C'e' una grandissima trasformazione in atto di come fare cultura oggi. Del resto come potrebbe essere altrimenti se cambiano cosi' profondamente gli strumenti del comunicare e del relazionare che ne sono i presupposti, e altrettanto cambia la struttura stessa della societa' di cui e' l'espressione.
Ora quando succede questo tumultuoso processo di rinnovamento, tentare un'inquadratura in corsa porta inevitabilmente ad una foto sfocata.
Per questo trovo utilissimo quello che sta facendo Giulia con 6x1, cioe' registrare le nuove forme di fare cultura "cosi' come sono", e riprendere quelle tradizionali nei nuovi canali multimediali, offrendole cosi' a nuove rimasticazioni.
Nella rete c'e' una "miniera di persone preziose", mi piace ripetere, e tra queste, molte persone che in qualche modo stanno facendo cultura. E la rete, ormai, e' solo uno spazio multimediale poliforme, fortemente interconesso con lo spazio reale. Qualcuno dice che infatti lo spazio e' uno solo, articolato, perche' sempre gli stessi sono gli abitanti.
In occasione di Libriamo 2008 a Vicenza, l'altra sera, Simonetta Capecchi ci ha parlato di come sia stata rivisitata la tradizione dei taccuini di viaggio, nell'epoca dei diari online e della banalizzazione della dimensione globale. E questo e' solo un esempio.
Ma il "dove" e il "come" non e' tutto. La cultura e' innanzitutto un comune sentire, un fattore che accomuna, un accordo musicale. Allora quali sono i temi emergenti, e che profilo assume la collettivita' che li affronta, che intonazione guida il coro di cosi' tante voci ?
Per esempio, a me sarebbe piaciuto che Simonetta ci dicesse come le sembra che cambino le storie che si raccontano su quei taccuini, che nuova idea di viaggio emerge oggi, cosa e' rimasto da esplorare e soprattutto cosa merita oggi di essere fissato sulla carta con acquerelli e carboncini.
Ma la cultura non comprende solo le nuove forme d'arte. C'e' una nuova cultura a livello sociale, economico, scientifico, accademico, politico (qui ho seri dubbi), ... La rete e' un amplificatore formidabile, e certamente anche strumento stesso di lavoro, per queste culture emergenti, ma di culture psico-logiche e non tecno-logiche si tratta.
Quella che alcuni chiamano "web2.0" non e' forse una grande operazione culturale, un nuovo movimento generato dal basso, questa volta piu' personalizzato, informale ma sempre piu' riconoscibile, coi suoi simboli, coi suoi riti, coi suoi costumi, coi suoi luoghi e coi suoi eventi, coi suoi 'cantori' e i suoi detrattori ?
E non credo che la blogosfera sia l'unico incubatore di nuove culture. Cosa succede nelle periferie e nelle provincie disconnesse, dove la globalizzazione e' arrivata in carne ed ossa prima che internet sia arrivato via radio o via cavo ? Cosa succede nella moltitudine di utenti di internet che non arriva ad aprire un blog, e che per esempio affolla Facebook, e si ritrova a gruppi di 10, 100, 1000 negli eventi real-life ?
Non credo che a NordEst sia diverso che in altri angoli d'Italia. E se fino a ieri soffrivo per la consapevolezza di un ritardo cronico di questa regione, tradizionalmente chiusa e individualista, oggi sto scoprendo un'esplosione di iniziative interessanti e assolutamente innovatrici, in vistosa contrapposizione coi caratteri dominanti, avviate da ragazzi brillanti e soprattutto entusiasti. Vedo che sta nascendo il Veneto 2.0. E' emozionante. Ritorna una certa aria di festa.
giovedì 4 settembre 2008
Nuove culture
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12 commenti :
che dirti davvero un post ricco di spunti e di pungoli al pensare
intorno a gennaio avevo scritto per ibrid@manti un post che aveva come "titolo" "immaginazione migrante" in cui eploravo a modo mio il come "l'immaginazione" proprio in questi tempi e anche per merito della rete sia diventata migrante,
se ci si guarda attorno sui muri di New York si ha la netta percezione di come i graffiti rappresentino una immaginazione collettiva e migrante, capace di coinvolgere interi gruppi e mescolarsi insieme attraverso l'uso di una creatività visiva straordinaria.
le migrazioni di individui e conseguentemente di "culture" ha favorito questo comune sentire,
Arjun Appadurai, ci racconta di modernity at large, di una nuova modalità di comunicazione che lui individua in una interconnessione tra media elettronici e migrazioni sociali....
ecco penso la stessa cosa per quel che riguarda la cultura, è in grande trasformazione è dinamica e mutante e questo può spaventare molti che si rifugiano nella piu' rassicurante "cultura" dei padri
io credo che questa nuova cultura non sarebbe possibile se non ci fosse come basamento quella dei padri,
l'esercizio della memoria è fondamentale per una mutazione culturale non effimera, ma che sia in grado di accompaanrci almeno per alcuni anni...
