sabato 19 settembre 2015

Lean, Digital, e l'importanza sempre maggiore dei servizi

Irving Wladawsky BergerCome scrive bene Irving Wladawsky-Berger, il settore dei servizi è orientato alla loro fruizione ("consumption"), e quindi profondamente alle persone. Persone sono coloro che li erogano, e persone coloro che ne fruiscono. E dunque l'obiettivo principale nella progettazione di un buon servizio è quello di costruire la migliore  "customer experience". Qualunque organizzazione che eroga servizi, sia essa un'azienda, un ospedale o una pubblica amministrazione, dovrebbe quindi puntare a migliorare il servizio al cliente, in termini di qualità ed efficienza.

Il settore dei servizi è innanzi tutto il più ampio a livello mondiale (circa il doppio di quello industriale), una percentuale che aumenta nei paesi più sviluppati (e raggiunge il suo massimo negli USA). Inoltre è in continua crescita la quota di fatturato dovuto a servizi, anche nello stesso settore industriale. In particolare una grossa spinta a questa crescita è stata resa possibile dalla diffusione delle tecnologie (del'informazione soprattutto) e quindi della Rete, che si può dire che abbiano rappresentato quello che il motore a vapore rappresentò per la Rivoluzione Industriale. E questo conferma come sia ancora un settore "immaturo", certamente rispetto a quello industriale.

fonte: World BankLe organizzazioni finalizzate all'erogazione dei servizi hanno caratteristiche distintive: nonostante siano dotate (spesso) di importanti infastrutture tecnologiche, la componente "people" rimane sempre la più consistente e critica. Ed è anche l'origine delle principali differenze rispetto ai sistemi produttivi industriali (che producono beni fisici in larga scala). Le persone introducono estrema variabilità: in altri termini, "i componenti" fondamentali di questi sistemi cambiano in continuazione; sono "emergenti" e imprevedibili; la loro progettazione, analisi e gestione richiede continua innovazione.

Fortunatamente le stesse tecnologie mettono a disposizione anche gli strumenti per rispondere a questa enorme domanda di contenimento dell'incertezza: possiamo raccogliere grandi quantità di informazioni, proprio attraverso l'interazione con le piattaforme tecnologiche a supporto di comunicazione e collaborazione; possiamo farlo in tempo reale, quindi possiamo interagire più strettamente, e possiamo perfino tentare un accompagnamento; possiamo analizzare ed elaborare queste informazioni in modo più rapido e approfondito; possiamo prendere quindi decisioni più solide.

Brian SolisD'altra parte, usando le parole di Brian Solis, in apertura del report di Altimeter Group, dal titolo significativo "Why and How Companies are Investing in New Business Models to Lead Digital Customer Experiences",
la "Digital Transformation" non riguarda semplicemente l'aumento degli investimenti in tecnologia e la gestione del loro impatto sull'organizzazione, ma consiste in una maggiore focalizzazione sul cliente e sul lato umano del business. 
Il report ha, a mio parere, il difetto di partire dalla Digital Transformation (anche se il dna dell'istituto non lascia dubbi al riguardo), e quindi rischia di soffermarsi sulla sua necessità, senza approfondire a sufficienza le cause e gli obiettivi, e dunque travisando a volte anche il "come". Nonostante questo, in esso viene esplicitato come le persone siano al centro (l'allineamento economia e società sta ritornando) mai come prima; le aziende stanno rivedendo i propri modelli di business in termini di focalizzazione sul cliente; e le tecnologie stanno dando un supporto in termini di supporto all'interazione, raccolta di informazioni e loro elaborazione, difficilmente immaginabile pochi anni fa.

Cecil DijouxQuando si pone l'attenzione sui clienti, i "clienti digitali" ne ottengono di più. Questi non sono diversi dagli altri clienti, ma per fatto che sono "digitali" risultano anche più facilmente osservabili, misurabili, comprensibili. I modelli di comportamento dei clienti digitali diventano anzi driver per indirizzare nuovi modelli di business. Comunque sia, digitali o no, man mano che le aziende focalizzano maggiormente sui clienti, intraprendono una inevitabile trasformazione: cambia l'approccio manageriale, spostandosi dal controllo al coaching; cambia l'atteggiamento dei leader che hanno il compito di osservare e confrontarsi con la realtà circostante, e facilitare il corretto allineamento del team; i problemi vanno risolti quando e dove ricorrono; le catene del valore vanno identificate, snellite e fluidificate, rimuovendo sprechi e migliorando la qualità; la produzione viene limitata a serie ridotte, e vengono facilitati esperimenti innovativi; viene coltivata la capacità di apprendere da parte del team, per ridurre l'incertezza e facilitare migliori decisioni. Anche Cecil Dijoux riconosce in tutto questo, una roadmap tipicamente lean, che può essere proposta per la digital transformation. Arriva ad auspicare l'applicazione di un "digital kaizen" per rendere gli obiettivi della digitalizzazione meno soverchianti e più accessibili.

