mercoledì 23 dicembre 2009
Auguri di Buon Natale e Felice Nuovo Umanesimo
Amici carissimi, vorrei che il mio augurio vi arrivi come questa madonna del Mantegna, senza retorica e finto sfavillio, eppure cosi' intenso e sicero come lo sguardo di lei, caldo e avvolgente come la stretta al petto e il grande mantello intorno, dolce e protettivo come la mano che regge la piccola testa. Non rituale e simbolico, come questa nativita' e' semplicemente la documentazione di una giovane donna dai riccioli voluttuosi, assorta in un momento quotidiano col suo piccolo. E proprio cosi' spero che il 2010 vi raggiunga, come quel marmocchio: in un sonno sereno, con gli occhi socchiusi, la boccuccia sospesa e il ditino indipendente. E nello stesso modo in cui le guance rubiconde del bimbo, cosi' paffute da confondere il mento, e i quieti capelli composti, cosi' come la corposita' del busto di lei, cosi' concreto e pratico, e il viraggio ramato che tutto domina e unisce i cappelli di entrambi e il mantello, sono un presagio che al risveglio seguiranno certamente pianti corse e risate, piu' probabilmente che silenzi adoranti e sguardi timorati, cosi' io vi auguro che il 2010 appena destato, vi riconosca pieni di energia interiore e irrefrenabilmente determinati a riempire geometricamente il vostro spazio, con la vostra umanissima vitale presenza.
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domenica 29 novembre 2009
La blogosfera logorata dal potere, che non ha
Qualche giorno fa, nella socialsfera ci si e' posti un po' piu' intenzionalmente il tema della "concretezza" del dibattito in rete. In realta' questo succede da anni, nella blogosfera, con ritmo piu' o meno regolare.
Qualcuno l'ha buttata sui tecnicismi.
Personalmente sono convinto che la tecnologia e' abilitante, ma non puo' sostituire la capacita' delle persone. Pero' il concetto di "platform" deve raffreddare gli entusiasmi di certi geek, ma deve anche essere un monito per i piu' "umanisti". Grazie a piattaforme che hanno proprio lo scopo di rendere facile lo sviluppo di soluzioni e servizi, ormai la tecnologia rientra nella cassetta degli attrezzi di chiunque, per comunicare e fare, insieme al dizionario e alla formazione di base (ok, qui c'e' dell'utopia, e' ovvio). D'altra parte, come ricorda Ross Mayfield, le persone sono la vera piattaforma.
Qualcuno l'ha buttata sull'italianita'.
Ora, che gli italiani debbano sempre disprezzarsi "collettivamente", pur ritenendosi ciascuno una "provvidenziale eccezione", e' un noto luogo comune. Certamente ci sono alcuni aspetti culturali, e penso che debbano essere identificati con lucidita', se ce ne vogliamo affrancare progressivamente (ammesso che sia possibile). Non mi ritrovo tanto nella teoria che gli italiani hanno una maggiore inclinazione agli aspetti puramente conversazionali (intendendo con questo dotte disquisizioni, ma anche spesso sano e insano cazzeggio, inclusi sterili flame tra fazioni contrapposte), rispetto alla "cultura del fare", apparentemente piu' nordica (no, qui non si intende "padana", ma proprio del nord del globo, essendo noi italiani tutti, stando a questa teoria, "i terroni del globo").
Leggendo anche i commenti che sono stati fatti in questi ultimi giorni, io trovo che una delle infezioni croniche di cui soffriamo come paese, e' rappresentata dai bassi valori di "cultura di servizio" e quindi dall'alta concentrazione di "cultura del potere". Riscaldati dal sole del bel paese, in una terra che dispensa gratuitamente buonissimi e bellissimi frutti da godere col palato e con la vista, coccolati da una storia millenaria che ci consegna un preziosissimo patrimonio culturale e artistico, gravati da secoli di politica padronale e ignari del fuoco di vere rivoluzioni civili, noi italiani non siamo tanto preoccupati a risolvere i problemi che sopraggiungono, quanto a (creare e a) conservare le rendite di posizione.
Tutto, in Italia, diventa una questione di potere, e la socialsfera non ne e' esente. Per certi versi e' anche logico: dove la societa' civile ti costringe a sperimentare ogni giorno, un clima opprimente di subordinazione a poteri dominanti (lo stato con quelle leggi e quelle tasse, e quell'inefficienza; l'azienda con gli oneri e la mancanza di onori, e con carriere poco meritocratiche; la vita quotidiana in citta' continuamente offesa dalle prevaricazioni di furbetti e bulletti...), quando viene finalmente offerta la possibilita' di "realizzare" un modello di organizzazione sociale nuovo - in internet - non stupisce che affiori la mancanza di competenza e l'incapacita' di visione, e quindi che si scatenino anche i comportamenti piu' "piccoli" e discutibili, che alla fine finiscono per perpetrare quegli schemi sociali da cui ci si dovrebbe emancipare.
Non mi stupisce quindi, che la proposta di avviare attivita' piu' costruttive, e quindi piu' incisive nel territorio, abbia sollevato l'entusiasmo di alcuni, ma anche la perplessita' di altri, nella socialsfera, circa la questione del consenso e la questione del vantaggio individuale. Mi sembrano questioni intrecciate tra loro, ed entrambe riconducibili al discorso che stavo facendo sul "chiodo fisso del potere".
Sulla questione del consenso: perche' mai un'iniziativa che sta conquistando partecipazione in rete, dovrebbe essere considerata, con maliziosa sbadataggine, come priva di un necessario consenso ? Chi dovrebbe essere l'ente certificatore, se la partecipazione dal basso non e' sufficiente, considerato che nella fase iniziale non puo' essere certo elevatissima ? ma soprattutto perche' pensare che la certificazione debba arrivare da un ente terzo ? Chi e' il tronista a capo di questo fantomatico "istituto" che si sente defraudato del potere di veto e legittimazione, se il consenso monta dal basso ? soprattutto, siamo veramente preoccupati per il suo dispiacere nel vedere la poltrona che gli vacilla sotto ?
Sulla questione del vantaggio individuale: perche' pensare che un'iniziativa di crescita collettiva, di win win sociale, di emancipazione di una community se non di tutto il paese, debba essere immediatamente (de)classificata a manovra torbidamente affaristica, ovvero motivata da oscure logiche di potere ? se non se ne condividono gli obiettivi e i metodi, basta semplicemente non sottoscriverla, dunque perche' muovere pubblici attacchi a scopo distruttivo, o addirittura velenose insinuazioni dietro le spalle, per forzarne il fallimento ? se c'e' la necessita' di un riferimento, e soprattutto se c'e' la capacita' di esserlo (che altrimenti l'iniziativa non decollerebbe e non arriverebbe ad essere nemmeno "visibile"), perche' il pensiero automatico non va al beneficio che ne ricavano tutti, ma a quello che ne ricavano alcuni ? perche' mettere sullo stesso piano semplici fruitori (e spesso anche detrattori e ostacolatori) e figure dotate di visione e capacita' organizzativa e realizzativa, pretendendo che gli uni e gli altri debbano godere per principio di pari gratificazioni ?
La risposta e' semplice, perche' in Italia la questione e' sempre su chi comanda, e non su cosa di buono si faccia.
Dunque se si avvia un'iniziativa concreta (ma scopro che anche avviare una conversazione di approfondimento comporta lo stesso rischio), per l'italiano medio ci sono solo due prospettive: o esserne il capo, o vederla fallire. A prescindere dal fatto che sia utile o meno. A prescindere dal fatto che ci sia spazio o meno per eventuali alternative. L'Italia, inclusa quella che si riconosce nella socialsfera, e' logorata dal potere, che non ha. E pensare che in questo paese, invece, ci sarebbe spazio per migliaia di iniziative concrete originate dalla socialsfera e con concrete ricadute nel territorio. Ce n'e' un tale bisogno che non importa quanto utili siano effettivamente, basta che a confermare che lo sono almeno un po' sia la stessa comunita' a cui sono indirizzate. Della serie: finiamola con l'autoreferenzialita'.
Se ci fosse una cultura del servizio, automaticamente cadrebbero le soporifere discussioni sui metodi e sulle regole, dal momento che l'unica regola sarebbe quella della "utilita' evidente", e che il metodo verrebbe raffinato di tentativo in tentativo. Se ci fosse una cultura del fare (mediata dalla reticolarita' e dai suoi valori), nessuno si preoccuperebbe del fatto che di volta in volta c'e' un titolare diverso, perche' anzi si innescherebbe una gara, da cui nessuno sarebbe eslcuso a priori, a fare di piu' e meglio (per il bene comune) la volta successiva. Ma soprattutto, se ci fosse una cultura della costruzione di un bene comune, la blogosfera smetterebbe di rammollirsi seduta davanti al computer, e cercherebbe il confronto e la sfida del territorio, in cui portare le soluzioni che internet mette nelle mani delle persone, grazie alla tecnologia e al networking.
Qualcuno l'ha buttata sui tecnicismi.
Personalmente sono convinto che la tecnologia e' abilitante, ma non puo' sostituire la capacita' delle persone. Pero' il concetto di "platform" deve raffreddare gli entusiasmi di certi geek, ma deve anche essere un monito per i piu' "umanisti". Grazie a piattaforme che hanno proprio lo scopo di rendere facile lo sviluppo di soluzioni e servizi, ormai la tecnologia rientra nella cassetta degli attrezzi di chiunque, per comunicare e fare, insieme al dizionario e alla formazione di base (ok, qui c'e' dell'utopia, e' ovvio). D'altra parte, come ricorda Ross Mayfield, le persone sono la vera piattaforma.
Qualcuno l'ha buttata sull'italianita'.
Ora, che gli italiani debbano sempre disprezzarsi "collettivamente", pur ritenendosi ciascuno una "provvidenziale eccezione", e' un noto luogo comune. Certamente ci sono alcuni aspetti culturali, e penso che debbano essere identificati con lucidita', se ce ne vogliamo affrancare progressivamente (ammesso che sia possibile). Non mi ritrovo tanto nella teoria che gli italiani hanno una maggiore inclinazione agli aspetti puramente conversazionali (intendendo con questo dotte disquisizioni, ma anche spesso sano e insano cazzeggio, inclusi sterili flame tra fazioni contrapposte), rispetto alla "cultura del fare", apparentemente piu' nordica (no, qui non si intende "padana", ma proprio del nord del globo, essendo noi italiani tutti, stando a questa teoria, "i terroni del globo").
Leggendo anche i commenti che sono stati fatti in questi ultimi giorni, io trovo che una delle infezioni croniche di cui soffriamo come paese, e' rappresentata dai bassi valori di "cultura di servizio" e quindi dall'alta concentrazione di "cultura del potere". Riscaldati dal sole del bel paese, in una terra che dispensa gratuitamente buonissimi e bellissimi frutti da godere col palato e con la vista, coccolati da una storia millenaria che ci consegna un preziosissimo patrimonio culturale e artistico, gravati da secoli di politica padronale e ignari del fuoco di vere rivoluzioni civili, noi italiani non siamo tanto preoccupati a risolvere i problemi che sopraggiungono, quanto a (creare e a) conservare le rendite di posizione.
Tutto, in Italia, diventa una questione di potere, e la socialsfera non ne e' esente. Per certi versi e' anche logico: dove la societa' civile ti costringe a sperimentare ogni giorno, un clima opprimente di subordinazione a poteri dominanti (lo stato con quelle leggi e quelle tasse, e quell'inefficienza; l'azienda con gli oneri e la mancanza di onori, e con carriere poco meritocratiche; la vita quotidiana in citta' continuamente offesa dalle prevaricazioni di furbetti e bulletti...), quando viene finalmente offerta la possibilita' di "realizzare" un modello di organizzazione sociale nuovo - in internet - non stupisce che affiori la mancanza di competenza e l'incapacita' di visione, e quindi che si scatenino anche i comportamenti piu' "piccoli" e discutibili, che alla fine finiscono per perpetrare quegli schemi sociali da cui ci si dovrebbe emancipare.
Non mi stupisce quindi, che la proposta di avviare attivita' piu' costruttive, e quindi piu' incisive nel territorio, abbia sollevato l'entusiasmo di alcuni, ma anche la perplessita' di altri, nella socialsfera, circa la questione del consenso e la questione del vantaggio individuale. Mi sembrano questioni intrecciate tra loro, ed entrambe riconducibili al discorso che stavo facendo sul "chiodo fisso del potere".
Sulla questione del consenso: perche' mai un'iniziativa che sta conquistando partecipazione in rete, dovrebbe essere considerata, con maliziosa sbadataggine, come priva di un necessario consenso ? Chi dovrebbe essere l'ente certificatore, se la partecipazione dal basso non e' sufficiente, considerato che nella fase iniziale non puo' essere certo elevatissima ? ma soprattutto perche' pensare che la certificazione debba arrivare da un ente terzo ? Chi e' il tronista a capo di questo fantomatico "istituto" che si sente defraudato del potere di veto e legittimazione, se il consenso monta dal basso ? soprattutto, siamo veramente preoccupati per il suo dispiacere nel vedere la poltrona che gli vacilla sotto ?
