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lunedì 29 giugno 2015

Quando si lavora bene, la terra ti ripaga sempre

In questi giorni sono stati celebrati i funerali di un noto imprenditore veneto, Egidio Maschio, suicidatosi all'età di 71 anni con un colpo di fucile alle 6 di mattina, seduto sulla sua poltrona nell'ufficio presidenziale. Aveva fondato l'azienda all'età di 22 anni, in una cascina del padovano, portandola lungo tutta una vita, alle dimensioni attuali di multinazionale leggera, con 19 grandi centri produttivi, 16 in Italia e 3 all'estero in Romania, Cina e India. Le sue macchine agricole sono ora vendute in tutto il mondo (12 filiali commerciali), ad un ritmo che anche negli ultimi anni di crisi generalizzata, aveva portato il fatturato a raddoppiare, da 110 a 324 milioni (2013).


Difficile comprendere le ragioni di un tale gesto, a fronte di tanta energia e determinazione dimostrate in tanti anni, e testimoniate tra l'altro dagli slogan che l'imprenditore aveva fatto propri, e trasferiti nell'immaginario della propria azienda, dentro e fuori: "Insieme si vince", "Non mollare mai", "Quando si lavora bene, la terra ti ripaga sempre", per non parlare dell'Inno alla gioia della Maschio Gaspardo. Spostandosi sull'esame del caso aziendale, occorre ricordare l'esposizione col mondo bancario che aveva accompagnato l'ultima fase di crescita e l'ipotesi di una rinegoziazione del credito; l'accordo coi lavoratori, nello scorso novembre, che hanno rinunciato all’integrativo per permettere all’azienda di crescere ancora; la recente cessione della guida esecutiva del gruppo a due manager esterni.

Tra i commenti che sono già stati scritti, ne voglio riprendere un paio che danno letture differenti, ma complementari. Il primo è di Luca Marcolin, su Family Business Unit:
Il Ciclo di Vita delle Imprese di Adizes ce lo spiega molto bene. Dopo aver fondato l’impresa e aver superato gli scogli dell’infanzia in cui lotti per far sopravvivere la tua nuova creatura, si apre una stagione entusiasmante per tanti imprenditori.

E’ la stagione che Adizes chiama go-go. Non c’è una vera organizzazione e una vera delega, l’imprenditore ha molti collaboratori ma è al centro dell’organizzazione che ha una forma a stella, lui al centro e tutti intorno. Una grande flessibilità e velocità di decisione che gli permette di cogliere al volo le opportunità, che gli permette di risolvere problemi altrimenti irrisolvibili. Peccato che il problema diventi proprio la centralità del suo ruolo. Da una parte l’organizzazione senza il perno dell’imprenditore rischia di afflosciarsi come un soufflé mal lievitato, dall’altra l’imprenditore rischia di perdere il contatto con la realtà e non saper o voler lasciare.

Si apre un periodo critico, quello che vorrebbe un imprenditore capace di aprire alla delega e alla strutturazione, da un lato passando dal controllo diretto al controllo indiretto fatto di un sistema regolato, dall’altro da una imprenditorialità assoluta ma accentrata nel fondatore ad una imprenditorialità relativa ma distribuita nell’organizzazione.
Il focus di Adizes è l'azienda e il suo ciclo di vita, quindi la psicologia dell'imprenditore è riconosciuta ed analizzata come opportunità o vincolo per lo sviluppo dell'azienda: l'imprenditore è considerato come un fattore di sviluppo da valorizzare quando è positivo, e accompagnare all'uscita quando è giunto il suo tempo. Pur cercando di non banalizzare l'approccio di Adizes, credo che questa storia emblematica offra lo spunto per considerare anche un'altra dimensione, non solo il dramma personale o il ciclo di vita dell'azienda.

Per questo motivo, riprendo le parole di Andrea Arrigo Panato, su Ecopoly (ilsole24ore.com):
Quanti imprenditori improvvisamente non riescono più a capire cosa stia accadendo al mercato e alla propria azienda. Quanti imprenditori abituati ad essere padroni ma anche padri soffrono nel non poter più aiutare i propri dipendenti, nel non poter più svolgere quella vera e propria funzione sociale che spesso l’impresa, la fabbrica ha nei piccoli paesi della provincia italiana che con la fabbrica sono un tutt’uno.Tormento ben descritto da Francesco Jori sul Mattino di Padova nell’articolo “L’identità nordestina smarrita”: “Forse lui aveva perso ben altro, la mappa di se stesso, della propria identità, smarrita nel labirinto di un mondo del lavoro così altro rispetto a quello di cui era stato orgoglioso protagonista, in duri ma esaltanti decenni di fatica”.
Panato fa riferimento al "racconto" (epico) che prevale quando si parla di impresa, risultato economico e sviluppo della nostra società. Un racconto rivelatore, dice, dell'incapacità di riconoscere quello che siamo, e di vederci prospetticamente per quello che dovremmo essere.

Qui si fa riferimento anche al rapporto tra impresa (e imprenditore) e società, che a me interessa raccogliere. A questo proposito stiamo assistendo già da qualche anno ad una rapida trasformazione, anche (e in particolare) nel nostro territorio veneto. Una velocità ed una radicalità che non sempre lascia il tempo e la possibilità di adeguarsi, soprattutto agli imprenditori senior, soprattutto a quelli che sono stati assorbiti da un percorso di crescita importante della propria azienda.