[Pubblicato anche sul mio Linkedin Blog, e su Medium.com, il 2/10/15]

mercoledì 2 settembre 2015

La gentilezza come fattore strategico nello sviluppo di business ecosistemici

Recentemente ho avuto modo di frequentare numerose volte ospedali, ambulatori medici, laboratori di analisi. Un giorno mi sono presentato ad un laboratorio dell'ospedale per un'esame che richiedeva l'utilizzo di un semplice strumento per raccogliere autonomamente un campione organico. L'operatore, dopo essersi consultato con dei colleghi, me ne consegna due, e congedandomi sbrigativamente, mi raccomanda, per errore, di tornare solo con uno dei due. L'indomani mi presento al laboratorio come da indicazioni del giorno prima. L'operatrice, gentilissima, accetta di ricevermi anche fuori orario. Avverto subito che non ho con me l'impegnativa cartacea, ma solo quella elettronica sul telefonino: "Non mi basta", dice subito. Non prende nemmeno in considerazione quella elettronica. Ritorno a casa e poi di nuovo al laboratorio. Appena letta l'impegnativa, immediatamente mi dice: "Per questo esame mi servono entrambi gli strumenti utilizzati". Al terzo giro riesco a farmi fare le analisi. Non potevano dirmi inizialmente, nell'incertezza (se mai ce ne fosse stata) di assegnarmi lo strumento giusto, che era meglio riconsegnare entrambi gli strumenti? Non potevano leggere l'impegnativa al primo giro e parallelizzare alcuni passi della procedura? 

Trovo questo episodio particolarmente significativo: l'operatrice è stata gentile nei modi, ma devo giudicare il servizio erogato proprio insoddisfacente.

Sono io, il paziente, che devo adoperarmi perché tu operatore possa eseguire le analisi con il minore impegno di tempo, ritornando quando è tutto pronto perché tu possa fare il tuo lavoro? Come essere soddisfatti di un servizio che conteggia i tempi di un passaggio in ospedale come trascurabili, rispetto a quelli necessari per comprendere la situazione e dare le più opportune indicazioni?

Fa piacere avere a che fare con un'operatrice che gentilmente ti riceve anche se l'orario è scaduto, ma occorre una "gentilezza a livello di modello di business", non solo a livello personale. La responsabilità è percepita ancora in capo all'operatrice stessa. In realtà è da addebitare alla cultura aziendale (dell'ospedale) a cui l'operatrice si è conformata, e alle procedure che conseguono. Gli esami giustificano il lavoro del personale del laboratorio, e la remuneratività dell'intera struttura: le procedure si basano evidentemente su logiche e metriche stabilite dalla direzione medica e dall'amministrazione. Gli esami sono il valore in questo sistema, non i pazienti. E per il paziente (cliente) resta la sensazione di essere trattato con arroganza.

Sull'importanza di "ascoltare il cliente", proprio empaticamente, ho già avuto modo di insistere scrivendo di lean thinking e design thinking. Come l'arroganza è sintomatica dell'incapacità di ascolto e dell'intransigenza, così la gentilezza lo è della capacità di ascolto e quindi di servizio. Non è possibile realizzare la "Lean Consumption" e quindi la "Lean Provision" senza saper essere gentili, e se sarà l'impegno con tecniche e metodi a permettervi di realizzarla, di voi si dirà probabilmente che siete diventati (più) gentili. In questa occasione voglio insistere proprio sul concetto di gentilezza, e portarlo all'interno del business model