Sulla questione del vantaggio individuale: perche' pensare che un'iniziativa di crescita collettiva, di win win sociale, di emancipazione di una community se non di tutto il paese, debba essere immediatamente (de)classificata a manovra torbidamente affaristica, ovvero motivata da oscure logiche di potere ? se non se ne condividono gli obiettivi e i metodi, basta semplicemente non sottoscriverla, dunque perche' muovere pubblici attacchi a scopo distruttivo, o addirittura velenose insinuazioni dietro le spalle, per forzarne il fallimento ? se c'e' la necessita' di un riferimento, e soprattutto se c'e' la capacita' di esserlo (che altrimenti l'iniziativa non decollerebbe e non arriverebbe ad essere nemmeno "visibile"), perche' il pensiero automatico non va al beneficio che ne ricavano tutti, ma a quello che ne ricavano alcuni ? perche' mettere sullo stesso piano semplici fruitori (e spesso anche detrattori e ostacolatori) e figure dotate di visione e capacita' organizzativa e realizzativa, pretendendo che gli uni e gli altri debbano godere per principio di pari gratificazioni ?
La risposta e' semplice, perche' in Italia la questione e' sempre su chi comanda, e non su cosa di buono si faccia.
Dunque se si avvia un'iniziativa concreta (ma scopro che anche avviare una conversazione di approfondimento comporta lo stesso rischio), per l'italiano medio ci sono solo due prospettive: o esserne il capo, o vederla fallire. A prescindere dal fatto che sia utile o meno. A prescindere dal fatto che ci sia spazio o meno per eventuali alternative. L'Italia, inclusa quella che si riconosce nella socialsfera, e' logorata dal potere, che non ha. E pensare che in questo paese, invece, ci sarebbe spazio per migliaia di iniziative concrete originate dalla socialsfera e con concrete ricadute nel territorio. Ce n'e' un tale bisogno che non importa quanto utili siano effettivamente, basta che a confermare che lo sono almeno un po' sia la stessa comunita' a cui sono indirizzate. Della serie: finiamola con l'autoreferenzialita'.
Se ci fosse una cultura del servizio, automaticamente cadrebbero le soporifere discussioni sui metodi e sulle regole, dal momento che l'unica regola sarebbe quella della "utilita' evidente", e che il metodo verrebbe raffinato di tentativo in tentativo. Se ci fosse una cultura del fare (mediata dalla reticolarita' e dai suoi valori), nessuno si preoccuperebbe del fatto che di volta in volta c'e' un titolare diverso, perche' anzi si innescherebbe una gara, da cui nessuno sarebbe eslcuso a priori, a fare di piu' e meglio (per il bene comune) la volta successiva. Ma soprattutto, se ci fosse una cultura della costruzione di un bene comune, la blogosfera smetterebbe di rammollirsi seduta davanti al computer, e cercherebbe il confronto e la sfida del territorio, in cui portare le soluzioni che internet mette nelle mani delle persone, grazie alla tecnologia e al networking.
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venerdì 27 novembre 2009
La liberta' tra desiderio e paura
In questi giorni si sta discutendo, soprattutto in rete e in parlamento, rimbalzando sulla stampa, la decisione se rinnovare o meno il Decreto Pisanu, e ho notato che il dibattito e' spesso confuso ed ingiustamente animoso, anche se poi culmina in azioni concrete.
Ci sono fondamentalmente due aspetti di principio che sembrano in attrito tra loro:
Questo e' gia' un elemento importante a favore della libera espressione, e di un accesso non condizionato da logiche di mercato: e' fuori di dubbio che l'anonimato favorisce manifestazioni di opinioni piu' spontanee (non solo quelle su temi "sensibili", ma chiaramente e' una possibile difesa della propria privacy) e dunque incentiva la partecipazione, sia nel privato che nelle relazioni "di business". In sostanza, partiamo gia' da una situazione che consente "un certo" anonimato, con evidenti vantaggi. Anzi e' difficilmente contestabile, che il successo di internet negli ultimi due decenni sia stato legato anche a questa sua fondamentale caratteristica. Perfino certi comportamenti al limite dell'illecito, e compiuti quindi nell'anonimato, portano anche un benefico effetto nell'innovazione di certi mercati, come per esempio quella della musica.
Ma benefici ancora maggiori in termini di liberta' di espressione, giustificano che si vada oltre all'anonimato a livello utente. Basta pensare ai fatti di Teheran (e cito solo il caso piu' ecclatante, ma di denunce in rete fatte a rischio della propria sicurezza la rete ne e' piena, e vengono dai piu' svariati angoli del mondo). Laddove il regime non e' democratico, e non si puo' avere fiducia in chi "governa", l'anonimato minimo sufficiente per assicurare una reale liberta' di espressione deve essere, a seconda della gravita', il piu' possibile "intrinseco" al sistema.
Paradossalmente, in un paese a governo democratico e veramente liberale, l'anonimato in rete potrebbe essere una questione poco rilevante, ma sappiamo bene che proprio nei paesi dove le liberta' sono limitate in generale, l'anonimato in rete diventa questione di vitale importanza. E nelle vie di mezzo? rimane ancora una questione delicata.
D'altra parte, che sia possibile utilizzare lo stesso anonimato anche per scopi discutibili (informazione distorta, calunnie, minacce) e illeciti piu' gravi (terrorismo, pedofilia, frodi), e' anche fuori discussione. Di tutto questo abbiamo numerosi esempi. Chi frequenta la rete assiduamente sa benissimo che il primo tipo di situazioni sono facilmente riconoscibili, e si possono quindi contenere tenendole nelle giusta scarsa considerazione. Ma bisogna anche considerare che la rete e' popolata da persone meno esperte e piu' facilmente condizionabili. La pedofilia e le frodi sono ancora molto ricorrenti, anche se sono notizia di tutti i giorni i successi ottenuti dalle polizie di tutto il mondo. Sul terrorismo non trovo notizie di rilievo se non poche volte in un anno, ma e' un dato di fatto che in europa gli attentati si sono ridotti a zero o quasi.
E' chiaro che per gravi ragioni di sicurezza, sia necessario non mantenere l'anonimato a livello di sistema.
E veniamo alla net neutrality. Con questo termine si fa riferimento ad un "modello di internet", in base al quale tutti i pacchetti di dati vengono trasferiti senza entrare nel merito dei contenuti, e dunque assicurando pari condizioni di esercizio per qualunque utente. Lo scopo della net neutrality e' quello di garantire la massima liberta' di espressione degli utenti e l'indipendenza di internet dalla concorrenza tra centri di potere politico ed economico. La net neutrality, anche se non e' definita in modo perfettamente condiviso, e' riconosciuta come l'attuale modello di internet, e infatti sono numerosi i movimenti di opinione e le azioni volte a difendere tale modello, e quindi a mantenerlo. La rete, per come la conosciamo noi, in occidente, e' neutrale.
Detto questo, e' evidente che anonimato e net neutrality sono due questioni fortemente intrecciate tra loro. E se non lo fossero, io penso che dovrebbero esserlo in futuro, anche senza arrivare a farne una questione ideologica. Quindi la net neutrality prescrive, o dovrebbe assicurare che sia preservata l'opzione di rimanere anonimi almeno "a livello utente" (in questo senso si parla di diritto all'anonimato).
Da tutto questo seguono alcune facili conclusioni (sulle quali invito comunque a tenere sempre accesa una discussione costruttiva ed istruttiva):
1) per ragioni di sicurezza e' sufficiente che non sia consentito l'anonimato a livello di sistema (ma il discorso andrebbe fatto tenendo conto del regime del paese in questione)
2) per ragioni di liberta' di espressione, e di indipendenza dalle posizioni dominanti nel mercato, e' sufficiente garantire l'anonimato per tutti gli utenti (compreso nei confronti di grandi gruppi di potere economico e politico)
3) e riassumendo, finche' non ci sono particolari problemi di sicurezza (nazionale e non), un certo livello di rischio deve essere sopportato considerando il beneficio che ne deriva sul piano della libera circolazione delle idee e della spinta all'innovazione allo sviluppo sociale ed economico.
Nonostante che l'anonimato in rete sia dunque una questione "fondamentale", e che si possa arrivare facilmente a chiare e semplici linee guida, credo condivisibilissime e condivise di fatto in maggioranza, spesso si leggono in rete considerazioni piuttosto confuse. Ecco alcuni punti dove e' piu' evidente la confusione:
1) La rete e' intrinsecamente "anonima".
Tecnicamente parlando, e' sempre possibile (?) rintracciare il terminale da dove e' partito un certo pacchetto di dati, ma nella pratica, questo dipende da una serie di fattori tecnici. Soprattutto non e' ancora sufficiente per l'identificazione della persona che operava su quel terminale: perche' sia ricostruita anche l'identita' della persona occorre che siano intrecciate le informazioni sul traffico con le informazioni sull'utente. Dunque e' falso dire che "la rete non e' anonima", mentre e' piu' esatto dire che la rete piu' i dati relativi agli accessi da parte degli utenti, permettono di escludere l'anonimato quasi sempre. Alla luce di quanto detto prima, questo aspetto non e' trascurabile. Il problema si sposta quindi dagli aspetti infrastrutturali alla gestione dei dati che permettono l'effettiva identificazione della persona che accede ad internet.
2) L'anonimato e' un problema da eliminare. La rete ha il problema che non e' controllabile.
Che questi siano solo dei problemi, e non anche dei vantaggi, lo abbiamo detto all'inizio. L'anonimato a livello utente e' piu' che legittimo, e' vantaggioso, ed e' anche lo status quo, e probabilmente una delle ragioni del successo di internet da 20 anni a questa parte. Difficile pensare che internet sia nata con una caratteristica fondamentale di questa rilevanza, solo per un errore o una leggerezza dei progettisti. Difficile pensare che oggi l'equilibrio tra cio' che si puo' fare di bene e cio' che si puo' fare di male, si sia improvvisamente spostato dalla parte piu' sfavorevole, rendendo necessarie misure di sicurezza che prima non erano richieste. Difficile pensare che il crimine organizzato sia stato finora fortunatamente "sbadato" rispetto ad internet, i terroristi grossolanamente "incompetenti", o che gli utenti che sono arrivati in rete solo recentemente mediamente siano piu' "scorretti e disonesti" dei precedenti. L'anonimato, cosi' come oggi lo vediamo possibile, e' intenzionale, ed un "pezzo" prezioso della internet che conosciamo, quella che e' arrivata fino a noi di successo in successo.
3) L'anonimato in rete e' questione di sicurezza nazionale.
La rete e' globale, e direi per fortuna. In questo sta proprio uno dei suoi elementi di forza. Non si puo' quindi guardare alla rete come a qualcosa che si puo' regolamentare completamente con leggi nazionali. Vincoli all'utilizzo della rete imposti solo nel nostro paese - se partiamo dal principio che internet e' una risorsa preziosissima - non farebbero altro che aumentare il divario tra l'Italia e il resto del mondo, che anzi, al contrario occorre diminuire, in modo consistente e al piu' presto.
Dunque, siamo di fronte ad un sottile gioco di compromessi, tra il livello di liberta' a cui aspiriamo, e contemporaneamente il livello di sicurezza che ci vogliamo garantire. La questione e' sempre la stessa: la liberta' comporta perdita di controllo, e quindi di sicurezza. Per alcuni meno fortunati, si tratta ancora, a volte, di dare la vita per difendere la liberta', mentre per altri, di dare la liberta' per difendere la vita (comoda).
Ci sono fondamentalmente due aspetti di principio che sembrano in attrito tra loro:
- l'anonimato e' garanzia di maggiore liberta' di espressione per gli utenti, e contro discriminazioni nell'accesso alla rete dettate da logiche di mercato e rendite di posizione
- l'anonimato consente di trasmettere impunemente comunicazioni che mettono a rischio la sicurezza o che favoriscono frodi
Questo e' gia' un elemento importante a favore della libera espressione, e di un accesso non condizionato da logiche di mercato: e' fuori di dubbio che l'anonimato favorisce manifestazioni di opinioni piu' spontanee (non solo quelle su temi "sensibili", ma chiaramente e' una possibile difesa della propria privacy) e dunque incentiva la partecipazione, sia nel privato che nelle relazioni "di business". In sostanza, partiamo gia' da una situazione che consente "un certo" anonimato, con evidenti vantaggi. Anzi e' difficilmente contestabile, che il successo di internet negli ultimi due decenni sia stato legato anche a questa sua fondamentale caratteristica. Perfino certi comportamenti al limite dell'illecito, e compiuti quindi nell'anonimato, portano anche un benefico effetto nell'innovazione di certi mercati, come per esempio quella della musica.