penso inoltre che il web 2.0 è sicuramente per molti versi una operazione culturale che migra attraverso la rete e che accomuna e rimescola le carte di culture differenti ed è parte integrante di questa modernità diffusa, di questo sentire diversamente la comunicazione....
non conosco bene il nord-est, ma penso sia simile a molte altre realtà e che si diffonda un diverso approccio all cultura penso sia ottimo, aiuterà anche a conoscere meglio lo straniero, il diverso...
mi scuso per la lunghezza!!
chicca
Le buone idee sono dappertutto!
sono io che ringrazio te, Chicca, che hai risposto con altrettanti spunti
la "migrazione", che parola arcaica e assolutamente moderna! C'e' una fetta dell'umanita' che migra com'e' scritto nella bibbia; c'e' un'altra fetta che non si muove piu' dalla sedia, ma naviga online in tutto il mondo.
C'e' anche un'altra fetta che non migra nel senso che abbandona i propri luoghi d'origine: sono i loro luoghi d'origine che migrano, e si riproducono altrove. Questi rimangono cosi' immuni ad ogni evoluzione culturale che perfino i loro connazionali, quelli mai emigrati, li riconoscono come sorpassati.
C'e' ancora una fetta di persone che percorrono migliaia di chilometri e si fermano in citta' che sono sempre piu' uguali tra loro.
Se il territorio si e' espanso, includendo quello digitale e ogni angolo del reale, e cos'e' oggi un paese, cos'e' oggi una migrazione ?
Se si copre una maggiore distanza spostandosi di 15 anni invece che di 1500 Km, qual'e' oggi la comune esperienza di un viaggio ?
Vero Giorgio che man mano che l'uomo moderno abita anche gli spazi ridefiniti dalla tecnologia, li trasforma in propri, vale a dire in spazi delle idee, e cosi' va oltre l'abitare, in un certo senso e' un riconquistare, come licheni sulla roccia vulcanica ?
Vero Giorgio che man mano che l'uomo moderno abita anche gli spazi ridefiniti dalla tecnologia, li trasforma in propri, vale a dire in spazi delle idee, e cosi' va oltre l'abitare, in un certo senso e' un riconquistare, come licheni sulla roccia vulcanica?
La tecnologia è tutta umana, e l'uomo non è se non "homo technologicus" (titolo di un libro di Giuseppe O. Longo, consigliatissimo).
E non solo da MacLuhan in qua, ma anche con filosofi molto più anzianotti, sappiamo che la pensabilità stessa del mondo, la sua "leggibilità", passa attraverso tecnologie dell'intelligenza (Pierre Levy), come già tecnologia è osservare il paesaggio individuandone potenzialità e possibili modificazioni per la sopravvivienza, la scrittura, ogni fare umano.
Noi umani, come specie, abitiamo da sempre Luoghi tecnologici. Anzi, anche da prima: non furono dei Sapiens a scheggiare le prime selci, a gestire il fuoco, a seppellire ritualmente i morti.
Quindi girerei il problema: non è l'uomo che va ad abitare gli spazi resi praticabili dalla tecnologia, è piuttosto la tecnologia, non solo quindi strumento ma "ambiente" mentale, che stabilisce la pensabilità del mondo come Luogo antropico. Ovviamente, con queste premesse, che si tratti di mondo fisico oppure digitale non fa nessuna differenza.
Alla base c'è appunto il concetto di Abitanza, quale dinamica di partecipazione (culturale, affettiva, storica) e sentimento di appartenenza ai luoghi della frequentazione, con in più - rispetto al semplice essere Cittadini dinanzi allo Stato - un risvolto autopoietico (Maturana) derivante dall'aver cura dei territori, nel rispetto ad esempio dell'impronta ecologica e della sostenibilità ambientale.
Dal tuo commento a Chicca, noto con piacere certi tuoi riferimenti a letteratura antropologica: come dice Geertz, "ogni popolo ha la sua diaspora".
Ti segnalo (mie letture estive)
Logiche meticce - Antropologia dell'identità in Africa e altrove, Di Jean-Loup Amselle, Marco Aime curatore, e appunto Mondo globale, mondi locali - Cultura e politica alla fine del XX secolo di Clifford Geertz, entrambi interessantissimi.
Grazie Giorgio, anche tu non scherzi in quanto a stimoli! (oltre ai link andro' per forza e molto volentieri a rileggermi Maturana e Varela, boa di riferimento nella mia formazione)...
...a proposito di "miniera di persone preziose"...
La mia lunga risposta è qui: http://inviaggiocoltaccuino.blogspot.com/2008/09/incontri-libriamo2008-il-blog-e-i.html
Risposta molto specifica sui taccuini, forse come l'incontro di Vicenza che purtroppo mancando l'altra ospite era poco dibattito. Mi pento anche di avere snobbato i raduni di blogger, perchè appena la categoria si sfaccetta nelle singole persone, condividere le esperienze diventa interessante.