La crescita economica risulta essere l'obiettivo prioritario, al quale condizionare il successo di grandi imprese (in senso aziendale e anche in senso lato), ma è capace da sola a dare senso alle vite che vi vengono dedicate? Indubbiamente sono ammirevoli, e fuori discussione, il coraggio dell'imprenditore di "crederghe" (crederci, in veneto), la perseveranza di investire in Italia e creare qui posti di lavoro, la passione per il proprio lavoro che ha permesso di raggiungere l'eccellenza mondiale. Ma il forte vento della globalizzazione, e le tempeste del mondo finanziario, sono capaci evidentemente di sradicare anche imprenditori che sono nati e cresciuti in un territorio agricolo, e che dalla terra hanno sempre ricavato la propria forza: "la terra ti ripaga sempre", forse lo stesso non si può dire delle banche e dei mercati internazionali.

Credo che questa storia debba essere archiviata con rispetto per l'uomo, e senza la pretesa di una spiegazione lucida e razionale che riassuma l'intera parabola dell'impresa, ma vorrei aggiungere qualche riflessione sull'equilibrio tra economia e società, e sulla necessità di avere un unico racconto collettivo, come è stato suggerito. Su questo piano abbiamo assistito a notevoli storture negli ultimi anni, ed è ora in atto un profondo ripensamento. Non si tratta solo di sperequazioni a livello territoriale e planetario, sulle quali da più parti si richiama ad una maggiore responsabilità sociale, dentro e fuori le aziende. Una responsabilità che la Maschio Gaspardo ha dimostrato sia per l'attenzione all'impatto ambientale, che nella gestione della propria filiera e del rapporto coi propri dipendenti. Assistiamo spesso, parlando in generale, alla revisione delle strategie aziendali sempre meno coraggiose e definite, conseguenza di un'incapacità degli attori economici di riconoscersi nel nuovo scenario, e di corrispondere con successo prevedibile ai propri mercati. Eppure in questo caso l'azienda era cresciuta molto (troppo? male?) proprio negli ultimi anni.

Sembra legittimo vederci un esempio del perduto contatto tra economia e finanza da un lato, e la società civile dall'altro, dal quale è logica conseguenza l'incapacità di dialogo e quindi di sviluppare una narrativa fluida e convincente. L'impresa (e l'imprenditore) avevano in questo caso un preciso ruolo sociale, ma prigioniero di una logica di investimenti e remunerazione del capitale investito, che ha privato il sostegno proprio nel momento di massimo impatto sociale. L'impatto benefico sul piano sociale avrebbe potuto proseguire, con energie liberate dall'operatività in azienda, e in maniera tale da riempire di senso gli ultimi anni di vita di qualunque protagonista abituato a grandi imprese.

Eppure ha prevalso (forse) l'annichilimento di un allontanamento forzato; la bocciatura finale di un percorso possibile solo grazie ad un grande talento e tenacia; la freddezza di una valutazione economica e finanziaria, proprio nel momento in cui quel capitolo andava chiudendosi naturalmente. Chiediamoci se non sia urgente riconsiderare con maggiore attenzione il ruolo sociale delle imprese, da parte di tutti gli stakeholder coinvolti, e dunque un maggiore equilibrio ed una più naturale continuità tra economia e società, sia a livello di singole imprese e mercati, che a livello più generale, ecosistemico. E quindi anche a livello personale.


venerdì 27 agosto 2010

Enterprise 2.0 per le PMI: come non vederlo?

Il tema dell'Enterprise 2.0, la versione "aziendale" del "web 2.0", e' finito da tempo nelle mani dei "comunicatori" ed e' stato quindi prima abusato (e tuttora lo e'), che gia' rischia di essere "consumato" e "rottamato". Per certi aspetti, chi si occupa di Enterprise 2.0 commette spesso proprio l'errore che dovrebbe insegnare a non fare: "non comunicarlo soltanto, ma applicarlo effettivamente a se' stessi".

Andrew Mc Afee, colui che ha coniato il termine nel 2006 e la cui biografia merita sempre una veloce ripassata, spiega anche nel suo ultimo libro ("Enterprise 2.0: New Collaborative Tools for Your Organization’s Toughest Challenges", Harvard Business Publishing, Novembre 2009), attraverso esempi concreti, che non e' solo una questione di comunicazione (*), anzi
These examples will show how leaders are applying new tools, new approaches, and new philosophies to challenges such as accurately predicting the future (in domains where traditional forecasting methods have a poor track record); creating, gathering, and sharing knowledge; increasing rates of innovation; locating answers and expertise; and identifying and solving problems more quickly

e che l'approccio a questi nuovi modelli e tecniche, presuppone una cultura ed un'esperienza coerenti, tali da costituire un'attitudine, perche'
this trend is the use of technology to bring people together and let them interact, without specifing how they should do so. While this sounds like a receipe of chaos, it's actually just the opposite; the technology of Web 2.0 and Enterprise 2,0 has the wonderful property of causing patterns and structure to appeare over time, even though they are not specified up front.

Per capire meglio questo, e quanto sia piu' significativo proprio in una piccola impresa, approfitto dell'ottimo esempio illustrato da Alessandra Farabegoli, tratto dall'esperienza fatta questa estate. Ripropongo di seguito il "caso" di Alessandra, e, seguite da ">", l'interpretaziona piu' in generale, che dovrebbe facilitare la riusabilita' di questa esperienza nel contesto di altre piccole e medie aziende.