Ma benefici ancora maggiori in termini di liberta' di espressione, giustificano che si vada oltre all'anonimato a livello utente. Basta pensare ai fatti di Teheran (e cito solo il caso piu' ecclatante, ma di denunce in rete fatte a rischio della propria sicurezza la rete ne e' piena, e vengono dai piu' svariati angoli del mondo). Laddove il regime non e' democratico, e non si puo' avere fiducia in chi "governa", l'anonimato minimo sufficiente per assicurare una reale liberta' di espressione deve essere, a seconda della gravita', il piu' possibile "intrinseco" al sistema.
Paradossalmente, in un paese a governo democratico e veramente liberale, l'anonimato in rete potrebbe essere una questione poco rilevante, ma sappiamo bene che proprio nei paesi dove le liberta' sono limitate in generale, l'anonimato in rete diventa questione di vitale importanza. E nelle vie di mezzo? rimane ancora una questione delicata.
D'altra parte, che sia possibile utilizzare lo stesso anonimato anche per scopi discutibili (informazione distorta, calunnie, minacce) e illeciti piu' gravi (terrorismo, pedofilia, frodi), e' anche fuori discussione. Di tutto questo abbiamo numerosi esempi. Chi frequenta la rete assiduamente sa benissimo che il primo tipo di situazioni sono facilmente riconoscibili, e si possono quindi contenere tenendole nelle giusta scarsa considerazione. Ma bisogna anche considerare che la rete e' popolata da persone meno esperte e piu' facilmente condizionabili. La pedofilia e le frodi sono ancora molto ricorrenti, anche se sono notizia di tutti i giorni i successi ottenuti dalle polizie di tutto il mondo. Sul terrorismo non trovo notizie di rilievo se non poche volte in un anno, ma e' un dato di fatto che in europa gli attentati si sono ridotti a zero o quasi.
E' chiaro che per gravi ragioni di sicurezza, sia necessario non mantenere l'anonimato a livello di sistema.
E veniamo alla net neutrality. Con questo termine si fa riferimento ad un "modello di internet", in base al quale tutti i pacchetti di dati vengono trasferiti senza entrare nel merito dei contenuti, e dunque assicurando pari condizioni di esercizio per qualunque utente. Lo scopo della net neutrality e' quello di garantire la massima liberta' di espressione degli utenti e l'indipendenza di internet dalla concorrenza tra centri di potere politico ed economico. La net neutrality, anche se non e' definita in modo perfettamente condiviso, e' riconosciuta come l'attuale modello di internet, e infatti sono numerosi i movimenti di opinione e le azioni volte a difendere tale modello, e quindi a mantenerlo. La rete, per come la conosciamo noi, in occidente, e' neutrale.
Detto questo, e' evidente che anonimato e net neutrality sono due questioni fortemente intrecciate tra loro. E se non lo fossero, io penso che dovrebbero esserlo in futuro, anche senza arrivare a farne una questione ideologica. Quindi la net neutrality prescrive, o dovrebbe assicurare che sia preservata l'opzione di rimanere anonimi almeno "a livello utente" (in questo senso si parla di diritto all'anonimato).
Da tutto questo seguono alcune facili conclusioni (sulle quali invito comunque a tenere sempre accesa una discussione costruttiva ed istruttiva):
1) per ragioni di sicurezza e' sufficiente che non sia consentito l'anonimato a livello di sistema (ma il discorso andrebbe fatto tenendo conto del regime del paese in questione)
2) per ragioni di liberta' di espressione, e di indipendenza dalle posizioni dominanti nel mercato, e' sufficiente garantire l'anonimato per tutti gli utenti (compreso nei confronti di grandi gruppi di potere economico e politico)
3) e riassumendo, finche' non ci sono particolari problemi di sicurezza (nazionale e non), un certo livello di rischio deve essere sopportato considerando il beneficio che ne deriva sul piano della libera circolazione delle idee e della spinta all'innovazione allo sviluppo sociale ed economico.
Nonostante che l'anonimato in rete sia dunque una questione "fondamentale", e che si possa arrivare facilmente a chiare e semplici linee guida, credo condivisibilissime e condivise di fatto in maggioranza, spesso si leggono in rete considerazioni piuttosto confuse. Ecco alcuni punti dove e' piu' evidente la confusione:
1) La rete e' intrinsecamente "anonima".
Tecnicamente parlando, e' sempre possibile (?) rintracciare il terminale da dove e' partito un certo pacchetto di dati, ma nella pratica, questo dipende da una serie di fattori tecnici. Soprattutto non e' ancora sufficiente per l'identificazione della persona che operava su quel terminale: perche' sia ricostruita anche l'identita' della persona occorre che siano intrecciate le informazioni sul traffico con le informazioni sull'utente. Dunque e' falso dire che "la rete non e' anonima", mentre e' piu' esatto dire che la rete piu' i dati relativi agli accessi da parte degli utenti, permettono di escludere l'anonimato quasi sempre. Alla luce di quanto detto prima, questo aspetto non e' trascurabile. Il problema si sposta quindi dagli aspetti infrastrutturali alla gestione dei dati che permettono l'effettiva identificazione della persona che accede ad internet.
2) L'anonimato e' un problema da eliminare. La rete ha il problema che non e' controllabile.
Che questi siano solo dei problemi, e non anche dei vantaggi, lo abbiamo detto all'inizio. L'anonimato a livello utente e' piu' che legittimo, e' vantaggioso, ed e' anche lo status quo, e probabilmente una delle ragioni del successo di internet da 20 anni a questa parte. Difficile pensare che internet sia nata con una caratteristica fondamentale di questa rilevanza, solo per un errore o una leggerezza dei progettisti. Difficile pensare che oggi l'equilibrio tra cio' che si puo' fare di bene e cio' che si puo' fare di male, si sia improvvisamente spostato dalla parte piu' sfavorevole, rendendo necessarie misure di sicurezza che prima non erano richieste. Difficile pensare che il crimine organizzato sia stato finora fortunatamente "sbadato" rispetto ad internet, i terroristi grossolanamente "incompetenti", o che gli utenti che sono arrivati in rete solo recentemente mediamente siano piu' "scorretti e disonesti" dei precedenti. L'anonimato, cosi' come oggi lo vediamo possibile, e' intenzionale, ed un "pezzo" prezioso della internet che conosciamo, quella che e' arrivata fino a noi di successo in successo.
3) L'anonimato in rete e' questione di sicurezza nazionale.
La rete e' globale, e direi per fortuna. In questo sta proprio uno dei suoi elementi di forza. Non si puo' quindi guardare alla rete come a qualcosa che si puo' regolamentare completamente con leggi nazionali. Vincoli all'utilizzo della rete imposti solo nel nostro paese - se partiamo dal principio che internet e' una risorsa preziosissima - non farebbero altro che aumentare il divario tra l'Italia e il resto del mondo, che anzi, al contrario occorre diminuire, in modo consistente e al piu' presto.
Dunque, siamo di fronte ad un sottile gioco di compromessi, tra il livello di liberta' a cui aspiriamo, e contemporaneamente il livello di sicurezza che ci vogliamo garantire. La questione e' sempre la stessa: la liberta' comporta perdita di controllo, e quindi di sicurezza. Per alcuni meno fortunati, si tratta ancora, a volte, di dare la vita per difendere la liberta', mentre per altri, di dare la liberta' per difendere la vita (comoda).
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domenica 22 novembre 2009
Nicchie e tribu'
Durante un interessantissimo scambio di opinioni sull'articolo di Giuseppe Granieri, mi sono trovato a confrontarmi con Gaspare Armato e Maurizio Goetz sul termine e sul concetto da essi riferito, di "nicchia" e "tribu".
La mia considerazione, a dire il vero non molto condivisa dai miei preziosi interlocutori, e' che i due termini riferiscono a contesti differenti (soprattutto, ma non solo, in ambito sociologico/antropologico) e quindi suggeriscono due approcci differenti, perfino antitetici in certi aspetti. Quindi non e' un caso se faro' ovviamente riferimento a Godin e Anderson, e ai loro libri "Tribu" e "La coda lunga".
Se le parole sono importanti, "tribu" fa riferimento ad un'organizzazione sociale, abbastanza organizzata, anche abbastanza riconoscibile. Anzi quasi sempre la tribu' implica il concetto "o con noi o contro di noi". La parola, d'altra parte, porta con se' un immaginario collettivo ben preciso, sia se riferita alla storia antica che a quella moderna. Quindi (questo lo dico io) la tribu e' interessante - perfino auspicabile oggi come oggi - per un uomo di marketing e comunicazione, perche' permette di instaurare ancora facilmente una conversazione 1:molti, non del tutto trasparente e veritiera. Diciamo pure che e' il surrogato moderno di quel "mercato di individui" di smithiana memoria, che, se fosse trasparente, "premierebbe gli interessi personali col profitto, e penalizzerebbe i comportamenti scorretti con la mancata vendita", ma essendo opaco per gli individui proprio perche' isolati, li rende piu' facilmente "condizionabili" e "ingannabili".
Invece con la parola "nicchia" si intende solo una labile porzione di un tutto molto piu' ampio, e in continuo movimento. Nulla si puo' dire sull'organizzazione, che infatti e' quasi sempre assente, e nemmeno facilmente delineabile, non avendo pareti ma solo caratteristiche sfumate tra diversi livelli di gradazione dentro e fuori, a volte appena percettibili. La nicchia si accompagna al concetto di "diversi ma non separati". Per il nostro "comunicatore" rivolgersi ad una nicchia e' molto difficile, e l'unico modo e' "partecipare", scendere in campo, e quindi comunicare 1:pochi se non 1:pochissimi. Non confonderei quindi la teoria della coda lunga con il neotribalismo, sia per le implicazioni sul piano del marketing, sia per quelle sul piano dell'organizzazione sociale.
Sono convinto che la vera novita' introdotta dai modelli a rete, non sia affatto in una deriva neotribalistica (che tanto novita' non e', come ricorda Luigi Gioni nei commenti a questo articolo di Luca De Biase). D'altra parte, mi sembra che Godin sembra essersi "parato le parti basse" quando unisce gia' nel titolo ("Tribu") a quel sottotitolo ("Il mondo ha bisogno di un leader come te"). Mi sembra molto contraddittorio concedere anche all' "individuo" gli onori della vittoria (non viene solo ammesso che la leadership e' sempre individuale, ma proprio che ogni individuo e' leader in pectore), mentre si esalta il concetto di tribu, in cui la leadership e' fortemente centralizzata, e spesso perfino dispotica. Ci vedo un cerchiobottismo un po' troppo smaccato, e lo dico da fan di Godin (sempre che non continui cosi').
La mia considerazione, a dire il vero non molto condivisa dai miei preziosi interlocutori, e' che i due termini riferiscono a contesti differenti (soprattutto, ma non solo, in ambito sociologico/antropologico) e quindi suggeriscono due approcci differenti, perfino antitetici in certi aspetti. Quindi non e' un caso se faro' ovviamente riferimento a Godin e Anderson, e ai loro libri "Tribu" e "La coda lunga".
Se le parole sono importanti, "tribu" fa riferimento ad un'organizzazione sociale, abbastanza organizzata, anche abbastanza riconoscibile. Anzi quasi sempre la tribu' implica il concetto "o con noi o contro di noi". La parola, d'altra parte, porta con se' un immaginario collettivo ben preciso, sia se riferita alla storia antica che a quella moderna. Quindi (questo lo dico io) la tribu e' interessante - perfino auspicabile oggi come oggi - per un uomo di marketing e comunicazione, perche' permette di instaurare ancora facilmente una conversazione 1:molti, non del tutto trasparente e veritiera. Diciamo pure che e' il surrogato moderno di quel "mercato di individui" di smithiana memoria, che, se fosse trasparente, "premierebbe gli interessi personali col profitto, e penalizzerebbe i comportamenti scorretti con la mancata vendita", ma essendo opaco per gli individui proprio perche' isolati, li rende piu' facilmente "condizionabili" e "ingannabili".
Invece con la parola "nicchia" si intende solo una labile porzione di un tutto molto piu' ampio, e in continuo movimento. Nulla si puo' dire sull'organizzazione, che infatti e' quasi sempre assente, e nemmeno facilmente delineabile, non avendo pareti ma solo caratteristiche sfumate tra diversi livelli di gradazione dentro e fuori, a volte appena percettibili. La nicchia si accompagna al concetto di "diversi ma non separati". Per il nostro "comunicatore" rivolgersi ad una nicchia e' molto difficile, e l'unico modo e' "partecipare", scendere in campo, e quindi comunicare 1:pochi se non 1:pochissimi. Non confonderei quindi la teoria della coda lunga con il neotribalismo, sia per le implicazioni sul piano del marketing, sia per quelle sul piano dell'organizzazione sociale.