Gino, stavo commentando quando mi sono accorto che probabilmente ero andato fuori tema rispetto al tuo post e quindi, siccome non di butta via mai niente, l'ho trasformato inun mio post :)
La rete non è l'unico incubatore di idee e di cultura. Certo è, però, che è un grandissimo volano ed amplificatore di tendenze.
Il successo del social networking, ad esempio, risponde in pieno ad esigenze che nascono per affrontare una chiusura del sistema paese (parlo dell'Italia in questo caso) e per soddisfare la necessità di relazione che è innata nella specie umana.
La rete, qui, diviene la protesi di un corpo che si allunga per abbracciare nuovi confini. Li fa propri e, in pieno stile Borg, li assimila. Attraverso la rete si hanno contaminazioni culturali e da queste contaminazioni nascono nuove forme di cultura.
I confini si sfumano e le mescolanze crescono. Impatti che si rivelano in tutto: arte, musica, cinema ma anche stili di vita. E ogni forma espressiva pur nata da contaminazioni ha le proprie peculiarità territoriali. In una evoluzione darwiniana, si adatta ai contesti in cui penetra.
Solo oggi ho avuto il tempo di leggere tutti i post e i vari commenti di questa lunga e interessante discussione virtuale sulla cultura.
Devo dire che sono piuttosto imbarazzata ad aggiungere un commento che non ha il sostrato culutare ed esperienziale di altri presenti. Ma, per come sono fatta, mi piace lasciare tracce del mio passaggio, un pensiero, che so, un timbro.
Nella mia esperienza di Rete, assolutamente recente (non smetterò mai di ribadirlo), l'aspetto più caratterizzante dell'essere connessa col mondo, anzi con i mondi del web, è stata la contaminazione.
Posso dire quindi che quello che per me è stato veramente rivoluzionario del web 2.0 è stata la possibilità di accendere il computer per cercare una cosa e perdersi invece in mezzo a migliaia di altre cose.
Come diceva Sant'Agostino (eehhhh che credevate, anche io c'ho la mia citazione, mica pizza e fichi, ehhhhh) nella ricerca di quello che si ama, che ci piace, capita che le menti aperte imparino ad apprezzare invece quello che trovano...
Io, entrando nel web 2.0 cercavo un modo per sapere le cose più velocemente, alla fine ho imparato a perdermi nella lentezza (si, perchè la rete ha la velocità che tu le dai) dei suoi rimandi, delle sue speculazioni, della sue contraddizioni. E trovo molto più arricchente la scoperta di questi non luoghi, di volta in volta sempre più personali, che la fulminante certezza di alcune nozioni erudite a cui la rete è chiamata a rispondere.
@giulia
mi piace molto questa cosa che hai detto:
alla fine ho imparato a perdermi nella lentezza (si, perchè la rete ha la velocità che tu le dai) dei suoi rimandi
in molti pensano che le tecnologie portano alla frenesia del nanosecondo, che bisogna correre correre per riuscire a leggere tutto, a percorrere tutti i link, a seguire tutti i thread, mentre in realta' siamo che scegliamo a cosa dare attenzione e quanto tempo dedicare, volenti o nolenti
io non vedo una lentezza "legittima" di fronte all'infintezza del creato, quanto, piu' laicamente, una maggiore dinamicita' dell'uomo nell'emanciparsi attraverso la propria conoscenza e ricchezza spirituale, pur coi suoi limiti e forse proprio grazie alla sua imperfezione, e grazie agli strumenti che ha saputo creare
ci dovro' scrivere un post sopra, apena la mia lentezza me lo permettera'
Si, Simone, quando dici "Attraverso la rete si hanno contaminazioni culturali e da queste contaminazioni nascono nuove forme di cultura" sento che hai colto quello che intendevo dire.
D'altra parte ho voluto anche citare situazioni in cui la Rete, in senso stretto, non ha un'influenza diretta nello sviluppo di nuove culture, per completezza. E altre in cui la Rete stessa esercita un ruolo differente: per esempio nella blogosfera la rete e' territorio attivo, mentre in Facebook e' uno strumento piu' semplice di contatto.
Infatti sarebbe un errore trascurare o sminuire altre nuove culture che stanno nascendo per effetto della globalizzazione e non per effetto della Rete. Come sarebbe un errore, oggi, trascurare che la Rete non e' Una, e i suoi effetti sulla cultura sono a vari livelli.
Sono meno d'accordo su quanto hai scritto nel tuo blog, come sviluppo. Ma a quel proposito ho gia' detto la mia in passato, in mumerosi post:
http://knowledgeecosystem.blogspot.com/search/label/web2.0
@simo
E’ il sentiero che conta, non la sua fine. Muoviti veloce e perderai ciò per cui viaggi. (Louis L’Amour)
(via http://mondoviaterra.blogspot.com/)
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