Alessandra deve organizzare le proprie vacanze estive, e vorrebbe passarle in un agriturismo. La prima cosa che Alessandra ha fatto e' chiedere pareri utili "pubblicamente" su Friendfeed, un social network che facilita la conversazione tra amici e sconosciuti
> Prima di ogni forma di pubblicita', si rivolge al passaparola di persone note, o perlomeno "non interessate"
> Occorre riconsiderare l'investimento in promozione sui media tradizionali, destinando una quota ai nuovi media, considerata la loro grande efficacia

Alessandra sceglie la destinazione facendosi ispirare dal "racconto di una mamma come lei", e dalla sua precedente esperienza. Cosi' facendo Alessandra "compra" innanzitutto "il tipo di vacanza" che riconosce essere un buon compromesso tra quello che le serve e quello che le piace.
> Nei nuovi media, la qualita' del servizio e dell'esperienza che altri clienti testimoniano, e' fuori dal controllo diretto del fornitore, proprio perche' la testimonianza e' spontanea.
> Non si tratta quindi di progettare una comunicazione diretta, ma una relazione di fiducia con chi poi si attivera' spontaneamente nel testimoniarla
> In questa prima fase, del resto, non e' subito in gioco la vendita, ma la possibilita' di intervenire sui primi passi del processo di selezione del cliente. I fornitori direttamete concorrenti, in questa fase, possono essere perfino alleati, "per vincere la competizione con altre reti di concorrenti".

Procedendo nella selezione, Alessandra entra in contatto coi singoli fornitori via web, e via via scarta quelli che non sono facilmente identificabili, o contattabili, o che forniscono informazioni in modo incompleto, o con una modalita' poco soddisfacente. Altri fattori potrebbero condizionare la scelta finale (come la posizione geografica nella valle) ma nessuno risulta pesare quanto la velocita' e la qualita' del primo contatto. Alla fine la relazione con la persona di Frau Hilda sara' decisiva.
> Sempre piu' spesso il cliente sceglie in base alla qualita' dell'esperienza, che inizia fin dai primi contatti col fornitore. Questo vale soprattutto nei casi in cui il prezzo non e' il fattore chiave, o perche' non ci sono sostanziali differenze, o perche' il cliente ha individuato - vedi passo precedente - quale livello di prezzo gli sembra congruo.
> Perche' il fornitore sia in grado di garantire una elevata qualita' del servizio, deve essere ovviamente organizzato per farlo. Inoltre occorre utilizzare i mezzi di comunicazione piu' adatti, e le possibilita' di interazione via web sono imbattibili dal punto di vista della velocita' e della personalizzazione della risposta. Occorre pero' che le informazioni siano disponibili in azienda velocemente, che siano comunicate con trasparenza, che siano pronte risposte alle piu' diverse richieste a conferma che le necessita' del cliente sono ascoltate e tenute in considerazione, che il punto di contatto sia preferibilmente unico, che il rapporto sia "ad personam", che la traccia delle comunicazioni sia registrata, (in modo) che la relazione col cliente sia empatica...

Le conclusioni sono gia' molto ben riassunte da Alessandra, che in particolare sottolinea:
Insomma, la valle vince su tutti e tre i fondamentali ("creating a safe, clean and friendly environment") indicati da Beth Freedman in un articolo su Marketing:travel e richiamati da Roberta Milano in un suo recente post. [...]
Certo, dalla Val Casies non escono esempi di campagne marketing particolarmente innovative; ma, come scrive oggi Augie Ray sul Forrester Blog,
Do you want people buzzing about your marketing or about your product or service?

Aggiungo solo alcune utili considerazioni "di progetto".
- La tecnologia puo' essere veramente molto economica dal punto di vista dei costi e del tempo speso, ma occorre sapere cosa usare e come: purtroppo, proprio quando i budget sono risicati, gli errori potrebbero rendere facilmente l'investimento, anche se sempre contenuto, non piu' sostenibile.
- Il linguaggio e le modalita' di comportamento in rete richiedono un minimo di pratica. E' quindi opportuno esercitarsi inizialmente in un ambiente protetto.
- La propensione alla qualita' del prodotto/servizio dev'essere onestamente un valore gia' acquisito nella cultura aziendale, perche' imbrogliare su questo non e' possibile, e anzi sarebbe molto controproducente
- L'organizzazione interna potrebbe richiedere una minima revisione, a condizione che sia gia' orientata da tempo a facilitare e valorizzare l'ascolto del cliente
- Relazione ed empatia saranno variabili cruciali, quindi occorre farsi un esame di coscienza e individuare e risolvere eventuali difetti nella relazione col cliente, precedentemente sottovalutati
- Ultimo, ma non meno importante: considerare la relazione con tutto l'ecosistema coinvolto, e non solo col potenziale cliente. Perfino fare rete col diretto concorrente puo' aiutare a raggiungere un maggiore successo (e piu' spesso di quanto non si creda).

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(*) A questo proposito si veda anche l'efficace diagramma di Susan Scrupski.


martedì 25 maggio 2010

Internet Marketing: comunicazione e relazione nell'era di internet

L´avvento di tecnologie che hanno potenziato e rivoluzionato l´utilizzo di internet, e la conseguente diffusione di nuovi modelli comportamentali nei potenziali clienti e partner, rendono necessario e opportuno sfruttarne il potenziale in termini di accesso al mercato, i cui benefici possono ricadere su tutto il processo di relazione col cliente.