Sono convinto che la vera novita' introdotta dai modelli a rete, non sia affatto in una deriva neotribalistica (che tanto novita' non e', come ricorda Luigi Gioni nei commenti a questo articolo di Luca De Biase). D'altra parte, mi sembra che Godin sembra essersi "parato le parti basse" quando unisce gia' nel titolo ("Tribu") a quel sottotitolo ("Il mondo ha bisogno di un leader come te"). Mi sembra molto contraddittorio concedere anche all' "individuo" gli onori della vittoria (non viene solo ammesso che la leadership e' sempre individuale, ma proprio che ogni individuo e' leader in pectore), mentre si esalta il concetto di tribu, in cui la leadership e' fortemente centralizzata, e spesso perfino dispotica. Ci vedo un cerchiobottismo un po' troppo smaccato, e lo dico da fan di Godin (sempre che non continui cosi').
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sabato 21 novembre 2009
Call for action: un Ecosistema2.0Camp itinerante
Si discuteva su FF (un tempo il "salotto buono" della rete, ma molti si chiedono per quanto ancora!) sull'articolo La blogosfera molle, ripreso qui, qui, qui, e qui almeno, in cui Giuseppe Granieri sottolineava
Tra le altre mie considerazioni, nel thread dove piu' ci si e' abbandonati al vittimismo sulla "blogopalla" italiana, ho risposto cosi':
clipped from bookcafe.net
la blogosfera italiana «appaia molto isolata, rinchiusa in se stessa, sostanzialmente disinteressata rispetto all'agenda dell'Unione e pesantemente incline alle opinioni personali piuttosto che alle analisi politiche.».
Tra le altre mie considerazioni, nel thread dove piu' ci si e' abbandonati al vittimismo sulla "blogopalla" italiana, ho risposto cosi':
Scusate ma vi seguo a fatica. Ci sono momenti di cazzeggio libero e rilassante? Bene! Ci sono momenti di caos creativo? Bene! Ci sono spunti a volonta'? Bene! Ci sono luoghi virtuali in cui tutto questo scorre con facilita'? Bene! Cosa c'e' di male allora... che non si possa lasciare ai margini della rete??? Per quanto riguarda la costruzione di progetti, mi permetto di ricordare Ecosistema 2.0, un think-un-tank (un think tank non-convenzionale) nato circa un anno fa, che ha l'ambizione di essere "incisivo" nel territorio. Finora sono stati dispensati proposte di temi e di format per creare eventi... Le occasioni sono state ancora poche (e qualche volta ai doni non ha corrisposto il riconoscimento della citazione, evabbe') ma siamo in crescita continua. D'altra parte qui non si punta a correre per poi fermarsi senza fiato e con le gambe molli. Non ce ne frega niente di fare "grandi numeri", ma semmai di arrivare a "grandi idee" e "grandi progetti". L'esperienza insegna che non sono le persone che mancano, e nemmeno gli spazi online per discutere. Mancano soprattutto due cose (1) una consapevolezza di cosa sia fare rete (vedi p.e. qui) e (2) occasioni nel territorio che giustifichino certi interventi (come il recente VeneziaCamp, dove abbiamo sviluppato il tema della "civicita'"). Servirebbe il vostro aiuto, la vostra disponibilita' a fare rete... non necessariamente iscrivendovi qui, ma se volete invece replicare l'iniziativa per conto vostro, e poi fare rete, bene lo stesso! - Astenersi flamer professionisti, e scrocconi di visibilita' (cit. @gigi qui sopra)e come quando lanci un'idea e mentre la vedi formarsi attraverso le tue stesse parole, ti accorgi che era maturata da tempo nella tua testa e che potrebbe veramente incontrare il consenso di chi ascolta, ho subito aggiunto:
a proposito di progettualita': perche' non organizziamo tutti insieme degli ecosistema20camp in giro per l'italia, diciamo uno ogni due-tre mesi, sui temi che fanno la cultura della rete e dell'ecosistema aumentato ? #senzatimoreNaturalmente la discussione e' in corso, e ha subito provocato qualche prurito...
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mercoledì 28 ottobre 2009
Cosa intendiamo quando diciamo 'rete' ?
Nell'incontro "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", al VeneziaCamp, sabato scorso, ho presentato queste slide.
L'idea era nata da una riunione a cui avevo preso parte qualche settimana prima, in cui un ricercatore universitario aveva spiazzato tutti, ponendo la domanda in questione, e aggiungendo "le parole sono importanti". La sua tesi era che ormai si pronunciano le parole senza piu' preoccuparsi del significato originale, e soprattutto senza piu' verificare che abbiano lo stesso significato per tutti (almeno per tutti quelli che ascoltano).
Ma la mia era un'esigenza un po' piu' profonda e sostanziale. Mi interrogavo infatti su quali meccanismi fondamentali si basassero le reti, e in particolare "le reti che funzionano". Se Internet e' una rete che cresce per dimensione ad una velocita' sbalorditiva, e mai rallentata da 20 anni... qual'e' il motivo?
Il principio regolatore che ritengo fondamentale e' quello del capitale sociale, un argomento che ha fruttato il nobel a Gary Baker nel 1992, e che da quell'anno e' stato al centro di numerosi approfondimenti nel mondo della ricerca, ma di cui mi piace la definizione di Lyda Hanifan, che lavorava nel settore della Scuola nel 1920:
Legati al concetto di capitale sociale, sono poi quello della "regola d'oro", della reciprocita' di rete, delle "dinamiche dominanti" (Nobel a Nash nel 1994) e di "bene comune" (Nobel ad Elinor Ostrom e Oliver Williamson, quest'anno). Da notare i 3 nobel negli ultimi 15 anni: sono i temi del momento, ancora in fase di elaborazione, e che rappresentano lo shift paradigmatico di questo scorcio di nuovo millennio.
Ispirandosi a questi concetti, qualunque networker non puo' fallire, e anzi animera' una rete partecipativa, collaborativa, basata sulla fiducia, e capace di svilupparsi in modo sostenibile. E' dunque del tutto aperta? Non esattamente. Come direbbe David Weinberger, c'e' bisogno di "spazi aperti con un minimo controllo". Il controllo (che poi potrebbe essere semplicemente auto-controllo, se la consapevolezza fosse uguale per tutti) consiste nell'assicurare che siano condivisi e rispettati questi semplici principi, ai quali del resto si ispirano quasi tutte le netiquette ma senza la dovuta evidenza.
Quindi alla fine della presentazione, ho ripreso un vecchio articolo dal titolo "Social Business Networking: reti, non scatole", ponendo appunto la domanda: "tutto deve essere quindi sempre e totalmente aperto?", e proponendo come risposta l'immagine della cellula staminale.
Come cellula, la sua membrana non delimita cosi' rigorosamente un "dentro" e un "fuori", perche' e' anzi permeabile e osmotica. Inoltre lo spazio delimitato non ha sempre lo stesso volume, e si puo' immaginare che a volte parte dello spazio esterno viene acqisito all'interno, a volte parte di quello interno viene esternalizzato. Inoltre, come cellula staminale, la sua capacita' e' quella di generare organismi anche piu' complessi: genera reti. Come la cellula, cosi' le molecole e altri organismi, il nostro corpo, lo spazio a noi circostante e le prossemiche di relazione, la citta', la regione... tutti gli spazi sono organizzati secondo gradienti di concentrazione, e questi gradienti sono variabili nello spazio e nel tempo. Dunque la questione non e' se aperto o chiuso, ma quando e quanto semiaperto.
[Update 19/11/09 10:00] Questo articolo e' "reblogged" anche qui:
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Cosa intendiamo quando diciamo rete
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L'idea era nata da una riunione a cui avevo preso parte qualche settimana prima, in cui un ricercatore universitario aveva spiazzato tutti, ponendo la domanda in questione, e aggiungendo "le parole sono importanti". La sua tesi era che ormai si pronunciano le parole senza piu' preoccuparsi del significato originale, e soprattutto senza piu' verificare che abbiano lo stesso significato per tutti (almeno per tutti quelli che ascoltano).
Ma la mia era un'esigenza un po' piu' profonda e sostanziale. Mi interrogavo infatti su quali meccanismi fondamentali si basassero le reti, e in particolare "le reti che funzionano". Se Internet e' una rete che cresce per dimensione ad una velocita' sbalorditiva, e mai rallentata da 20 anni... qual'e' il motivo?
Il principio regolatore che ritengo fondamentale e' quello del capitale sociale, un argomento che ha fruttato il nobel a Gary Baker nel 1992, e che da quell'anno e' stato al centro di numerosi approfondimenti nel mondo della ricerca, ma di cui mi piace la definizione di Lyda Hanifan, che lavorava nel settore della Scuola nel 1920:
“il capitale sociale si riferisce a quei beni tangibili che hanno valore più di ogni altro nella vita quotidiana delle persone: precisamente, la buona volontà, l’appartenenza ad organizzazioni, la solidarietà e i rapporti sociali tra individui e famiglie che compongono un’unità sociale”Dunque in una rete che funziona bene, il capitale sociale aumenta sempre, e permette non solo di tradursi in manifestazioni di solidarieta' nei momenti di emergenza (come nel caso di un terremoto, per esempio), ma in un piu' profondo sentimento di sintonia, di profonda compatibilita', pur nelle differenze. Al contrario, in una rete che funziona male, dove i partecipanti sprecano e distruggono il capitale sociale, si formano crepe, e alla lunga la rete stessa si spezza. Talvolta questo succede per errore da parte di qualcuno, che pur ben intenzionato, non ha ben chiaro certi meccanismi; talvolta succede perche' e' proprio nella natura di certe persone, esagerare col proprio individualismo e con la competitivita' (come lo scorpione che punge la rana che lo sta aiutando a guadare il fiume, causando il suo stesso annegamento, perche' "e' nella sua natura").
Legati al concetto di capitale sociale, sono poi quello della "regola d'oro", della reciprocita' di rete, delle "dinamiche dominanti" (Nobel a Nash nel 1994) e di "bene comune" (Nobel ad Elinor Ostrom e Oliver Williamson, quest'anno). Da notare i 3 nobel negli ultimi 15 anni: sono i temi del momento, ancora in fase di elaborazione, e che rappresentano lo shift paradigmatico di questo scorcio di nuovo millennio.
Ispirandosi a questi concetti, qualunque networker non puo' fallire, e anzi animera' una rete partecipativa, collaborativa, basata sulla fiducia, e capace di svilupparsi in modo sostenibile. E' dunque del tutto aperta? Non esattamente. Come direbbe David Weinberger, c'e' bisogno di "spazi aperti con un minimo controllo". Il controllo (che poi potrebbe essere semplicemente auto-controllo, se la consapevolezza fosse uguale per tutti) consiste nell'assicurare che siano condivisi e rispettati questi semplici principi, ai quali del resto si ispirano quasi tutte le netiquette ma senza la dovuta evidenza.
Quindi alla fine della presentazione, ho ripreso un vecchio articolo dal titolo "Social Business Networking: reti, non scatole", ponendo appunto la domanda: "tutto deve essere quindi sempre e totalmente aperto?", e proponendo come risposta l'immagine della cellula staminale.
Come cellula, la sua membrana non delimita cosi' rigorosamente un "dentro" e un "fuori", perche' e' anzi permeabile e osmotica. Inoltre lo spazio delimitato non ha sempre lo stesso volume, e si puo' immaginare che a volte parte dello spazio esterno viene acqisito all'interno, a volte parte di quello interno viene esternalizzato. Inoltre, come cellula staminale, la sua capacita' e' quella di generare organismi anche piu' complessi: genera reti. Come la cellula, cosi' le molecole e altri organismi, il nostro corpo, lo spazio a noi circostante e le prossemiche di relazione, la citta', la regione... tutti gli spazi sono organizzati secondo gradienti di concentrazione, e questi gradienti sono variabili nello spazio e nel tempo. Dunque la questione non e' se aperto o chiuso, ma quando e quanto semiaperto.
[Update 19/11/09 10:00] Questo articolo e' "reblogged" anche qui:
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lunedì 26 ottobre 2009
VeneziaCamp, il giorno dopo
Carissimi,
si e' chiusa (per me alle 21 di ieri sera) la 3 giorni veneziana, e ora un fiume in piena di ricordi, spunti, rielaborazioni sta montando nella mia testa. Oggi e' gia' un'altra giornata piena per motivi di lavoro, e cosi' sara' domani e dopodomani.. quindi provo solo un breve riepilogo.
Il VeneziaCamp
Come ho avuto modo di dire gia' a moltissimi, il bello di questa manifestazione e' che innanzitutto c'e', soprattutto se l'alternativa e' che non si fa nulla; e poi, comunque funziona benissimo, nel suo caos creativo, per fertilizzare reti territoriali digitali e soprattutto di persone. L'altra faccia della medaglia, e' che la prossima puntata dovra' essere organizzata a partire da lunedi questo (toh, al massimo il prossimo), e se cosi' sara', il prossimo VE-camp sara' straordinario.
