Difficile comprendere le ragioni di un tale gesto, a fronte di tanta energia e determinazione dimostrate in tanti anni, e testimoniate tra l'altro dagli slogan che l'imprenditore aveva fatto propri, e trasferiti nell'immaginario della propria azienda, dentro e fuori: "Insieme si vince", "Non mollare mai", "Quando si lavora bene, la terra ti ripaga sempre", per non parlare dell'Inno alla gioia della Maschio Gaspardo. Spostandosi sull'esame del caso aziendale, occorre ricordare l'esposizione col mondo bancario che aveva accompagnato l'ultima fase di crescita e l'ipotesi di una rinegoziazione del credito; l'accordo coi lavoratori, nello scorso novembre, che hanno rinunciato all’integrativo per permettere all’azienda di crescere ancora; la recente cessione della guida esecutiva del gruppo a due manager esterni.
Il Ciclo di Vita delle Imprese di Adizes ce lo spiega molto bene. Dopo aver fondato l’impresa e aver superato gli scogli dell’infanzia in cui lotti per far sopravvivere la tua nuova creatura, si apre una stagione entusiasmante per tanti imprenditori.
E’ la stagione che Adizes chiama go-go. Non c’è una vera organizzazione e una vera delega, l’imprenditore ha molti collaboratori ma è al centro dell’organizzazione che ha una forma a stella, lui al centro e tutti intorno. Una grande flessibilità e velocità di decisione che gli permette di cogliere al volo le opportunità, che gli permette di risolvere problemi altrimenti irrisolvibili. Peccato che il problema diventi proprio la centralità del suo ruolo. Da una parte l’organizzazione senza il perno dell’imprenditore rischia di afflosciarsi come un soufflé mal lievitato, dall’altra l’imprenditore rischia di perdere il contatto con la realtà e non saper o voler lasciare.
Si apre un periodo critico, quello che vorrebbe un imprenditore capace di aprire alla delega e alla strutturazione, da un lato passando dal controllo diretto al controllo indiretto fatto di un sistema regolato, dall’altro da una imprenditorialità assoluta ma accentrata nel fondatore ad una imprenditorialità relativa ma distribuita nell’organizzazione.

Quanti imprenditori improvvisamente non riescono più a capire cosa stia accadendo al mercato e alla propria azienda. Quanti imprenditori abituati ad essere padroni ma anche padri soffrono nel non poter più aiutare i propri dipendenti, nel non poter più svolgere quella vera e propria funzione sociale che spesso l’impresa, la fabbrica ha nei piccoli paesi della provincia italiana che con la fabbrica sono un tutt’uno.Tormento ben descritto da Francesco Jori sul Mattino di Padova nell’articolo “L’identità nordestina smarrita”: “Forse lui aveva perso ben altro, la mappa di se stesso, della propria identità, smarrita nel labirinto di un mondo del lavoro così altro rispetto a quello di cui era stato orgoglioso protagonista, in duri ma esaltanti decenni di fatica”.
La crescita economica risulta essere l'obiettivo prioritario, al quale condizionare il successo di grandi imprese (in senso aziendale e anche in senso lato), ma è capace da sola a dare senso alle vite che vi vengono dedicate? Indubbiamente sono ammirevoli, e fuori discussione, il coraggio dell'imprenditore di "crederghe" (crederci, in veneto), la perseveranza di investire in Italia e creare qui posti di lavoro, la passione per il proprio lavoro che ha permesso di raggiungere l'eccellenza mondiale. Ma il forte vento della globalizzazione, e le tempeste del mondo finanziario, sono capaci evidentemente di sradicare anche imprenditori che sono nati e cresciuti in un territorio agricolo, e che dalla terra hanno sempre ricavato la propria forza: "la terra ti ripaga sempre", forse lo stesso non si può dire delle banche e dei mercati internazionali.


Eppure ha prevalso (forse) l'annichilimento di un allontanamento forzato; la bocciatura finale di un percorso possibile solo grazie ad un grande talento e tenacia; la freddezza di una valutazione economica e finanziaria, proprio nel momento in cui quel capitolo andava chiudendosi naturalmente. Chiediamoci se non sia urgente riconsiderare con maggiore attenzione il ruolo sociale delle imprese, da parte di tutti gli stakeholder coinvolti, e dunque un maggiore equilibrio ed una più naturale continuità tra economia e società, sia a livello di singole imprese e mercati, che a livello più generale, ecosistemico. E quindi anche a livello personale.