Nonostante internet sia un successo di partecipazione che si rinnova ogni anno, secondo una progressione sbalorditiva, nel contesto aziendale registriamo un tasso di confidenza con queste tecniche ancora piuttosto limitato, che apparentemente non si giustifica. Ci sono quattro ordini di ragioni, a ben guardare.

La prima riguarda la consapevolezza delle dimensioni raggiunte dal fenomeno internet, anche in Italia, e del tasso di crescita, che per imprenditori e manager ancora sostanzialmente "estranei", non sono immediatamente evidenti: un numero sempre piu' significativo di clienti, fornitori e collaboratori e' a portata di clic, ma spesso questo non e' chiaramente percepito.

La seconda riguarda la difficolta' di comprensione delle tecniche e i metodi con cui sfruttare questa opportunita' a vantaggio del proprio business, e su questo punto e' opportuno che molti evangelizzatori si interroghino sulla efficacia della loro intermediazione.

La terza riguarda l'effettivita' disponibilita' di servizi e strumenti che possano essere facilmente inseriti nel contesto e nell'organizzazione aziendale di piccola e media dimensione, che e' minore rispetto a quanto offerto al comparto delle grandi aziende, nonostante siano piu' significativi i vantaggi alla portata delle PMI.

L'ultima, ma non meno importante e forse addirittura prioritaria, e' una questione culturale, dal momento che a molti imprenditori e professionisti viene richiesto non solo di comprendere l'importanza della comunicazione, e oggi soprattutto della "relazione" col proprio mercato, ma anche di accettare la sfida della trasparenza, del dialogo, e in definitiva della riduzione del proprio controllo sui propri clienti, acquisiti e potenziali.

L'enorme valore che puo' essere liberato in internet, e in particolare nel web2.0, che oggi e' possibile anche per le aziende, richiede che siano messe al centro le persone, ovvero i clienti, ogni interlocutore di riferimento, e gli uomini che rappresentano le aziende stesse. Un passaggio che richiede capacita' di cambiamento e padronanza di nuove tecniche e metodi. D'altra parte, un passaggio a cui non ci si puo' sottrarre, senza perdere in competitivita', e quindi innanzi tutto in possibilita' di sopravvivenza, e poi di successo.

Queste considerazioni sono state sviluppate nella presentazione "Internet Marketing: comunicazione e relazione nell'era di internet", che si e' tenuta nella sede di Confindustria Padova Del. Ovest Colli giovedi scorso, di cui sono riproposte le slide qui di seguito. La presentazione introduce ai corsi del Catalogo Fòrema 2009/10, "L´impatto di Internet e dei new media sul marketing e sulla comunicazione delle imprese" (22/6/2010) e "Commercio in internet ed assistito da internet" (6/7/2010).



martedì 23 giugno 2009

Enterprise 2.0: tecnologie e metodi per l'azienda rete

Pubblico qui alcuni stralci di un'intervista che mi hanno fatto sui temi dell'Enterprise 2.0.



Cos'e' l'Enterprise 2.0 ?

Oggi, i mercati mondiali sono intrecciati in un'unica grande rete, e le conoscenze e le risorse necessarie per essere competitivi sono sempre piu' difficilmente governabili da un'azienda isolata: il fattore strategico piu' importante per un'azienda, e' diventato “essere rete” e “fare rete”. Essere rete per sfruttare al meglio il potenziale delle risorse interne; fare rete per sviluppare la migliore ed efficace relazione possibile con clienti, fornitori, partner e istituzioni, cioe' l'ecosistema di riferimento per l'azienda. Il termine “Enterprise 2.0” si riferisce alle tecnologie, ai metodi e alla cultura che aiutano in questo percorso, e prendono a modello internet, e il suo progresso straordinario e continuato da 20 anni.

Perche' e' importante il modello a rete ?

Le criticita' e le opportunita' arrivano da mille direzioni: e' richiesta la massima flessibilita' organizzativa, la capacita' di apprendimento continuo, e di adattamento rapido e non approssimativo. Una struttura troppo rigida e controllata, funziona molto bene in assenza di necessita' di cambiamento, ma non in contesti cosi' tempestuosi. Una struttura a rete, invece, libera tutto il potenziale di intelligenza, creativita' e capacita' di elaborazione che spesso rimane nascosto nelle pieghe dell'organizzazione tradizionale. Non solo migliora l'efficienza aziendale, ma anche il posizionamento dell'azienda stessa nel suo ecosistema di riferimento, e quindi aumenta le nuove opportunita' di business.

A quali tecnologie si fa riferimento in particolare ?

La tecnologia ha promesso finora maggiore efficacia ed efficienza organizzativa attraverso piattaforme informatiche per l'elaborazione dei dati (business intelligence), per la gestione dei documenti in azienda (document management), per l'esecuzione dei flussi di lavoro (workflow management), per il supporto alle principali aree funzionali (erp), e per il supporto alla comunicazione e alla collaborazione in azienda (intranet). Proprio in seguito ad una migliore gestione di queste risorse, e' emersa la necessita' di spostare l'attenzione direttamente sulle persone e sulla loro capacita' di connettersi, collaborare, e attivarsi per risolvere problemi e generare nuove opportunita'. La tecnologia delle intranet di seconda generazione, che comprende una foltissima famiglia di strumenti “web-based”, piu' di tutte garantisce supporto e spinta a questo nuovo approccio, in modo efficace, con grande flessibilita' e a costi bassissimi. Si tratta di un campo dove assistiamo da anni ad innovazioni straordinarie, che spesso l'utente finale, e l'azienda che se ne serve, non conosce fino in fondo e che rimangono, per cosi' dire, “sotto il cofano”. Ma soprattutto la vera novita', che internet ci dimostra ogni giorno, e' che ora si possono gestire livelli di complessita' (conoscenze, relazioni, informazioni di ogni tipo) ormai sempre piu' ingovernabili con altri strumenti. Una scheda tecnica separata illustra le caratteristiche distintive degli strumenti in questione.