Gli interventi sono stati tanti e interessanti (mi dicono): quelli che ho potuto seguire io (vedi il twitlog) sono risultati ancora piu' interessanti proprio per il contesto che favoriva ibridazioni. Infatti, in una visione ecosistemica, quale quella emergente, nulla puo' piu' essere estrapolato dal contesto, e ogni cosa si rigenera sempre diversa in un diverso contesto.
La partecipazione complessiva e' stata forse un po' inferiore alle mie aspettative (anche se la questura, l'organizzazione, i massmedia il satellite... hanno dato comunque cifre interessanti). Leggerei tutto questo cosi': la rete non puo' piu' permettersi di essere ancora a lungo quasi solo autoreferenziale.
Il nostro evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale"
Difficile forse essere obiettivo per il conflitto di interessi, ma lascio parlare un dato che sembra proprio rappresentativo: i partecipanti sono rimasti "fedeli" dall'inizio alla fine. Per chi non c'era, questo significa che hanno resistito in una prima parte in cui fastidiosissimi problemi di audio hanno quasi compromesso la possibilita' di ascoltare le presentazioni, e soprattutto ha impedito la creazione di un clima comfortevole; e hanno quindi vissuto l'esodo in un'altra sala, in cui poteva essere che meta' se ne perdessero per strada; fino ad essere ancora quasi tutti presenti quando il personale dell'organizzazione ci ha invitati a chiudere, alle 17:30.
Nella nuova sala il workshop e' proseguito molto piu' agevolmente, dimostrando che i contenuti erano interessanti, e che anche la modalita' di presentazione - una vera sfida per chi le ha preparate - e' risultata efficace. Il dibattito e' stato brevissimo, a causa del molto tempo che si e' perso per vari motivi tecnici, ma intenso e, soprattutto, "sincero": gli interventi che ci sono stati venivano evidentemente "da dentro", piu' che "dal basso", come si direbbe in questi casi.
Last but not least, nell'intervento di David Weinberger, domenica, alcuni suoi passaggi ("si diceva che internet e' come la citta', oggi si dice che la citta' e' come internet") sono stati in grande sintonia coi temi che abbiamo proposto sulla "civicita'", e questo ci rassicura che siamo sulla strada giusta. Lo stesso Luca De Biase ha espresso chiaramente lo spirito che ispira anche noi: "siamo in una fase in cui dobbiamo reimpossessarci della prospettiva" (De Biase); "internet e' uno strumento che non e' fatto per uno scopo solo, e che andra' bene per tutti gli scopi futuri che vorremo inventare" (Weinberger); a cui mi aggiungo immodestamente con "lo strumento internet serve per disegnare nuovi mondi, e quindi nuovi scopi e nuovi strumenti e modalita' di utilizzo".
Dunque un grazie grande come un arsenale, a tutti quelli che hanno contribuito a questo evento, sia nella prima fase organizzativa (compresa la tappa vicentina), sia partecipando e apprezzandolo nei commenti finali. Nei confronti di voi tutti, adesso, e' un dovere continuare a sviluppare questa voglia di essere rete e fare rete!
si e' chiusa (per me alle 21 di ieri sera) la 3 giorni veneziana, e ora un fiume in piena di ricordi, spunti, rielaborazioni sta montando nella mia testa. Oggi e' gia' un'altra giornata piena per motivi di lavoro, e cosi' sara' domani e dopodomani.. quindi provo solo un breve riepilogo.
Il VeneziaCamp
Come ho avuto modo di dire gia' a moltissimi, il bello di questa manifestazione e' che innanzitutto c'e', soprattutto se l'alternativa e' che non si fa nulla; e poi, comunque funziona benissimo, nel suo caos creativo, per fertilizzare reti territoriali digitali e soprattutto di persone. L'altra faccia della medaglia, e' che la prossima puntata dovra' essere organizzata a partire da lunedi questo (toh, al massimo il prossimo), e se cosi' sara', il prossimo VE-camp sara' straordinario.
Gli interventi sono stati tanti e interessanti (mi dicono): quelli che ho potuto seguire io (vedi il twitlog) sono risultati ancora piu' interessanti proprio per il contesto che favoriva ibridazioni. Infatti, in una visione ecosistemica, quale quella emergente, nulla puo' piu' essere estrapolato dal contesto, e ogni cosa si rigenera sempre diversa in un diverso contesto.
La partecipazione complessiva e' stata forse un po' inferiore alle mie aspettative (anche se la questura, l'organizzazione, i massmedia il satellite... hanno dato comunque cifre interessanti). Leggerei tutto questo cosi': la rete non puo' piu' permettersi di essere ancora a lungo quasi solo autoreferenziale.
Il nostro evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale"
Difficile forse essere obiettivo per il conflitto di interessi, ma lascio parlare un dato che sembra proprio rappresentativo: i partecipanti sono rimasti "fedeli" dall'inizio alla fine. Per chi non c'era, questo significa che hanno resistito in una prima parte in cui fastidiosissimi problemi di audio hanno quasi compromesso la possibilita' di ascoltare le presentazioni, e soprattutto ha impedito la creazione di un clima comfortevole; e hanno quindi vissuto l'esodo in un'altra sala, in cui poteva essere che meta' se ne perdessero per strada; fino ad essere ancora quasi tutti presenti quando il personale dell'organizzazione ci ha invitati a chiudere, alle 17:30.
Nella nuova sala il workshop e' proseguito molto piu' agevolmente, dimostrando che i contenuti erano interessanti, e che anche la modalita' di presentazione - una vera sfida per chi le ha preparate - e' risultata efficace. Il dibattito e' stato brevissimo, a causa del molto tempo che si e' perso per vari motivi tecnici, ma intenso e, soprattutto, "sincero": gli interventi che ci sono stati venivano evidentemente "da dentro", piu' che "dal basso", come si direbbe in questi casi.
Last but not least, nell'intervento di David Weinberger, domenica, alcuni suoi passaggi ("si diceva che internet e' come la citta', oggi si dice che la citta' e' come internet") sono stati in grande sintonia coi temi che abbiamo proposto sulla "civicita'", e questo ci rassicura che siamo sulla strada giusta. Lo stesso Luca De Biase ha espresso chiaramente lo spirito che ispira anche noi: "siamo in una fase in cui dobbiamo reimpossessarci della prospettiva" (De Biase); "internet e' uno strumento che non e' fatto per uno scopo solo, e che andra' bene per tutti gli scopi futuri che vorremo inventare" (Weinberger); a cui mi aggiungo immodestamente con "lo strumento internet serve per disegnare nuovi mondi, e quindi nuovi scopi e nuovi strumenti e modalita' di utilizzo".
Dunque un grazie grande come un arsenale, a tutti quelli che hanno contribuito a questo evento, sia nella prima fase organizzativa (compresa la tappa vicentina), sia partecipando e apprezzandolo nei commenti finali. Nei confronti di voi tutti, adesso, e' un dovere continuare a sviluppare questa voglia di essere rete e fare rete!
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lunedì 12 ottobre 2009
VeneziaCamp2009 - Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale
Ecosistema 2.0 si focalizza sulla considerazione che l’ecosistema territoriale e quello digitale andranno sempre piu’ sovrapponendosi, per il semplice motivo che ad abitarlo sono le stesse persone. Quale potenziale si libera man mano che cade il muro che ancora si percepisce? Quale valore porta un’applicazione piu’ diffusa dei modelli a rete? Quale spinta di innovazione pervadera’ il nuovo habitat, sia nella dimensione sociale, civica, economica, politica? Sono queste le stesse domande, insieme alla sfida di concretizzare risposte, che il progetto Cittadinanza Digitale pone all’attenzione di Venezia.
Nell'ambito del VeneziaCamp2009, quindi, Ecosistema 2.0 ha organizzato un evento dal titolo "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", che si terra' quindi all'Arsenale, Sala Brucola, sabato 24, dalle 14:00 alle 17:00.
I temi proposti sono:
Inspirazione
0) Gino Tocchetti: Introduzione all'incontro e sul tema "cos'e' la rete?";
1) Sergio Los: Voglia di civicita';
2) Sophia Los: Riti per reti;
3) Stefano Rossi: Governare reti, governare con le reti;
4) Maurizio Salamone: Modelli collaborativi: dal mondo naturale alla chiave simbolica;
Espirazione
5) Federica Festi: Land through the social web;
6) Mattia Ballan: Rubano citizens - cittadini 2.0;
7) Barbara Zen: Coworking project: il lavoro nomade;
8) Samuel Gentile: Startgreen: come la rete aiuta a creare nuova impresa;
9) Dario Bonaldo: Energie rinnovabili e valore sociale: un modello abilitato della rete;
10) Matteo Brunati: Internet delle cose veneziane;
11) Stefano Schiavo: Lean 2.0: un approccio integrato per l'innovazione organizzativa;
Questi temi sono stati presentati, in anteprima, a Vicenza il 7 Ottobre, in occasione dell’evento "Venezia chiama, il territorio risponde".
L'iscrizione all'evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", al VeneziaCamp2009 e' obbligatoria, e va fatta entro domenica 18 Ottobre, cliccando qui.
Nell'ambito del VeneziaCamp2009, quindi, Ecosistema 2.0 ha organizzato un evento dal titolo "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", che si terra' quindi all'Arsenale, Sala Brucola, sabato 24, dalle 14:00 alle 17:00.
I temi proposti sono:
Inspirazione
0) Gino Tocchetti: Introduzione all'incontro e sul tema "cos'e' la rete?";
1) Sergio Los: Voglia di civicita';
2) Sophia Los: Riti per reti;
3) Stefano Rossi: Governare reti, governare con le reti;
4) Maurizio Salamone: Modelli collaborativi: dal mondo naturale alla chiave simbolica;
Espirazione
5) Federica Festi: Land through the social web;
6) Mattia Ballan: Rubano citizens - cittadini 2.0;
7) Barbara Zen: Coworking project: il lavoro nomade;
8) Samuel Gentile: Startgreen: come la rete aiuta a creare nuova impresa;
9) Dario Bonaldo: Energie rinnovabili e valore sociale: un modello abilitato della rete;
10) Matteo Brunati: Internet delle cose veneziane;
11) Stefano Schiavo: Lean 2.0: un approccio integrato per l'innovazione organizzativa;
Questi temi sono stati presentati, in anteprima, a Vicenza il 7 Ottobre, in occasione dell’evento "Venezia chiama, il territorio risponde".
L'iscrizione all'evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", al VeneziaCamp2009 e' obbligatoria, e va fatta entro domenica 18 Ottobre, cliccando qui.
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sabato 10 ottobre 2009
Web di terra e web di acqua, e le persone a coltivare
Ecosistema 2.0 si focalizza sulla considerazione che l'ecosistema territoriale e quello digitale andranno sempre piu' sovrapponendosi, per il semplice motivo che ad abitarlo sono le stesse persone. Quale potenziale si libera man mano che cade il muro che ancora si percepisce? Quale valore porta un'applicazione piu' diffusa dei modelli a rete? Quale spinta di innovazione pervadera' il nuovo habitat, sia nella dimensione sociale, civica, economica, politica? Sono queste le stesse domande, insieme alla sfida di concretizzare risposte, che il progetto Cittadinanza Digitale pone all'attenzione di Venezia.
Il contributo di Ecosistema 2.0 al VeneziaCamp non sara' quindi solo di partecipazione e promozione nell'ambito del proprio network, ma ambisce a portare stimoli e a chiarire concetti utili per tutti coloro a cui il progetto Cittadinanza Digitale offre grandi opportunita', a condizione di comprenderne e saperne sviluppare potenziale.
Da questa'estate si e' proceduto con una fitta rete di interazioni con gli amici e i professionisti, e con i rappresentanti dei network, insomma tutti coloro che hanno dimostrato una consonanza di interpretazione dei modelli a rete, e una similitudine di approccio. Sono stati quindi identificati via via una rosa di interventi, dal carattere piu' fondamentale e di ispirazione, a quelli piu' concreti che riportano testimonianze della forza dei modelli a rete applicati nel territorio aumentato dal supporto di internet.
E' stato quindi presentato un progetto bozza, dal titolo "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", al comitato organizzatore che ha innanzitutto apprezzato il valore e ha suggerito l'utilizzo di una delle sale dell'Arsenale, nella giornata di sabato 24 dalle 14:30 alle 18:30. I temi che sono emersi da questa prima fase, e alcune modalita' di presentazione, sono stati anticipati nell'incontro di Vicenza, "Venezia chiama, il territorio risponde", in vista del VeneziaCamp, il 7 ottobre.
