martedì 19 maggio 2009

Osservatorio Wine: passata la sbornia

Tranquillizzo tutti, l'evento dell'Osservatorio Wine, l'8 maggio a Verona, non si e' chiuso in una sbornia collettiva. Ne parlo solo adesso perche' emergo solo ora da una settimana di fuoco. Pero' l'intenzione e' quella di ripercorrere quella giornata, con la stesso sforzo di ricostruzione che talvolta tocca fare dopo una serata in cui si e' alzato il gomito.

La tavola rotonda dell'Osservatorio Wine, ha visto partecipare circa 80 partecipanti, provenienti dal modo del settore enologico, giornalistico e appassionati, riuniti per fare il punto della situazione sulla comunicazione e sulle opportunita' che Internet offre alle PMI del settore e come queste le stanno sfruttando.

La prima cosa che devo sottolineare e' la combinazione di un alto livello dei contenuti e di un approccio festoso e partecipativo. A garantire il primo sono stati gli interventi "ufficiali" della pirma parte, che hanno permesso di inquadrare l'evento in una prospettiva molto interessante, ma anche quelli "dal basso" della seconda parte, espressi da chi si spende in prima persona sulle idee e sulle esperienze che poi racconta.

In particolare ricordo la seconda parte dell'intervento della prof.ssa Roberta Capitello, in cui si propone l'istituzione di un "marchio di origine controllata" esteso al territorio, e non solo a singoli prodotti enogastronomici. Mi sembra un concetto molto molto ecosistemico! Un argomento su cui ritornare senz'altro.
Anche l'intervento dell'on. Donata Gottardi, ha lasciato intravvedere interessanti prospettive che si stanno delineando nell'ambito dell'Unione Europea, proprio per un mutato orientamento che dovrebbe portare maggiore considerazione su territori frammentati in una miriade di piccole iniziative e tenuti insieme da un sistema valoriale e dalla capacita' di networking (Small Business Act, che si vuole riassumere nello statement "think small first"). Anche perche' a quanto pare, la strategia di Lisbona (2000-2010) sta per arrivare a scadenza senza risultati particolarmente brillanti.

Della seconda parte, non posso non ricordare il brillante coordinamento di Gianluca Arnesano (Frozenfrogs), che ha stimolato la conversazione con domande ficcanti, salvo pero' essere preso in contropiede dalla prima domanda del pubblico: "cos'e' 'sto web2.0" ? Direi che un po' tutti gli interventi del blogger hanno messo in evidenza - involontariamente - il "divide" che si sta allargando tra chi frequenta la rete da anni e chi (e sono milioni) arriva oggi.

Dal momento che i blogger erano tanti (Niki, Lyonora, Alessia, Roberto, Gianluca, Cristiano, poi i due wineblogger Elisabetta Tosi e Giampiero Nadali, poi le tesiste Stefania e Michela, e poi la capitana dell'evento Angela, e io), non li citero' tutti - e non me ne vogliano - e passo subito a ricordare l'intervento piu' rappresentativo della serata: quello di Paolo Ghislandi (Cantina I Carpini), che dalla platea, ha portato la testimonianza piu' evidente che un giovane vignaiolo puo' sfruttare i social media e acquistare una visibilita' insperata qualche tempo fa.

Inutile dire che bei momenti, che ricordo con piacere, sono stati il pranzo prima e lo spritz poi: assolutamenti fondamentali per confermare l'aspetto "social" e gioioso dell'avvenimento (e dove ho conosciuto altri cari amici incontrati nel web e finora rimasti solo un avatar). Concludo con un doveroso e sincero "grazie Angela, mon capitan!".

[Update] Ho avviato qui, su "Ecosistema 2.0", una discussione dal titolo "Quanta distanza c'e' tra la cantina e il consumatore di vino ?" Spero che troviate interessante venire a discutere.

lunedì 18 maggio 2009

La stella marina e il ragno


Consiglio la lettura del libro "The starfish and the spider", di Ori Brafman, che ha considerato la leaderless organization sotto diversi aspetti, e direi in modo piuttosto "laico", cioe' studiando i pregi e i difetti, i meccanismi di partecipazione e anche quelli di contrasto. Tra gli esempi di leaderless organization abbiamo anche Al Qaeda, infatti.

Ho inserito nella videoteca di Ecosistema 2.0, il podcast di Marina Noordegraaf la cui qualita' della resa "video" non e' molto buona, ma la spiegazione dei punti principali e' semplice e molto efficace.

