elisabetta Tosi e Giampiero Nadali, poi le tesiste Stefania e Michela, e poi la capitana dell'evento Angela, e io), non li citero' tutti - e non me ne vogliano - e passo subito a ricordare l'intervento piu' rappresentativo della serata: quello di Paolo Ghislandi (Cantina I Carpini), che dalla platea, ha portato la testimonianza piu' evidente che un giovane vignaiolo puo' sfruttare i social media e acquistare una visibilita' insperata qualche tempo fa.

Inutile dire che bei momenti, che ricordo con piacere, sono stati il pranzo prima e lo spritz poi: assolutamenti fondamentali per confermare l'aspetto "social" e gioioso dell'avvenimento (e dove ho conosciuto altri cari amici incontrati nel web e finora rimasti solo un avatar). Concludo con un doveroso e sincero "grazie Angela, mon capitan!".

[Update] Ho avviato qui, su "Ecosistema 2.0", una discussione dal titolo "Quanta distanza c'e' tra la cantina e il consumatore di vino ?" Spero che troviate interessante venire a discutere.

venerdì 20 febbraio 2009

Ecosistema 2.0: presentazione a Treviso, il 19/2/09

Presentazione del progetto "Ecosistema 2.0: Social Business Glocal NetWork" tenuta in occasione dell'evento "Social Business Networking", organizzato da NordEstCreativo, a Palazzo Bomben, Treviso, il 19/2/2009:


martedì 6 novembre 2007

Romania e Bulgaria in Europa: comunitari o extra ?

Per una discussione su Anobii ho raccolto queste informazioni:

1) la moratoria UE (non e' un'invenzione italiana) permette agli Stati membri di rimandare per qualche anno (2, ma fino a 7) la libera circolazione dei cittadini comunitari nei confini dell'Europa Unita (trattato di Shengen), relativamente ad alcuni stati nuovi membri, per ragioni di equilibrio sociale ed economico. Se applicata, si applicano "decreti flussi" come per gli extracomunitari

2) in virtu' del trattato di Shengen, i cittadini comunitari possono entrare in Italia, cosi' come in qualunque altro stato, senza alcun visto, essendo solo tenuti ad esibire la carta di identita' quando richiesta, per un soggiorno massimo di 3 mesi. Qualora si intende soggiornare per piu' di 3 mesi e' necessario fare domanda di una "carta di soggiorno" alla Questura indicando le ragioni (lavoro autonomo, studio, ...), che vale 5 anni, ma il mancato possesso non e' sanzionato

3) la moratoria e' stata adottata da diversi stati membri gia' prima del 2007 (anno in cui sono entrate Romania e Bulgaria), e tra questi dall'Italia, per iniziativa del governo Berlusconi

4) alla data del 1/1/2007, in cui Romania e Bulgaria sono entrate in Europa, il governo Prodi ha deciso per il mantenimento della moratoria, ma trasformandola da "piena" a derogabile: non si applica quindi a cittadini romeni e bulgari che richiedono la carta di soggiorno per motivi di lavoro "autonomo, dirigenziale e altamente qualificato, agricolo e turistico-alberghiero, domestico e di assistenza alla persona, edilizio e metalmeccanico, stagionale". Di fatto la moratoria e' stata abrogata.

http://www.aduc.it/dyn/immigrazione/arti.php?id=161157
http://www.volontariperlosviluppo.it/2007/2007_3/07_3_05.htm
http://www.amdplanet.it/forum/vie wtopic.php?t=30576
http://www.lomb.cgil.it/welfare/i mmigrazione/...

--- Romania e Bulgaria ---

non ho potuto fare a meno di chiedermi perche' oggi c'e' un'emergenza Rumeni e non un'emergenza Bulgari ?

Forse perche' i primi sono piu' dei secondi ? Non piu' di tanto:
Romania: 22 milioni ab. (99 ab/mq)
Bulgaria : 8 milioni ab. (69 ab/mq)

Forse perche' in Bulgaria stanno meglio che in Romania ? No, anzi.
Romania: crescita 7%, stipendio medio 270 Euro
Bulgaria: crescita 6,6%, stipendio medio 170 Euro

Forse perche' alla Romania sono stati destinati meno aiuti che alla Bulgaria, in vista dell'ingresso in Europa ? No, anzi.
Romania: 31 miliardi di euro (1400 euro/ab)
Bulgaria : 6,6 miliardi di euro (800 euro/ab)

L'unica differenza evidente, anzi sorprendente, e' che in Bulgaria esiste una grave emergenza demografica: nel 2003 la popolazione e' ritornata ai valori del 1961, dopo essere calata negli ultimi 20 anni con un rapidita' maggiore di quella con cui era cresciuta nei 20 anni precedenti.

Ci saranno anche altre differenze (maggiore o minore apertura delle politiche locali, efficienza del sistema giudiziario, presenza di organizzazioni criminali, ...), ma per la Bulgaria si parla molto di "invertire il flusso migratorio"

http://it.wikipedia.org/wiki/romania
http://it.wikipedia.org/wiki/bulgaria