La modalita' di presentazione che sara' adottata a Venezia, e' ispirata alla metodologia "ignite", pero' ammorbidita e resa piu' congrua con le prassi ricorrenti in Italia. Questa decisione e' stata presa proprio dopo aver consultato il preziosissimo sito di Ignite Italia. In questo momento si prevede di dare 12 minuti a testa e 20 secondi a slide come riferimento. Inoltre, dopo il giro di presentazioni e' prevista una seconda fase in cui si discutono le stesse, si fanno domande, ed eventualmente - se le domande lo rendono opportune - si possono esporre altri 3 minuti. Questi parametri sono stati "testati" a Vicenza, dove pero' il contesto era differente proprio perche' l'obiettivo della serata non era quello di riprodurre l'intero intervento di Venezia. Ragionando sul risultato di Vicenza, si potranno avere ulteriori aggiustamenti dell'intervento a Venezia.
L'incontro di Vicenza, a cui hanno partecipato 25 persone (20 era l'obiettivo) e' stato diviso in 3 parti:
18:30-19:30 : happy hour e rottura di ogni barriera tra i partecipanti provenienti da gruppi diversi, o nuovi nel contesto
19:30-21:30 : giro di presentazioni, con 4 minuti (12 slide) a testa
21:30 : cena
I temi trattati sono stati:
Inspirazione.
0) Gino Tocchetti: Introduzione all'incontro e su "cos'e' la rete?"
1) Sergio Los: Voglia di civicita' (assente giustificato);
2) Sophia Los: Riti per reti;
3) Stefano Rossi: Governare reti, governare con le reti;
4) Maurizio Salamone: Modelli collaborativi: dal mondo naturale alla chiave simbolica;
Espirazione.
5) Federica Festi: Land through the social web
6) Mattia Ballan: Rubano citizens - cittadini 2.0
7) Barbara Zen: Coworking project: il lavoro nomade
8) Samuel Gentile: Startgreen: come la rete aiuta a creare nuova impresa;
9) Dario Bonaldo: Energie rinnovabili e valore sociale: un modello abilitato della rete;
10) Matteo Brunati: Internet delle cose veneziane
11) Stefano Schiavo: Lean 2.0: un approccio integrato per l'innovazione organizzativa
Federica Lago ha introdotto il progetto Nodo Expo 2009.
Diciamo subito che il programma e' stato rispettato puntualmente fino alle 21:30, e che sia l'aperitivo che le presentazioni hanno funzionato come ci si aspettava, generando un grande coinvolgomento generale, un'atmosfera cordiale e informale prima e poi piu' concentrata (anche se mai supponente) durante le presentazioni.
Sul finire della seconda fase, il giro di domande era cosi' consistente e da parte di tutti, che e' stato necessario sforare fino alle 22:00, mettendo a dura prova sia la concentrazione dei presenti - si trattava pur sempre di una serata infrasettimanale e per molti questo periodo e' gia' intensissimo per motivi professionali - e anche la pazienza del cuoco!
Ad un certo punto, rientrando nella sala, poco prima della cena, quindi dopo 3 ore dall'inizio, sono rimasto affascinato dall'entusiasmo con cui tutti ancora si confrontavano e si divertivano insieme.
Possiamo dire che l'intento iniziale e' stato realizzato: una serata molto bella, ludica e divertente, ma anche ricca di stimoli e di confronti sinceri e di approfondimento. Un'altra piccola festa del networking in veneto (e nemmeno tanto piccola conoscendo un po' tutte quelle dell'ultimo anno). E non bisogna dimenticare che era una riunione di preparazione al VeneziaCamp, quindi col preciso compito di "sperimentare", e di conseguenza prevedendo di sbagliare per poi imparare come correggere.
Una serata che esprime perfettamente lo spirito di Ecosistema 2.0, dal momento che il potenziale dei modelli a rete e' stato l'elemento caratterizzante sia per i contenuti che per l'organizzazione stessa della serata, ma anche e soprattutto le persone, e il capitale sociale delle loro relazioni, e' stato il presupposto e insieme il risultato fondamentale.
Il contributo di Ecosistema 2.0 al VeneziaCamp non sara' quindi solo di partecipazione e promozione nell'ambito del proprio network, ma ambisce a portare stimoli e a chiarire concetti utili per tutti coloro a cui il progetto Cittadinanza Digitale offre grandi opportunita', a condizione di comprenderne e saperne sviluppare potenziale.
Da questa'estate si e' proceduto con una fitta rete di interazioni con gli amici e i professionisti, e con i rappresentanti dei network, insomma tutti coloro che hanno dimostrato una consonanza di interpretazione dei modelli a rete, e una similitudine di approccio. Sono stati quindi identificati via via una rosa di interventi, dal carattere piu' fondamentale e di ispirazione, a quelli piu' concreti che riportano testimonianze della forza dei modelli a rete applicati nel territorio aumentato dal supporto di internet.
E' stato quindi presentato un progetto bozza, dal titolo "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", al comitato organizzatore che ha innanzitutto apprezzato il valore e ha suggerito l'utilizzo di una delle sale dell'Arsenale, nella giornata di sabato 24 dalle 14:30 alle 18:30. I temi che sono emersi da questa prima fase, e alcune modalita' di presentazione, sono stati anticipati nell'incontro di Vicenza, "Venezia chiama, il territorio risponde", in vista del VeneziaCamp, il 7 ottobre.
La modalita' di presentazione che sara' adottata a Venezia, e' ispirata alla metodologia "ignite", pero' ammorbidita e resa piu' congrua con le prassi ricorrenti in Italia. Questa decisione e' stata presa proprio dopo aver consultato il preziosissimo sito di Ignite Italia. In questo momento si prevede di dare 12 minuti a testa e 20 secondi a slide come riferimento. Inoltre, dopo il giro di presentazioni e' prevista una seconda fase in cui si discutono le stesse, si fanno domande, ed eventualmente - se le domande lo rendono opportune - si possono esporre altri 3 minuti. Questi parametri sono stati "testati" a Vicenza, dove pero' il contesto era differente proprio perche' l'obiettivo della serata non era quello di riprodurre l'intero intervento di Venezia. Ragionando sul risultato di Vicenza, si potranno avere ulteriori aggiustamenti dell'intervento a Venezia.
L'incontro di Vicenza, a cui hanno partecipato 25 persone (20 era l'obiettivo) e' stato diviso in 3 parti:
18:30-19:30 : happy hour e rottura di ogni barriera tra i partecipanti provenienti da gruppi diversi, o nuovi nel contesto
19:30-21:30 : giro di presentazioni, con 4 minuti (12 slide) a testa
21:30 : cena
I temi trattati sono stati:
Inspirazione.
0) Gino Tocchetti: Introduzione all'incontro e su "cos'e' la rete?"
1) Sergio Los: Voglia di civicita' (assente giustificato);
2) Sophia Los: Riti per reti;
3) Stefano Rossi: Governare reti, governare con le reti;
4) Maurizio Salamone: Modelli collaborativi: dal mondo naturale alla chiave simbolica;
Espirazione.
5) Federica Festi: Land through the social web
6) Mattia Ballan: Rubano citizens - cittadini 2.0
7) Barbara Zen: Coworking project: il lavoro nomade
8) Samuel Gentile: Startgreen: come la rete aiuta a creare nuova impresa;
9) Dario Bonaldo: Energie rinnovabili e valore sociale: un modello abilitato della rete;
10) Matteo Brunati: Internet delle cose veneziane
11) Stefano Schiavo: Lean 2.0: un approccio integrato per l'innovazione organizzativa
Federica Lago ha introdotto il progetto Nodo Expo 2009.
Diciamo subito che il programma e' stato rispettato puntualmente fino alle 21:30, e che sia l'aperitivo che le presentazioni hanno funzionato come ci si aspettava, generando un grande coinvolgomento generale, un'atmosfera cordiale e informale prima e poi piu' concentrata (anche se mai supponente) durante le presentazioni.
Sul finire della seconda fase, il giro di domande era cosi' consistente e da parte di tutti, che e' stato necessario sforare fino alle 22:00, mettendo a dura prova sia la concentrazione dei presenti - si trattava pur sempre di una serata infrasettimanale e per molti questo periodo e' gia' intensissimo per motivi professionali - e anche la pazienza del cuoco!
Ad un certo punto, rientrando nella sala, poco prima della cena, quindi dopo 3 ore dall'inizio, sono rimasto affascinato dall'entusiasmo con cui tutti ancora si confrontavano e si divertivano insieme.
Possiamo dire che l'intento iniziale e' stato realizzato: una serata molto bella, ludica e divertente, ma anche ricca di stimoli e di confronti sinceri e di approfondimento. Un'altra piccola festa del networking in veneto (e nemmeno tanto piccola conoscendo un po' tutte quelle dell'ultimo anno). E non bisogna dimenticare che era una riunione di preparazione al VeneziaCamp, quindi col preciso compito di "sperimentare", e di conseguenza prevedendo di sbagliare per poi imparare come correggere.
Una serata che esprime perfettamente lo spirito di Ecosistema 2.0, dal momento che il potenziale dei modelli a rete e' stato l'elemento caratterizzante sia per i contenuti che per l'organizzazione stessa della serata, ma anche e soprattutto le persone, e il capitale sociale delle loro relazioni, e' stato il presupposto e insieme il risultato fondamentale.
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martedì 6 ottobre 2009
Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale
Ecosistema 2.0 si focalizza sulla considerazione che l'ecosistema territoriale e quello digitale andranno sempre piu' sovrapponendosi, per il semplice motivo che ad abitarlo sono le stesse persone.
Quale potenziale si libera man mano che cade il muro che ancora si percepisce? Quale valore porta un'applicazione piu' diffusa dei modelli a rete? Quale spinta di innovazione pervadera' il nuovo habitat, sia nella dimensione sociale, civica, economica, politica? Sono queste le stesse domande, insieme alla sfida di concretizzare risposte, che il progetto Cittadinanza Digitale pone all'attenzione di Venezia.
I temi che verranno proposti al VeneziaCamp, sabato 24 Ottobre, all'Arsenale, nell'evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", sono quindi (titoli da
definire, interventi da confermare):
- sulla questione urbanistica, la citta' tra il locale e il globale,
il suo impatto sul senso di civicita';
- sulla questione della governance di rete vs governance di territorio;
- sui modelli culturali di etnie dal mondo contemporaneo e dalla
storia, che valorizzano la rete sociale;
- sulla questione individuo vs gruppo, in chiave netafisica e nelle
metafore zen;
- esempi di servizi territoriali a carattere sociale realizzati con
tecnologie web/web2.0 ad opera di un ente parastatale a vicenza;
- un approfondimento di come l'utilizzo di internet sta cambiando e
valorizzando un settore impiantistico, quale quello dell'energia da
fonti rinnovabili;
- esempi di social network territoriali, non veneziani:
nordestcreativo, rubanocitizens e nodo;
- un esempio di Enterprise 2.0 sul fronte del mercato e uno sul fronte
dell'organizzazione interna;
- un esempio di utilizzo della rete e di location sul territorio in
aiuto ai professionisti nomadi;
- come l' "internet delle cose" portera' valore in una citta' come venezia;
- un intervento di marketing territoriale in valpolicella.
Questi temi sono presentati, in anteprima, a Vicenza, in occasione
dell'evento "Venezia chiama, il territorio risponde", mercoledi 7
ottobre.
Per iscriversi al VeneziaCamp:
http://barcamp.org/veneziacamp2009
Per iscriversi all'evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale" a Venezia, il 24 Ottobre alle 14:30:
http://www.veneziacamp.it/eventi/civicita-una-citta-intermedia-tra-locale-e-globale/
Per iscriversi all'evento "Venezia chiama, il territorio risponde" a Vicenza, il 7 Ottobre alle 18:30:
http://ecosistema20.ning.com/events/venezia-chiama-il-territorio
Per iscriversi a Ecosistema 2.0:
http://ecosistema20.ning.com
Quale potenziale si libera man mano che cade il muro che ancora si percepisce? Quale valore porta un'applicazione piu' diffusa dei modelli a rete? Quale spinta di innovazione pervadera' il nuovo habitat, sia nella dimensione sociale, civica, economica, politica? Sono queste le stesse domande, insieme alla sfida di concretizzare risposte, che il progetto Cittadinanza Digitale pone all'attenzione di Venezia.
I temi che verranno proposti al VeneziaCamp, sabato 24 Ottobre, all'Arsenale, nell'evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale", sono quindi (titoli da
definire, interventi da confermare):
- sulla questione urbanistica, la citta' tra il locale e il globale,
il suo impatto sul senso di civicita';
- sulla questione della governance di rete vs governance di territorio;
- sui modelli culturali di etnie dal mondo contemporaneo e dalla
storia, che valorizzano la rete sociale;
- sulla questione individuo vs gruppo, in chiave netafisica e nelle
metafore zen;
- esempi di servizi territoriali a carattere sociale realizzati con
tecnologie web/web2.0 ad opera di un ente parastatale a vicenza;
- un approfondimento di come l'utilizzo di internet sta cambiando e
valorizzando un settore impiantistico, quale quello dell'energia da
fonti rinnovabili;
- esempi di social network territoriali, non veneziani:
nordestcreativo, rubanocitizens e nodo;
- un esempio di Enterprise 2.0 sul fronte del mercato e uno sul fronte
dell'organizzazione interna;
- un esempio di utilizzo della rete e di location sul territorio in
aiuto ai professionisti nomadi;
- come l' "internet delle cose" portera' valore in una citta' come venezia;
- un intervento di marketing territoriale in valpolicella.
