Quando ho scritto il precedente articolo il tempo trascorso dal TwitterCamp era ancora breve, e il follow-up in rete doveva ancora svilupparsi.
Man mano che le ore passavano e' diventato sempre piu' chiaro che il Twittercamp ha aperto alcune linee di discussione (purtroppo trasformate da alcuni in occasioni di conflitto, ma tralasciamo). Le ha aperte intenzionalmente, ma soprattutto 'inevitabilmente'. Questa e' la ragione perche' dico che il Twittercamp e' stato un successo.
Controprova: mercoledi scorso il mega-evento Microsoft, con la partecipazione straordinaria di Steve Ballmer, di cui si e' parlato moltissimo prima e durante, ma da cui in proporzione non e' emerso quasi nulla, se non che presto dovro' fornire i miei interests e i miei friends alla lavatrice se no non mi lava le mutande. Praticamente nessuna discussione sugli spunti offerti nella presentazione, salvo i doverosi articoli sul main stream e qualche annoiato commento dal basso, ma su questo tornero' sopra un'altra volta.
Dunque mentre i big player sono piu' interessati ad un'evoluzione del web verso le macchine (spingono perche' web3.0 singifichi questo), il popolo della rete e dei barcamp e' invece naturalmente propenso a discutere un'evoluzione del web verso le persone. E quindi un'evoluzione piu' confusa, chiassosa, polemica. Specie qui in Italia (purtroppo).
Perche' alla fine sono le persone che contano. Anch'io, cara Catepol, lo vado ripetendo da tempo, auspicando un nuovo umanesimo.
Piu' di qualche tema mi e' rimasto nel retro-cervello e ho visto emergere dalle discussioni in rete. Li affrontero' con post separati.
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venerdì 25 aprile 2008
domenica 20 aprile 2008
Twittercamp: un-conference e interviste in webtv
Come avete notato nelle ultime due settimane ho partecipato con grande disponbilita' al gioco di Twitter, e l'intenzione era quella di arrivare al TwitterCamp con 'cognizione di causa'. Il TwitterCamp mi ha poi convinto che questo approccio non e' stato inutile, e' stato quasi alieno.
'Cognizione di causa' e' proprio la prima cosa su cui voglio portare l'attenzione. Dopo aver sentito molto parlare 'pour parler', all'insegna del legittimo 'ognuno deve poter esprimere la propria opinione', mi sono chiesto quando e' stata persa definitivamente la 'cognizione di causa', cioe' quel buon livello di conoscenza ed esperienza delle cose che ci permette di comprendere il meccanismo logico per cui le stesse cose succedono, e quindi come eventualmente modificarlo migliorarlo e indirizzarlo secondo i nostri desideri e obiettivi. Non so dove e quando e' andata perduta, certamente un po' dappertutto e da molto tempo ormai.
Le 'un-conference' mi sembrano una inevitabile conseguenza di questo. Cos'e' una un-conference? Nella sostanza non dovrebbero essere diverse dalle conferenze ufficiali, quelle in cui alcune poche persone piu' qualificate riportano in sintesi la propria analisi e le ultime valutazioni indicative di una prospettiva nel futuro, e altre persone certamente interessate all'argomento pongono poche domande per approfondire un proprio interesse o sciogliere una propria incomprensione. Rispetto a quelle, pero', dovrebbero essere innanzitutto piu' informali, non dovrebbero impedire a chi 'tiene' la conferenza di essere esperto ma senza particolari riconoscimenti pubblici, e dovrebbero essere molto piu' aperte allo scambio di domande e risposte, fino al punto di cambiare focus in corso d'opera.
Ma cio' che dovrebbe essere per definizione non e'. Almeno non ieri al TwitterCamp. L'un-conference che ho visto la mattina e' stata tenuta da qualcuno che certamente aveva piu' esperienza della media dei presenti, ma che pero' non l'ha testimoniata; le valutazioni sono state ridotte ad alcune parole slogan, che come tali hanno generato reazioni di pancia nella platea, non di testa; le riflessioni sono state appena accennate e subito presentate alla platea come domande aperte sull'ignoto; la presentazione stessa era certamente informale, ma direi che ha proprio contravvenuto sistematicamente ad ogni elementare regola di comunicazione chiara efficace ed avvincente. Conseguenze sono state un generale disorientamente sui temi trattati, uno scarso dibattito in aula, una noia mortale.
Lungi dall'essere una critica alla persona che ha tenuto la un-conference, questa vuole essere una critica al concetto stesso di un-conference. Se devono essere un modo per portare sul palco persone che normalmente non avrebbero l'occasione per farlo, pur essendo invece interessante sentirle, ben vengano. Se devono essere occasioni per un dibattito animato pur avviato e indirizzato da una presentazione preliminare, invece che quei pedanti monologhi in cui generalmente si risolvono le conferenze tradizionali, ben vengano. Ma per carita', non si rinunci ad offrire l'occasione a chi ha veramente qualcosa da dire, e soprattutto un'esperienza da riportare; non si abbandoni una certa tecnica di comunicazione, perche' di questo alla fin fine si tratta; non si trascuri il fatto che il fuoco dei dibattiti va comunque acceso, avviato e in qualche modo anche controllato, affinche' non si traduca tutto in collezione di interventi totalmente disgiunti, in cui ciascuno segue un proprio filo di pensieri, e che prima tardano noiosamente a partire e poi finiscono per affollarsi nella confusione generale.