Si tratta quindi di tecnologie per fronteggiare e gestire la complessita' ?

La tecnologia deve sempre essere considerata uno strumento abilitante, anche se insostituibile, e non il fine ultimo dell'intervento. Questo rimane sempre nel miglioramento del business risultante: generazione di nuove entrate, riduzione dei costi, o incremento e difesa della capacita' di competere nei mercati globali. Come si usa il telefonino per una migliore mobilita' e reperibilita', e non per il solo piacere di esibire un gadget tecnologico o di chiacchierare, cosi' nel caso delle tecnologie “Enterprise 2.0”, quello che conta non e' il compiacimento nel poter gestire molte piu' informazioni e contatti interpersonali, ma nella capacita' di trovare risposte e soluzioni, piu' rapidamente, migliori, ogni volta che serve. Dunque, innanzi tutto, queste tecnologie devono essere considerate una componente dell'organizzazione, e il loro inserimento in azienda e' da valutare insieme al cambiamento della struttura aziendale e del comportamento delle persone coinvolte. Inoltre possono essere considerate “strategiche”, perche', se utilizzate opportunamente, diventano l'elemento che caratterizza e perfeziona il posizionamento dell'azienda nel mercato di riferimento.

Dunque innovazione non solo tecnologica, ma a 360 gradi ?

L'innovazione e' una parola molto abusata, soprattutto oggi, con la quale viene compreso tutto cio' che rappresenta una novita' rispetto al passato: nel prodotto, nel processo, nei materiali, nel marketing e nel modello di business. Ma non tutto cio' che e' nuovo e' anche valido: l'innovazione che conta e' quella che sviluppa la tradizionale capacita' di fare (“artigianale”), e di rielaborare il rapporto col mercato, portando verso l'eccellenza, oppure verso novita' che siano veramente utili e convincenti nel tempo. Lo Sviluppo Nuovo Prodotto e' ormai un processo trasversale di grande impatto aziendale, ed e' necessario affrontare con la massima apertura ma anche con la dovuta capacita' gestionale, la generazione delle nuove idee, la loro selezione in ragione del mercato, il supporto alla trasformazione in varianti di prodotto e in nuovi prodotti, e infine la commercializzazione nei vecchi e nuovi canali, e perfino alcune funzioni di staff. Con l'approccio “Enterprise 2.0”, e un moderno processo di sviluppo nuovo prodotto, l'azienda acquisisce e potenzia la capacita' di lettura e di rielaborazione di input esterni grazie alle competenze interne, aumentando cosi' la qualita' e il valore del proprio prodotto, differenziandolo dalla concorrenza.

[...]

Per la versione completa contattatemi pure direttamente.

mercoledì 13 maggio 2009

Laboratorio Enterprise 2.0: le slide

Ieri, nella sede di Confindustria Padova, si e' tenuto il workshop "Laboratorio Enterprise 2.0", a cui hanno partecipato 85 persone, tra imprenditori, professionisti e studenti. Le domande e la conversazione alla fine hanno dimostrato il grande interesse e al tempo stesso le perplessita' che ancora avvolgono l'introduzione di questi temi in azienda.

Riporto qui le slide del mio intervento, che aveva lo scopo di introdurre la tematica dell'Enterprise 2.0, rispondendo a domande come: Cosa si intende per Enterprise2.0 ? Quali reali vantaggi porta in azienda ? Quali potenzialità vengono liberate e quali costi e vincoli vengono compressi ? Quali cambiamenti organizzativi e quali strumenti e tecnologie abilitanti ?

Ricordo che al mio intervento sono seguiti quello di Luigi Mengato (slide), piu' focalizzato sulla dimensione "persone" e quindi su aspetti formativi, e il caso concreto della Lago, presentato dal marketing manager Nicola Zago.


lunedì 27 aprile 2009

Osservatorio Wine: dalla tradizione alla internazionalizzazione

APINDUSTRIA Verona con la collaborazione del Gruppo Mediarete, organizza
il "Convegno Osservatorio Wine" e una tavola rotonda con blogger, appassionati e cantine.

Obiettivo dell’evento è confrontare quanto emerge dalla ricerca “Osservatorio Wine: quale rapporto tra le cantine ed il web” con l’internazionalizzazione delle Pmi vitivinicole, analizzando strategie di comunicazione online tramite blog, social network e nuovi strumenti per il mobile.

Durante il convegno si parlerà di:
- Come accedere agli strumenti europei per lo sviluppo delle attività delle pmi
- Modelli strategici nelle dinamiche di internazionalizzazione delle PMI
- Strumenti di comunicazione online: dal sito vetrina ai social network
- Ufficio Stampa 1.0 vs Ufficio Stampa 2.0
- Come si parla di vino in rete?