Questi temi sono presentati, in anteprima, a Vicenza, in occasione
dell'evento "Venezia chiama, il territorio risponde", mercoledi 7
ottobre.
Per iscriversi al VeneziaCamp:
http://barcamp.org/veneziacamp2009
Per iscriversi all'evento "Civicita': una citta' intermedia tra locale e globale" a Venezia, il 24 Ottobre alle 14:30:
http://www.veneziacamp.it/eventi/civicita-una-citta-intermedia-tra-locale-e-globale/
Per iscriversi all'evento "Venezia chiama, il territorio risponde" a Vicenza, il 7 Ottobre alle 18:30:
http://ecosistema20.ning.com/events/venezia-chiama-il-territorio
Per iscriversi a Ecosistema 2.0:
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giovedì 17 settembre 2009
The Digital Umanities Manifesto 2.0 released
clipped from stefanobellanda.altervista.org
Invito fortemente a leggere, diffondere e discutere questo documento
Riprendo dal blog di Stefano, e diffondo volentieri questo Digital Umanities Manifesto 2.0
clipped from www.stanford.edu
The 2.0 version of the Digital Humanities manifesto, a collaborative project of the 2009 UCLA Mellon Seminar on the Digital Humanities, has now been released for commentary and debate. Principally authored by seminar leaders Jeffrey Schnapp and Todd Presner, with contributions by other members of the seminar, including Peter Lunenfeld and Johanna Drucker, as well as by commentators on the 1.0 release, it seeks to formulate, albeit in a ludic and polemical fashion, a mission/vision statement for the future development of the Humanities disciplines.
Estratto dall'articolo di Matteo Bittanti
“Redatto in forma collettiva e cooperativa dai partecipanti del Mellon Seminar della UCLA nel corso del 2009, il Manifesto dell’Umanistica Digitale 2.0 ambisce a definire – o ri/definire – connotati delle discipline umanistiche nell’era del Web 2.0. I suo padri spirituali e principali promotori sono Todd Presner (UCLA) e Jeffrey Schnapp (Stanford University), a cui si aggiungono Peter Lunenfeld e Johanna Drucker. I ventisei punti della versione originale sono diventati cinquanta nella seconda incarnazione. L’obiettivo chiave di questo documento – una vera e propria chiamata alle armi – è ripensare il ruolo e la funzione dell’università in una fase di portentosa trasformazione dei mezzi di comunicazione e delle dinamiche di apprendimento e insegnamento. Duellanti lo pubblica in esclusiva per l’Italia. Con una sola raccomandazione: leggetelo attentamente, remixatelo, diffondetelo, infilatelo nella casella della posta dei vostri professori universitari che non rispondono mai agli email e non si fanno mai trovare e che non sanno nemmeno aggiornare una pagina web. La rivoluzione non sara tramessa in televisione perché la televisione è finita. La rivoluzione siete voi che leggete. La rivoluzione siete voi che desiderate un’università degna di un paese moderno. La rivoluzione siete voi che non siete ancora fuggiti all’estero. La rivoluzione siete voi che ci credete ancora. Buona lettura.
(traduzione di Matteo Bittanti, documento originale in inglese: Download The Digital Humanities Manifesto 2.0 )
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sabato 12 settembre 2009
The Cult of Done Manifesto
David Orban riprende e traduce "The Cult of Done Manifesto", che circolava in rete gia' da qualche tempo. Nel suo articolo e' riportata anche la versione "visuale".
Anche se ritengo che fare sia importante! trovo che alcuni punti di questo manifesto sono troppo estremi, e (come tali) perfino pericolosi.
Il #1, onestamente, non l'ho capito, ma mi sembra decisamente opinabile.
Il #2, #5, #6, #7, #10 e il #13 li condivido e li sottoscrivo. Sono quelli per i quali si puo' evitare di appallottolare l'intero manifesto e "farne" un uso piu' appropriato, come esercizio per il basket col cestino dei rifuti.
Il #3 e il #6 aprono le porte ad un "fare che non risolve". Tra l'altro sembrerebbero in contraddizione col #1. Da riscrivere.
Il #4 e il #12 sdoganano gli impostori. Decisamente incondivisibili.
Per quanto riguarda l' #8, la "perfezione" non deve essere l'obiettivo, sono d'accordo, ma puo' e forse dovrebbe essere spesso l'ispirazione.
L' #11 e' indubbiamente vero, ma si dovrebbe incentivare un "fare che risulti comunque costruttivo", anche quando si stratta di dismettere qualcosa.
Conclusione. In base a quanto scritto nello stesso manifesto, averlo scritto cosi' risulterebbe gia' positivo (trattasi di auto-approvazione). Ma in base a come la penso io, proprio questo manifesto dimostra bene che alcuni punti vanno riscritti.
clipped from davidorban.com
- Ci sono tre stati dell’esistenza. Ignoranza, azione e completamento.
- Accetta che tutto è una bozza. Questo aiuterà a fare.
- Non c’è un secondo passaggio, di editing o montaggio.
- Far finta di sapere cosa stai facendo è quasi lo stesso che saperlo fare davvero. Quindi accetta che sai quello che stai facendo, anche se non è vero e fallo.
- Non procrastinare. Se aspetti più di una settimana per agire su un’idea, abbandonala.
- Lo scopo fare non è finire, ma di poter fare altro.
- Quando l’hai fatto puoi buttarlo via.
- Ridi in faccia alla perfezione. È noiosa e ti trattiene dal fare.
- Le persone che non si sporcano le mani sono nel torto. Se fai qualcosa hai ragione.
- Il fallimento conta come fare. Quindi devi fare tanti sbagli.
- La distruzione è una variante del fare.
- Se hai un’idea e la pubblichi online in Internet, conta come l’ombra del fare.
- Il fare è il motore del più.
Anche se ritengo che fare sia importante! trovo che alcuni punti di questo manifesto sono troppo estremi, e (come tali) perfino pericolosi.
Il #1, onestamente, non l'ho capito, ma mi sembra decisamente opinabile.
Il #2, #5, #6, #7, #10 e il #13 li condivido e li sottoscrivo. Sono quelli per i quali si puo' evitare di appallottolare l'intero manifesto e "farne" un uso piu' appropriato, come esercizio per il basket col cestino dei rifuti.
Il #3 e il #6 aprono le porte ad un "fare che non risolve". Tra l'altro sembrerebbero in contraddizione col #1. Da riscrivere.
Il #4 e il #12 sdoganano gli impostori. Decisamente incondivisibili.
Per quanto riguarda l' #8, la "perfezione" non deve essere l'obiettivo, sono d'accordo, ma puo' e forse dovrebbe essere spesso l'ispirazione.
L' #11 e' indubbiamente vero, ma si dovrebbe incentivare un "fare che risulti comunque costruttivo", anche quando si stratta di dismettere qualcosa.
Conclusione. In base a quanto scritto nello stesso manifesto, averlo scritto cosi' risulterebbe gia' positivo (trattasi di auto-approvazione). Ma in base a come la penso io, proprio questo manifesto dimostra bene che alcuni punti vanno riscritti.
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venerdì 11 settembre 2009
Premio ETI "Gli olimpici del teatro" - Vicenza
clipped from enteteatrale.it
È il Premio che l' ETI e il Teatro Stabile del Veneto , in accordo con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali , hanno istituito per creare un appuntamento annuale di grande prestigio e forza comunicativa. Espressione del mondo del teatro italiano nella sua varietà di correnti artistiche, di generi e di realtà produttive, "Gli Olimpici del Teatro" vuole essere un riconoscimento del Teatro al Teatro, consegnato dai professionisti e dagli artisti della scena ai loro colleghi, per creare un'importante occasione di incontro e di promozione.
Gli Olimpici si rifanno esplicitamente ad illustri esempi stranieri - i TONY AWARDS americani o i MOLIERES francesi - sia nell'intento di riunire il meglio di tutti i generi teatrali, sia nella formula della doppia votazione. Come negli Oscar del cinema, infatti, una giuria di esperti indica delle terne (nomination), che saranno poi votate da oltre 300 artisti e professionisti della scena , in rappresentanza della comunità artistica italiana.
Il Premio lega il suo nome ad uno dei luoghi più significativi della nostra cultura, il TEATRO OLIMPICO di Vicenza (Patrimonio Mondiale dell'UNESCO), lo splendido monumento di Andrea Palladio, che ospiterà la serata di consegna dei premi.
Le categorie da votare riguardano i migliori spettacoli in assoluto, i musical, i monologhi e le novità italiane; gli attori protagonisti, non protagonisti e emergenti; e poi registi, scenografi, costumisti, musicisti. Sono candidabili tutti gli artisti e tutti gli spettacoli in scena nella stagione, anche se hanno debuttato nelle stagioni precedenti.
La Giuria, di volta in volta composta da differenti esperti, tra artisti, critici, rappresentanti istituzionali, ha il compito di definire le nomination. Ogni anno la giuria sarà presieduta da una personalità esterna al mondo del Teatro.
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Un cowo a Bassano del Grappa/Vicenza
Seguo da quando e' nato, il progetto Coworking, che punta ad individuare nel territorio location di riferimento, generalmente coincidenti con gli uffici di qualche azienda o studio professionale lungimirante, che possono quindi essere affittate a prezzi modici, e soprattutto per periodi brevissimi - anche solo qualche ora - da professionisti mobili, in transito provvisorio.
Questa soluzione non ha solo il valore pratico di risolvere il problema del professionista "nomade", di trovare un punto di appoggio confortevole e sufficientemente attrezzato (wifi). Diventa anche piu' importante la possibilita' di creare momenti di incontro tra professionalita' ed esperienze diverse, imprevisti e disorganizzati, ma proprio per questo portatori di creativita' e di innovazione.
Sono quindi molto contento che si apra il primo "cowo" nella provincia di Vicenza, a Bassano, tra l'altro per iniziativa dell'amica Barbara e del suo studio:
Bassano del Grappa, Via Motton 56/A, 2 km dal centro storico e dalla stazione ferroviaria, presso lo studio di grafica tecnica e manualistica studiodz: ecco il primo Cowo di Bassano del Grappa.
Indirizzo: via Motton 56/A, 36061 Bassano del Grappa (qui le indicazioni stradali).
Persona di riferimento: Barbara Zen.
Contatto mail: barbara@studiodz.it.
Telefono: 0424/51.24.91.
Questa soluzione non ha solo il valore pratico di risolvere il problema del professionista "nomade", di trovare un punto di appoggio confortevole e sufficientemente attrezzato (wifi). Diventa anche piu' importante la possibilita' di creare momenti di incontro tra professionalita' ed esperienze diverse, imprevisti e disorganizzati, ma proprio per questo portatori di creativita' e di innovazione.
Sono quindi molto contento che si apra il primo "cowo" nella provincia di Vicenza, a Bassano, tra l'altro per iniziativa dell'amica Barbara e del suo studio:
Bassano del Grappa, Via Motton 56/A, 2 km dal centro storico e dalla stazione ferroviaria, presso lo studio di grafica tecnica e manualistica studiodz: ecco il primo Cowo di Bassano del Grappa.
Indirizzo: via Motton 56/A, 36061 Bassano del Grappa (qui le indicazioni stradali).
Persona di riferimento: Barbara Zen.
Contatto mail: barbara@studiodz.it.
Telefono: 0424/51.24.91.
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giovedì 3 settembre 2009
10th European Conference on Knowledge Management
Per la prima volta in Italia
10th European Conference on Knowledge Management
Università Degli Studi Di Padova, Vicenza, Italy
3-4 September 2009
Conference Chair: Ettore Bolisani, Università Degli Studi Di Padova, Italy
Programme Chair: Enrico Scarso, Università Degli Studi Di Padova, Italy
Keynote speaker: Antonio Linari, Semantic Intelligence Division – Expert System S.P.A.
Keynote speaker: Irma Becerra-Fernandez, Florida International University (FIU), USA.
