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martedì 28 aprile 2009

Prodotti affabulatori, che favoriscono la socializzazione

Ho pubblicato su "Ecosistema 2.0" e su Facebook questa provocazione, da uno spunto di Francesco Morace, ripreso da Silvia. Su FB ci sono stati interessantissimi rilanci, che ho trascritto anche tra i commenti in "Ecosistema 2.0".

Questa crisi sta mettendo in evidenza il significato piu' profondo dell'economia della conoscenza: non basta saper fare, non basta saper conoscere. Occorre saper realizzare prodotti intrisi di conoscenza e cultura, prodotti che raccontano storie e trasmettono emozioni, prodotti "colti" che seducono perche' mai banali. Per questo gli ibridamenti tra distretti sono altrettanto preziosi quanto le contaminazioni interdisciplinari nello sviluppo della nostra conoscenza e della creativita'.

Siamo ancora troppo legati ad un approccio mentale orientato alla specializzazione, alla verticalizzazione. In fondo sono forme mentali utili nel pensiero scientifico, industriale, seriale. Ma l'appiattimento di una simile semplificazione, ha ben poco di umano, e quindi proprio per questo, ha poche probabilita' di entrare in risonanza con le nostre corde piu' profonde.

Conserviamo assunzioni che privilegiano l'esperienza nello stesso campo, analisti che vengono riconosciuti come esperti di settore, ricercatori che indagano le caratteristiche di singoli comparti, fiere dedicate a famiglie di prodotti e non filoni di bisogni ed emozioni, ... Continuamo a costruire sovrastrutture rigide e mutuamente compatibili in modo precario.

L'avvento di un nuovo umanesimo ci chiede e ci impone una svolta. Il bufalo puo' scartare di lato: certo puo' cadere, e per questo la ferrovia vinceva, al tempo delle praterie sconfinate; ma ora siamo ai bordi della grande mesa, e cambiare direzione e' questione di sopravvivenza, per non precipitare nel canyon.

Un prodotto che esprima contaminazioni, derivazioni, ricollocazioni, e' inevitabilmente un prodotto che ha qualcosa da raccontare, e che quindi puo' affascinare. Non puo' piu' essere solo destinato al consumo, ma alla socializzazione del e col suo utilizzatore: dal consumismo all'esperenzialismo. Non chiediamo piu' ad un bene di consumo di assolvere ad un compito, ma di abilitare la socializzazione.