Un’opportunità interessante per incontrare e confrontarsi sulle nuove dinamiche di comunicazione online.


Ore 14:00 registrazione

Coordina il convegno: Diana Venturato, Consigliere APINDUSTRIA Verona

Intervengono:
Patrizia Patti, Presidente API Donne
Federica Festi, CEO Gruppo Mediarete
on. Donata Gottardi, Europarlamentare
Roberta Capitello, Docente Università di Verona, Dipart. Scienze e Tecnica Vitivinicola

Seguira' una tavola rotonda sul tema "Essere cantine e PMI 2.0"

Ora: 8 Maggio 2009 da 14:00 a 18:00
Luogo: Verona, sede BPV, Sala dei 120
Via: Via S. Cosimo, 10
Città: Verona
Sito web o mappa: http://osservatoriowine.it/

Al termine del convegno è previsto un buffet con degustazione di vini che hanno aderito al panel di ricerca.

La partecipazione è gratuita fino ad esaurimento posti.

Confermare l’adesione al convegno collegandosi a:
http://www.osservatoriowine.it/iscrizione

Laboratorio Enterprise 2.0, workshop a Padova

"Laboratorio Enterprise 2.0" e' il workShop promosso da Confindustria Padova sul tema "Enterprise 2.0", in programma a Padova, il 12 Maggio

Internet, che si espande con successo da 20 anni, ha dimostrato di essere un formidabile strumento per comunicare, collaborare, coordinare, conoscere e quindi prendere decisioni. In particolare da qualche anno la libera e spontanea partecipazione delle persone (Web 2.0) ha permesso di esprimere un enorme potenziale di creatività, conoscenza e intelligenza. Che benefici si rendono possibili in azienda adottando un approccio a rete (Enterprise 2.0) ? L'organizzazione può essere semplificata, i costi di coordinamento possono essere tagliati drasticamente, ma soprattutto si può aumentare la capacità di fronteggiare un mercato turbolento ed una complessità di competenze, che riguardano oggi qualsiasi settore. Naturalmente questi nuovi modelli si possono applicare a tutta l’azienda o ad alcuni reparti, a seconda delle caratteristiche dell'azienda stessa e del comparto in cui opera. Inoltre adottare un approccio a rete, non consiste solo nell'acquisire un software, ma nell'avviare un progetto di cambiamento organizzativo e culturale.

16.30 -16.45 REGISTRAZIONE PARTECIPANTI

16.45 - 17.00 INTRODUZIONE
Gianni Potti Apertura dell’incontro a cura di Gianni Potti, delegato alla comunicazione di Confindustria Padova.

17.00 – 17.30 ENTERPRISE 2.0: ISTRUZIONI PER L’USO
Gino Tocchetti Cosa si intende per Enterprise2.0 ? Quali reali vantaggi porta in azienda ? Quali potenzialità vengono liberate e quali costi e vincoli vengono compressi ? Quali cambiamenti organizzativi e quali strumenti e tecnologie abilitanti ? Ne parliamo con Gino Tocchetti: consulente aziendale, esperto nello sviluppo del business aziendale attraverso la gestione della conoscenza e l'innovazione tecnologica.

17.30 – 18.00 FORMAZIONE E WEB 2.0
Luigi Mengato Il Web 2.0 rappresenta uno strumento per l’applicazione dei nuovi modelli Enterprise 2.0. Quali cambiamenti sono necessari a livello individuo per poterli sfruttare ? Quali conoscenze ? Quali nuove competenze tecniche e trasversali ? Come indurre il cambiamento e attraverso quali azioni formative ? Ne parliamo con Luigi Mengato: formatore e consulente aziendale si occupa di Sviluppo Organizzativo individuale e del Team.

18.00 – 18.30 CASE HISTORY: LAGO SPA
Quali passi deve affrontare una PMI per l'attivazione delle logiche Enterprise 2.0 ? Nicola Zago I presupposti culturali ed organizzativi, la perdita del controllo, il commitment della proprietà, la misurazione dei risultati, la partecipazione dei colleghi. Ne parliamo con Nicola Zago, marketing manager di Lago Spa, analizzando tutte le sfaccettature di un reale progetto enterprise 2.0 avviato in azienda.

19.00 – 20.00 APERITIVO
Approfondimenti e discussioni bevendo assieme un aperitivo …….

Conferma la partecipazione inviando
NOME COGNOME
AZIENDA
TELEFONO
EMAIL
via fax allo 049 8227543 o via e-mail a organizzazione@confindustria.pd.it

lunedì 20 aprile 2009

Enterprise 2.0: una moda o un cambio di paradigma ?

E' noto a tutti che la nostra economia e' sempre piu' basata sulla "conoscenza" - rispetto a qualche decade fa in cui la "produzione" era al primo posto - e che in questo passaggio non si deve leggere una rivoluzione, e quindi l'abbandono di una "cultura del fare", ma semplicemente un recupero di "una capacita' di fare che trasuda competenza e cultura". Da qui la ragione percui tutti i professionisti, anche quelli piu' legati al mondo manifatturiero e produttivo, sono inevitabilmente "portatori di una profonda conoscenza (knowledge worker) e si distinguono per la capacita' di rigenerarla e ricombinarla senza fine". Per questo la questione della conoscenza in azienda non puo' essere separata dalle persone.

silos di conoscenzaMolte delle tecnologie che i "knowledge worker" usano per comunicare cadono in due categorie. La prima consiste nei "canali" - come mail e Messaggistica Istantanea - dove c'e' la massima liberta' di creare e distribuire informazioni, ma queste informazioni hanno una "bassa circolazione" (limitata alle sole persone coinvolte nel singolo flusso, spesso limitata solo a due o pochissime persone). La seconda categoria comprende le "intranet" e le "extranet" (siti istituzionali dell'azienda - sezione documentazione, eventualmente ad accesso limitato - oppure "portali informativi" per dipendenti e partner), cosiddetti "silos", dove la generazione delle informazioni, o almeno l'approvazione, e' in carico ad un limitato gruppo di persone autorizzate, e d'altra parte l'accesso e' consentito in generale, previa regolazione, ad un elevato numero di persone.