Mi piace riportare da quest'ultimo video, proprio questa citazione: "metti le persone in un sistema aperto, e immediatamente vogliono contribuire". Questo ci conferma che la partecipazione attiva e costruttiva e' ormai legata in modo imprescindibile con la delega e l'autonomia.


Nel video il concetto e' accompagnato da una divertente vignetta tratta da xkcd.com. La domanda e' allora "chi stabilisce cosa e' giusto e sbagliato in una leaderless organization", cioe' in sintesi qual'e' l'obiettivo se non c'e' "un capo" che lo fissa ? Io trovo proprio questo l'aspetto piu' interessante: l'emergere di un "senso comune del bene".

La discussione e' stata avviata anche qui, su Ecosistema 2.0

mercoledì 13 maggio 2009

Laboratorio Enterprise 2.0: le slide

Ieri, nella sede di Confindustria Padova, si e' tenuto il workshop "Laboratorio Enterprise 2.0", a cui hanno partecipato 85 persone, tra imprenditori, professionisti e studenti. Le domande e la conversazione alla fine hanno dimostrato il grande interesse e al tempo stesso le perplessita' che ancora avvolgono l'introduzione di questi temi in azienda.

Riporto qui le slide del mio intervento, che aveva lo scopo di introdurre la tematica dell'Enterprise 2.0, rispondendo a domande come: Cosa si intende per Enterprise2.0 ? Quali reali vantaggi porta in azienda ? Quali potenzialità vengono liberate e quali costi e vincoli vengono compressi ? Quali cambiamenti organizzativi e quali strumenti e tecnologie abilitanti ?

Ricordo che al mio intervento sono seguiti quello di Luigi Mengato (slide), piu' focalizzato sulla dimensione "persone" e quindi su aspetti formativi, e il caso concreto della Lago, presentato dal marketing manager Nicola Zago.


domenica 3 maggio 2009

Freno e acceleratore nell'Enterprise 2.0

Ho risposto alla domanda posta da Mario Gastaldi, nel suo gruppo su LinkedIN "Sviluppo delle Organizzazioni". Si chiedeva in sostanza se la tecnologia può cambiare la cultura ... oppure è necessario che nasca una cultura di collaborazione che utilizza tecnologie a supporto?

Prima dell' Enterprise 2.0 si parlava di "gestione della conoscenza" e di "supporto alla collaborazione e al lavoro di gruppo" - naturalmente usando appositi termini americani. In tutti questi casi la tecnologia e' sempre stata un fattore abilitante "in positivo", mentre la "componente people" e' sempre stata un fattore cruciale "in negativo" - qui positivo e negativo non rappresentano un giudizio di valore, ma si intendono riferiti al cambiamento. Con l'Enterprise 2.0, e' ancora come prima.

Proviamo con una metafora: se la tecnologia fosse un automobile, potrebbe permettere viaggi altrimenti non possibili, ma la persona che non ha intenzione di uscire di casa e' comunque l'ostacolo insormontabile. Dunque anche in questo caso, se le persone lo vogliono fare, la tecnologia e' importantissima, ma se le persone non lo vogliono, la tecnologia non conta.

A causa di questa dissimmetria, e considerando che i contesti non sono quasi mai bianchi (tutti favorevoli e ben disposti verso la tecnologia) o neri (tutti reticenti e resistenti all'introduzione di nuove tecnologie), la strada non puo' che essere scivolosa e piena di curve. Consiste in un percorso di avvicinamento in cui si oscilla tra interventi sulle persone, volti a radicare un atteggiamento favorevole al cambiamento (alla condivisione, alla collaborazione, ...), e sul piano della tecnologia, volti a dimostrare che alcuni strumenti possono amplificare i benefici dei modelli comportamentali adottati anche in parte.

Chiudo ricordando che un tempo, nelle organizzazioni impostate gerarchicamente, quando si doveva introdurre un cambiamento, si considerava in alternativa un approccio "di rottura". Si preferiva cioe', fronteggiare un cambiamento repentino e una reazione fortemente ostile. Naturalmente si contava sul fatto che non c'era liberta' di scelta da parte delle persone, che quindi "subivano" il cambiamento volenti o nolenti.

Nell'ambito delle professioni basate sulla conoscenza, e quindi nell'ambito dell'Enterprise 2.0, questo approccio non puo' proprio funzionare. E' necessario ottenere dalle persone un'adesione intima al cambiamento, una partecipazione convinta, senza le quali nessuna conoscenza sara' messa a fattor comune, nessun potenziale collettivo sara' liberato, anche se fanno finta di usare la tecnologia.