Contraltare delle un-conference (e ho fatto riferimento soprattutto a quella della tarda mattinata) sono state le 'interviste' per la web tv del TwitterCamp, che erano in streaming sul sito. Le persone coinvolte di volta in volta erano due o tre, e l'intervistatore non era generalmente una figura 'esterna'. La presenza della telecamera rappresentava un monito a dare il meglio di se' che il palco e il microfono dell'un-conference ormai non riescono piu' ad esercitare. Un buon intervistatore (la qualita' delle domande e' stata spesso superiore a quella delle risposte) e intervistati appassionati le hanno spesso trasformate in quell' 'angolo delle idee', visto che il TwitterCamp non e' stato complessivamente il luogo delle idee.
Unico neo dell'intervista e' l'assenza di un dibattito, la possibilita' di uscire anche inaspettatamente dalla pista tracciata. Ma tant'e' non mi pare che questo sia accaduto altrove, e nel minestrone generale di chiacchiere twit post e quant'altro, quelle mi sono sembrati gli unici momenti in cui qualcosa e' stato detto.
'Cognizione di causa' e' proprio la prima cosa su cui voglio portare l'attenzione. Dopo aver sentito molto parlare 'pour parler', all'insegna del legittimo 'ognuno deve poter esprimere la propria opinione', mi sono chiesto quando e' stata persa definitivamente la 'cognizione di causa', cioe' quel buon livello di conoscenza ed esperienza delle cose che ci permette di comprendere il meccanismo logico per cui le stesse cose succedono, e quindi come eventualmente modificarlo migliorarlo e indirizzarlo secondo i nostri desideri e obiettivi. Non so dove e quando e' andata perduta, certamente un po' dappertutto e da molto tempo ormai.
Le 'un-conference' mi sembrano una inevitabile conseguenza di questo. Cos'e' una un-conference? Nella sostanza non dovrebbero essere diverse dalle conferenze ufficiali, quelle in cui alcune poche persone piu' qualificate riportano in sintesi la propria analisi e le ultime valutazioni indicative di una prospettiva nel futuro, e altre persone certamente interessate all'argomento pongono poche domande per approfondire un proprio interesse o sciogliere una propria incomprensione. Rispetto a quelle, pero', dovrebbero essere innanzitutto piu' informali, non dovrebbero impedire a chi 'tiene' la conferenza di essere esperto ma senza particolari riconoscimenti pubblici, e dovrebbero essere molto piu' aperte allo scambio di domande e risposte, fino al punto di cambiare focus in corso d'opera.
Ma cio' che dovrebbe essere per definizione non e'. Almeno non ieri al TwitterCamp. L'un-conference che ho visto la mattina e' stata tenuta da qualcuno che certamente aveva piu' esperienza della media dei presenti, ma che pero' non l'ha testimoniata; le valutazioni sono state ridotte ad alcune parole slogan, che come tali hanno generato reazioni di pancia nella platea, non di testa; le riflessioni sono state appena accennate e subito presentate alla platea come domande aperte sull'ignoto; la presentazione stessa era certamente informale, ma direi che ha proprio contravvenuto sistematicamente ad ogni elementare regola di comunicazione chiara efficace ed avvincente. Conseguenze sono state un generale disorientamente sui temi trattati, uno scarso dibattito in aula, una noia mortale.
Lungi dall'essere una critica alla persona che ha tenuto la un-conference, questa vuole essere una critica al concetto stesso di un-conference. Se devono essere un modo per portare sul palco persone che normalmente non avrebbero l'occasione per farlo, pur essendo invece interessante sentirle, ben vengano. Se devono essere occasioni per un dibattito animato pur avviato e indirizzato da una presentazione preliminare, invece che quei pedanti monologhi in cui generalmente si risolvono le conferenze tradizionali, ben vengano. Ma per carita', non si rinunci ad offrire l'occasione a chi ha veramente qualcosa da dire, e soprattutto un'esperienza da riportare; non si abbandoni una certa tecnica di comunicazione, perche' di questo alla fin fine si tratta; non si trascuri il fatto che il fuoco dei dibattiti va comunque acceso, avviato e in qualche modo anche controllato, affinche' non si traduca tutto in collezione di interventi totalmente disgiunti, in cui ciascuno segue un proprio filo di pensieri, e che prima tardano noiosamente a partire e poi finiscono per affollarsi nella confusione generale.
Contraltare delle un-conference (e ho fatto riferimento soprattutto a quella della tarda mattinata) sono state le 'interviste' per la web tv del TwitterCamp, che erano in streaming sul sito. Le persone coinvolte di volta in volta erano due o tre, e l'intervistatore non era generalmente una figura 'esterna'. La presenza della telecamera rappresentava un monito a dare il meglio di se' che il palco e il microfono dell'un-conference ormai non riescono piu' ad esercitare. Un buon intervistatore (la qualita' delle domande e' stata spesso superiore a quella delle risposte) e intervistati appassionati le hanno spesso trasformate in quell' 'angolo delle idee', visto che il TwitterCamp non e' stato complessivamente il luogo delle idee.
Unico neo dell'intervista e' l'assenza di un dibattito, la possibilita' di uscire anche inaspettatamente dalla pista tracciata. Ma tant'e' non mi pare che questo sia accaduto altrove, e nel minestrone generale di chiacchiere twit post e quant'altro, quelle mi sono sembrati gli unici momenti in cui qualcosa e' stato detto.
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