Modello SECI di Nonaka Takeusci, 1995Negli anni passati e fino ad oggi, alcuni sistemi di knowledge management (strumenti e metodi organizzativi) hanno tentato di combinare questi due approcci, cercando di estrarre la "conoscenza" dall'attivita' quotidiana, e cristallizzandola in oggetti che fossero di comune e stabile riferimento. Il risultato di questi tentativi pero' e' stato piuttosto ridotto, e accettabile solo in casi ben determinati, a causa delle difficolta' e dei vincoli emersi in tutto il processo: quali motivare le persone a condividere la propria conoscenza, "farla emergere" in modo da renderne possibile il riutilizzo, congelarla nel tempo e al di fuori dei contesti di riferimento, classificarla in modo comprensibile ed utile per tutti e semplificarne l'accesso... Inoltre dal punto di vista strettamente tecnologico, gli strumenti a disposizione (email, intranet...) si sono dimostrati "poco pratici": la quantita' di mail e' soverchiante lo stretto necessario; ritrovare le informazioni nella enorme quantita' di documenti e messaggi archiviati e' come cercare un ago nel pagliaio.

Andrew McAfeeNel frattempo, si sono rese disponibili nuove tecnologie, basate sul "modello a rete", che prevedono la libera e spontanea partecipazione delle persone, che quindi comunicano e collaborano con generosita', e con un approccio "pratico", tale da favorire effettivamente sia la generazione che il riutilizzo delle informazioni e della conoscenza. Queste tecnologie hanno preso corpo mentre Internet diventava sempre piu' accessibile a chiunque, per le ridotte competenze tecniche richieste, per i costi di accesso azzerati o quasi, per il raggiungimento di una massa critica che ha motivato sempre piu' persone alla partecipazione. Questa nuova "fase" nello sviluppo di Internet e' nota col nome di "Web 2.0", e per analogia Andrew McAfee - professore ad Harvard dal 1998, in Technology and Operations Management - ha usato per la prima volta nel 2006, il termine "Enterprise 2.0", riferendosi alla possibilita' di utilizzare in azienda il "modello a rete" e le tecnologie che lo abilitano. Da allora numerose aziende hanno abbracciato con successo tale approccio, e alcune anche in Italia.

reti socialiCome con "Web 2.0" si intende ormai una combinazione di persone (innanzi tutto), tecnologia, e organizzazione (questa limitata a semplici forme di collaborazione), e i "contenuti" (informazione e conoscenza) sono un'appendice delle stesse persone, cosi' il modello a rete in azienda (Enterprise 2.0) consiste in una fondamentale rivalutazione del ruolo centrale delle persone, e nell'adozione di strumenti e modelli organizzativi molto semplici, capaci di facilitare la comunicazione e la relazione tra i professionisti, e liberare il potenziale di creativita', conoscenza e intelligenza, sia nella operativita' che nei momenti decisionali.

Post Consumer EraInoltre il "Web 2.0" sta permettendo una trasformazione importante del modo di comunicare e relazionare nella societa' civile: nessun settore rimane escluso, dall'accesso alle informazioni (stampa, televisione), all'entertainment (musica, video), alla formazione, alla politica, ... e in tutti quei campi in cui il consumatore finale si informa sul prodotto o servizio da acquistare. Dunque per un'azienda e' indispensabile prendere in seria considerazione le dinamiche relazionali a cui i propri clienti sono sempre piu' familiari, per poter continuare ad avvicinarli e farsi conoscere e preferire. Ne segue che nell'approccio al mercato e nella comunicazione a carattere commerciale e' sempre piu' cruciale avere una buona conoscenza degli strumenti e soprattutto del modello "Web 2.0": in questo senso l'Enterprise 2.0 comprende anche l'importante capitolo del cosiddetto "marketing non convenzionale".

Oltre che rappresentare una appropriata risposta al problema della gestione delle informazioni e della conoscenza, della comunicazione all'interno e all'esterno dell'azienda, e del supporto alle decisioni in azienda, il Web 2.0 e' anche ormai un modello di socializzazione ed interazione, sempre piu' familiare, se non imprescindibile, per una fascia consistente della popolazione, e quindi dei professionisti in azienda. Certamente i piu' giovani, considdetti "nativi digitali", non concepiscono nemmeno l'idea di fare a meno di certi strumenti e della modalita' di relazione che essi comportano, ma non va dimenticato che la fascia di utenti che si servono di Internet, che cresce piu' velocemente, e' proprio quella dei "senior". Quindi, in azienda, il modello a rete e le sue tecnologie abilitanti (Enterprise 2.0) non sono solo convenienti, ma sempre piu' spesso una realta' emergente "dal basso" a cui non e' possibile contrastare una scelta di chiusura. Tutto questo porta alla opportunita' e alla necessita' di fare leva su questo potente modello a rete, e di acquisire al piu' presto una buona consapevolezza - in sostanza qui e' richiesto un cambiamento culturale - per poter beneficiare degli aspetti positivi senza subire quelli negativi, e soprattutto prima dei propri concorrenti.