Jonathan BarnbrookNon è un caso, quindi, che mi abbiano colpito nei giorni scorsi i post di Arianna Chieli, che riflette sull'abbruttimento nei rapporti priv(at)i di gentilezza, e di Mafe De Baggis che ricorda quanto la gentilezza sia legata alla capacità di comprendere (e apprezzare) l'altro, che sia il tuo cliente o il tuo fornitore (e tutti noi siamo clienti e fornitori al tempo stesso). Ma ho trovato pertinente soprattutto la segnalazione di Roberta Zantedeschi, che riporta proprio all'importanza della gentilezza nel service design con le parole di Jonathan Barnbrook, in occasione della sua Honorary Fellowship alla Central Saint Martin's University of the Arts di Londra:
Il primo consiglio è la cosa più importante che ho imparato in trenta anni di lavoro - e quindi dovrebbe essere un consiglio importante. Ed è - attenzione - siate gentili.

Tutto qui. Siate delle persone gentili. E sapete perché? Perché la vostra personalità, alla fine, conta più del vostro portfolio. Lavorare nel design significa lavorare con altri esseri umani, e l’umanità, l’umiltà e la positività sono cose altrettanto importanti dei vostri progetti e delle vostre idee. Sono queste cose a spingervi avanti, e che vi permettono di far accettare le vostre idee più estreme e pericolose.
Dico subito che non mi riferisco al taglio che hanno dato Linda Kaplan Thaler e Robin Koval, rispettivamente CEO e Presidente di una grande agenzia pubblicitaria americana, nel loro libro "The Power of Nice" (2011), in cui si dimostra "come le aziende "gentili" hanno meno turnover tra i dipendenti, più bassi costi di ricerca di personale qualificato e una più alta produttività. Per contro le persone gentili vivono più a lungo, godono di una salute migliore e fanno più soldi. Nel mondo interconnesso di oggi, aziende e persone con una reputazione di propensione alla collaborazione e alla correttezza, hanno la capacità di generare e mantenere le relazioni giuste per creare le migliori opportunità, sia nel business che nella vita.". Ecco, non credo si tratti solo di buone maniere e clima aziendale, anche se indubbiamente tutto questo ha il suo peso.

Nell'ultimo libro "Value Proposition Design", Alex Osterwalder e i suoi hanno messo in grande evidenza come il punto di partenza di una nuova impresa, o la trasformazione importante di un business già avviato, sia la profilazione del cliente. Occorre comprendere (e raccogliere nell'apposito canvas) le attività, i rischi e le preoccupazioni, i desiderata e le opportunità del cliente (jobs, pains and gains). Anche se vengono proposti numerosi strumenti di indagine, la capacità di estroversione e di condurre conversazioni comfortevoli, empatiche, ed efficaci con i futuri clienti, rimane uno degli skill cruciali. Questo approccio non vale solo nello sviluppo di nuovi business, ma anche nella trasformazione di aziende già avviate, e nella progettazione di iniziative con largo impatto sociale. L'empatia sta diventando dunque uno strumento fondamentale per il riallineamento tra economia e società, e per la trasformazione virtuosa di entrambi.

Eppure credo che la gentilezza presupponga l'empatia, andando oltre. Ho potuto trascorrere qualche giorno di vacanza in montagna, in una regione (la ladinia) nota per la diffusa cultura dell'accoglienza e della collaborazione: possiamo usare l'espressione "cultura del servizio". La qualità della vita in questa regione è evidentemente maggiore rispetto a quelle confinanti: il veneto e il trentino alto adige. La si riconosce camminando per i paesi, parlando con la gente, usufruendo dei servizi pubblici e privati. Si percepisce una comune disponibilità alla comprensione delle esigenze e preoccupazioni dei turisti, ma in realtà anche un profondo senso di comunità. Complice forse la radice retoromanza della loro lingua, la sensazione è proprio quella di essere accolti in quella comunità. 

Da quel senso di appartenenza ad una (unica) "gente", ho capito l'importanza della "gentilezza" in relazione alla cultura del servizio. Certamente, in base all'empatia, io, cliente, ho potuto trovare comprensione e soluzioni adeguate, ma ho potuto godere di un senso di collettività che non ha bisogno di riconoscere opportunità di business, o richieste di assistenza, per manifestarsi. Facciamo parte della stessa comunità, quindi non uno serve l'altro, ma tutti ci serviamo insieme. Ritornerò in ladinia, ma non solo perché mi hanno trattato bene: la sensazione era che stessimo bene insieme tutti. Che è poi il principale motore di sviluppo di un'economia e una società allineate.