[Questo articolo e' da pubblicare nel blog "Laboratorio Enterprise 2.0" che accompagna l'omonimo seminario organizzato da Confindustria Padova, il 12/5 alle 16:45 nella sede di Via Masini 2, a Padova.]

lunedì 19 novembre 2007

(Ri)Pensare il marketing nelle PMI: strategia e tattica

[Reblog dal blog di Marketing Agora']

Rispondo qui ad alcuni spunti di PierLuca Santoro, ricucendoli. Uno quando segnala il caso di coalition marketing al Centro Commerciale Le Torrette (BG). L'altro quando cita Lorenzo Biscontin, che, specie dopo aver sentito Kotler a Milano, ripensa l'Ufficio Marketing dopo che in questi anni ha avuto sempre meno valore strategico ed e' stato concentrato/disperso sulla tattica (almeno un 20% di strategia, consiglia Kotler, evidentemente siamo molto sotto). Li', PierLuca si sofferma soprattutto sull'aspetto organizzativo. Un altro ancora quando rimanda alle ultime dichiarazioni di Levy, CEO di Publicis, tra le quali, riferendosi agli scarsi risultati di Facebook in termini di ricavi da pubblicita', c'e' anche "Io non sono sicuro che noi abbiamo trovato il modo migliore per comunicare con questi utenti".

Concordo con PierLuca sulla necessita' di "allineare" il business e la sua immagine sul mercato, e che nel web2.0 questo sia sempre piu' urgente. Anzi aggiungo: se il web2.0 e' solo il modo per trasferire questa immagine al mercato, allora il web2.0 fa parte della tattica. Se invece l'azienda si ristruttura in funzione della relazione col cliente, impostata stile web2.0, allora il web2.0 fa parte della strategia.

In entrambi i casi, il fatto che le PMI italiane non abbiano una vera organizzazione (verissimo) non mi sembra pertinente. Non vedo un problema di dimensione.
In una PMI servirebbe (1) una maggiore sensibilita' da parte dell'imprenditore a questi temi (e quindi la decisione di adottare l'approccio web2.0 almeno nella tattica se non nella strategia), e (2) una maggiore padronanza del linguaggio necessario per rivolgersi all'esterno dell'azienda da parte del responsabile commerciale. Ne seguirebbe cosi' un migliore coordinamento tra imprenditore (azienda) e responsabile commerciale (comunicazione verso il mercato), anche in un'azienda "micro" con meno di 10 dipendenti.

Il consorzio di imprese indirizza in parte il gap di cui sopra. Infatti e' vero che puo' garantire un responsabile marketing commerciale in outsourcing, e quindi a costo condiviso, ma bisogna vedere di che tipo di consorzio stiamo parlando. I distretti infatti non sono certo una novita': quelli sono mono-settore, spesso organizzati in filiera: [edit 20/11 15:00] il marketing di chi sta nel mezzo della filiera e' molto diverso da quello necessario per chi ha di fronte l'utente finale. L'esempio del Centro Torrette, invece, [edit 20/11 15:00] e' un consorzio tra negozi, siamo quindi nel retail, e qui il servizio marketing commerciale e' in realta' un "servizio del gestore della rete di vendita". Se poi la rete e' gestita da una "coalizione" invece che da un big player, non per questo quel tipo di marketing risulta diverso da quello tradizionale. [edit 20/11 15:00] Si possono pero' trovare migliori esempi di "coalition marketing" in cui aziende produttrici si consorziano dando vita ad una comune Agenzia marketing commerciale, grazie alla quale affrontare compatti mercati internazionali (soprattutto) con un budget condiviso.

Verrebbe comunque indirizzato cosi' solo il punto 2 di cui sopra, non necessariamente in "modo non convenzionale", e anche se fosse, il web2.0 sarebbe usato come strumento tattico (niente di quel 20% di strategia, che Kotler raccomanda).

La maggior sensibilita' del piccolo imprenditore rimane il punto piu' cruciale. Certamente c'e' un problema di informazione: spesso non sa nemmeno che esiste il web2.0. Sa che esiste un marketing tradizionale (1.0), i cui costi non sono alla sua portata, e i cui risultati sono spesso discutibili: quindi pensa, perche' un eventuale web2.0 dovrebbe essere piu' interessante ?

Ma se alle sue orecchie fini non arriva la voce che il web2.0 funziona, e in particolare per le PMI, e' perche' la "voce" che gira e' un'altra, come ha dichiarato Levy, appunto. (Il quale probabilmente ha qualche motivo per gettare acqua fredda sulla corsa del web2.0). Ne ho conosciuto molti che hanno gia' capito quello che Dave Winer ha profetizzato, parlando di OpenSocial: "la “pubblicita’ e’ destinata ad essere ricondotta a informazione, niente di piu'".

La questione quindi e' quando un approccio 2.0 al mercato sara' veramente strategico per la PMI. Se pensiamo che sia gia' oggi, bisogna dimostrarlo: ci vogliono esempi e numeri. Il piccolo imprenditore non ha budget per "atti di fede", in un campo cosi' lontano da quello che gli e' consueto.