Keynote speaker: Frieda Brioschi, Wikimedia Italia, Italy
The Università degli Studi di Padova located in Padua was founder in 1222 when a large group of students and professors left the University of Bologna in search of more academic freedom. From the fifteenth to the eighteenth century, the university was renowned for its research, particularly in the areas of medicine, astronomy, philosophy and law. The university can count Galileo Galilei (1592-1610) and Nicolaus Copernicus (1501-1502) as two of its most famous scholars. In recent years, the University has been able to meet the problems posed by overcrowded facilities by re-deploying over the Veneto as a whole. In 1990, the Institute of Management and Engineering was set up in the nearby town of Vicenza located about 40Km from Padua. The student body today numbers in excess of 65,000 students
The conference will take place at the DTG - Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali in Vincenza. The town of Vicenza has remote origins, that go back to the prehistoric age. In the medieval area Vicenza was under the domination of the Scaligery dynasty, but from 1404 to 1797 the long Venetian domination guaranteed four centuries of peace and well-being. The art reached very high levels and the economy grew. The 16th century was the time of the great architect Andrea Palladio, who left Vicenza and the whole world a priceless artistic heritage. In the 19th century, after the fall of Napoleon, the town passed to the Austrians and later belonged to the Lombard Venetian Kingdom. In 1866 it was incorporated into the Kingdom of Italy.
September is a great time to travel to Italy and the Veneto region has much to offer the visitor. We have every confidence of providing an exciting, worthwhile and intellectually stimulating conference.
Come and join us at ECKM 2009, in Vicenza!
10th European Conference on Knowledge Management
Università Degli Studi Di Padova, Vicenza, Italy
3-4 September 2009
Conference Chair: Ettore Bolisani, Università Degli Studi Di Padova, Italy
Programme Chair: Enrico Scarso, Università Degli Studi Di Padova, Italy
Keynote speaker: Antonio Linari, Semantic Intelligence Division – Expert System S.P.A.
Keynote speaker: Irma Becerra-Fernandez, Florida International University (FIU), USA.
Keynote speaker: Frieda Brioschi, Wikimedia Italia, Italy
The Università degli Studi di Padova located in Padua was founder in 1222 when a large group of students and professors left the University of Bologna in search of more academic freedom. From the fifteenth to the eighteenth century, the university was renowned for its research, particularly in the areas of medicine, astronomy, philosophy and law. The university can count Galileo Galilei (1592-1610) and Nicolaus Copernicus (1501-1502) as two of its most famous scholars. In recent years, the University has been able to meet the problems posed by overcrowded facilities by re-deploying over the Veneto as a whole. In 1990, the Institute of Management and Engineering was set up in the nearby town of Vicenza located about 40Km from Padua. The student body today numbers in excess of 65,000 students
The conference will take place at the DTG - Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali in Vincenza. The town of Vicenza has remote origins, that go back to the prehistoric age. In the medieval area Vicenza was under the domination of the Scaligery dynasty, but from 1404 to 1797 the long Venetian domination guaranteed four centuries of peace and well-being. The art reached very high levels and the economy grew. The 16th century was the time of the great architect Andrea Palladio, who left Vicenza and the whole world a priceless artistic heritage. In the 19th century, after the fall of Napoleon, the town passed to the Austrians and later belonged to the Lombard Venetian Kingdom. In 1866 it was incorporated into the Kingdom of Italy.
September is a great time to travel to Italy and the Veneto region has much to offer the visitor. We have every confidence of providing an exciting, worthwhile and intellectually stimulating conference.
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martedì 25 agosto 2009
Business Day per la Ricerca nel Nordest, il 2/10 in AREA, Trieste
Ricevo dall'amico Vittorio Baroni, e pubblico volentieri per dare massima evidenza:
BUSINESS DAY è una giornata di incontri one to one a Trieste con le istituzioni e le imprese più innovative di AREA Science Park , con la possibilità di scegliere le realtà di maggior interesse per le attività imprenditoriali e di proporsi per un incontro di business.
Da questa iniziativa di AREA Science Park emerge la dinamicità di un Nordest che vuole mettere a frutto il proprio patrimonio di Ricerca, ma anche che vuole apririsi al territorio in ottica d’impresa 2.0. La scienza, per incidere sulla vita di tutti i giorni, deve diventare tecnologia ed arrivare a proporre innovazioni di prodotto e di processo, di metodi e servizi. Perchè ciò accada, con meno tempo e meno risorse economiche a disposizione a livello globale, è necessario anticipare l’incontro tra ricerca e impresa.
In un precedente articolo avevamo approfondito la situazione a Venezia, ormai traguardata come Laboratorio digitale d’Italia con l’affermarsi dei metadistretti del Veneto. Al VEGA Parco Scientifico Tecnologico di Venezia abbiamo visto che sono connesse 4.500 aziende per oltre 100.000 addetti e che il VEGA sembra ormai proiettato verso la dimensione della cittadella della Conoscenza, Scienza e Tecnologia.
Ma la novità di questa iniziativa triestina sta anche nell'uso dei social network. Infatti la partecipazione avviene anche su facebook con il gruppo: “Business fresco di giornata”: come trasformare la Scienza in Innovazione. Neanche il tempo di uscire in libreria ed ecco un esempio di come poter ”Fare Business con Facebook”, il nuovo libro dell’amico Luca Conti che ci spiega quali vantaggi possono ottenere le aziende dal crearsi un profilo pubblico su facebook.
Il Gruppo su Facebook punta a individuare, raccogliere e condividere percorsi virtuosi, esperienze di successo, idee e spunti in merito. Partendo dall’esperienza del Business Day di AREA Science Park: per la prima volta un Parco Scientifico e Tecnologico si apre in modo strutturato ad incontri one to one con gli operatori del sistema italiano dell’innovazone.
Possono partecipare non fornitori, ma "Partner di innovazione":
La partecipazione è gratuita e consente di:
AREA Science Park è operatore di riferimento nazionale nel trasferimento tecnologico e prestigioso Parco Scientifico e Tecnologico multisettoriale. Sono 87 le realtà attive nei 2 campus, fra cui 66 imprese ad alto tasso di innovazione e 21 centri di ricerca. 2.200 addetti operanti nel Parco e oltre 140 milioni di euro di fatturato annuo complessivo. In AREA Science Park si svolgono attività di ricerca, sviluppo e innovazione tese al raggiungimento di risultati d’eccellenza: Energia e ambiente, Scienze della vita, Informatica e ICT, Fisica, Materiali, Nanotecnologie. E’ un luogo dove la formazione di alta qualità, la ricerca ed il fare impresa si incontrano e si convertono in una fondamentale risorsa per la crescita economica ed occupazionale del territorio.
BUSINESS DAY è una giornata di incontri one to one a Trieste con le istituzioni e le imprese più innovative di AREA Science Park , con la possibilità di scegliere le realtà di maggior interesse per le attività imprenditoriali e di proporsi per un incontro di business.
Da questa iniziativa di AREA Science Park emerge la dinamicità di un Nordest che vuole mettere a frutto il proprio patrimonio di Ricerca, ma anche che vuole apririsi al territorio in ottica d’impresa 2.0. La scienza, per incidere sulla vita di tutti i giorni, deve diventare tecnologia ed arrivare a proporre innovazioni di prodotto e di processo, di metodi e servizi. Perchè ciò accada, con meno tempo e meno risorse economiche a disposizione a livello globale, è necessario anticipare l’incontro tra ricerca e impresa.
In un precedente articolo avevamo approfondito la situazione a Venezia, ormai traguardata come Laboratorio digitale d’Italia con l’affermarsi dei metadistretti del Veneto. Al VEGA Parco Scientifico Tecnologico di Venezia abbiamo visto che sono connesse 4.500 aziende per oltre 100.000 addetti e che il VEGA sembra ormai proiettato verso la dimensione della cittadella della Conoscenza, Scienza e Tecnologia.
Ma la novità di questa iniziativa triestina sta anche nell'uso dei social network. Infatti la partecipazione avviene anche su facebook con il gruppo: “Business fresco di giornata”: come trasformare la Scienza in Innovazione. Neanche il tempo di uscire in libreria ed ecco un esempio di come poter ”Fare Business con Facebook”, il nuovo libro dell’amico Luca Conti che ci spiega quali vantaggi possono ottenere le aziende dal crearsi un profilo pubblico su facebook.
Il Gruppo su Facebook punta a individuare, raccogliere e condividere percorsi virtuosi, esperienze di successo, idee e spunti in merito. Partendo dall’esperienza del Business Day di AREA Science Park: per la prima volta un Parco Scientifico e Tecnologico si apre in modo strutturato ad incontri one to one con gli operatori del sistema italiano dell’innovazone.
Possono partecipare non fornitori, ma "Partner di innovazione":
- imprenditori orientati all'innovazione;
- ricercatori o manager della ricerca;
- business angel e ventur capitalist;
- operatori di parchi, distretti e altre realtà del sistema dell'innovazione.
La partecipazione è gratuita e consente di:
- scoprire nuovi prodotti e tecnologie di grande impatto sul mercato;
- scambiarsi conoscenze e competenze in settori di punta;
- intraprendere nuove relazioni commerciali;
- stringere accordi di ricerca, sviluppo e collaborazione tecnica;
- trovare nuovi rapporti e accordi produttivi;
- stringere accordi di licenza e migliorare la gestione strategica del portafoglio brevetti;
- trovare partner di progetti finanziabili da opportunità come il 7° Programma Quadro.
AREA Science Park è operatore di riferimento nazionale nel trasferimento tecnologico e prestigioso Parco Scientifico e Tecnologico multisettoriale. Sono 87 le realtà attive nei 2 campus, fra cui 66 imprese ad alto tasso di innovazione e 21 centri di ricerca. 2.200 addetti operanti nel Parco e oltre 140 milioni di euro di fatturato annuo complessivo. In AREA Science Park si svolgono attività di ricerca, sviluppo e innovazione tese al raggiungimento di risultati d’eccellenza: Energia e ambiente, Scienze della vita, Informatica e ICT, Fisica, Materiali, Nanotecnologie. E’ un luogo dove la formazione di alta qualità, la ricerca ed il fare impresa si incontrano e si convertono in una fondamentale risorsa per la crescita economica ed occupazionale del territorio.
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domenica 9 agosto 2009
VeneziaCamp2009: festa della cittadinanza digitale
Dicevo qui che il Progetto Cittadinanza Digitale, fortemente voluto dal vicesindaco di Venezia, Vianello, inaugurato col BateoCamp il 3 luglio, e' ora prossimo ad un altro grande evento, il VeneziaCamp2009, il 23, 24 e 25 ottobre 2009, all'Isola del Lazzaretto Vecchio.
Anche questo secondo evento si preannuncia come una grande festa popolare, questa volta pero', sia per la durata sia per la natura stessa del progetto, e' previsto che si entri nel merito del tema, la Cittadinanza Digitale. E' disponibile un wiki per il minimo coordinamento dell'iniziativa - scelta non casuale - predisposto da Gigi Cogo, formidabile animatore di questi eventi (ricordo il TwitterCamp dell'aprile 2008), ma soprattutto fertilissimo referente della Regione Veneto nell'innovazione basata su internet e il web2.0.
Sul wiki si sta gia' delineando una bozza del programma della tre-giorni, che comprende iniziative libere, e "dal basso", e che si preannunciano interessantissime, quali:
- la presentazione del Manifesto Amministrare 2.0. Si tratta di un'iniziativa a livello nazionale che e' stata promossa proprio a Venezia, gia' nel 2008, con l'obiettivo di portare il potenziale del web2.0 nell'ambito della PA, e che ha dato vita questa'anno al Tavolo Permanente. Si tratta dunque degli stessi principi ispiratori che hanno dato vita al progetto Cittadinanza Digitale, e che con quello costituiscono le due facce della stessa medaglia
- il seminario su "La sottrazione dell'autore", promosso dalla Scuola di Dottorato in Scienze della Formazione, della Cognizione e del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che approfondira' le nuove narrazioni in rete, dalla faceless revolution di Wu Ming, all’oltre-Facebook di Aldo Nove, dalle sperimentazioni di Giuseppe Genna all’ OUT-Facebook di Ibridamenti e alla community di Scrittura Industria Collettiva.
- incontri tra sviluppatori di applicazioni per facebook e iphone
- la consegna del Premio SocialApp Italia 2009, promosso da TOP-IX e Mikamai, con il supporto del Social Application Program di Sun Microsystems, e dedicato a team, singoli sviluppatori, agenzie, che abbiano sviluppato o che abbiano intenzione di sviluppare applicazioni per Facebook, Opensocial e Bebo. La novità per questa edizione del premio e che possono partecipare al contest sia le applicazioni italiane che quelle estere.
- una discussione sulla necessita' e i contenuti di una Carta Etica Digitale, che esprima principi e modalità per un uso consapevole della Rete, coordinata da Massimo Melica, fondatore di Innovatori, un'associazione indipendente e senza scopo di lucro che intende occuparsi dell’innovazione dei sistemi di comunicazione, della gestione e dell’amministrazione e della produzione di beni e servizi.
- un intervento su "La cultura della politica incontra la cultura dell'innovazione", promosso dalla Fondazione Gianni Pellicani, che si propone di favorire la crescita culturale, sociale e politica della collettività, nonché di stimolare l’evoluzione delle tecniche di gestione della cosa pubblica, con particolare attenzione all’amministrazione della città di Mestre Venezia, e dall'Istituto per le Politiche dell'Innovazione, un progetto collaborativo nato sul web tra professionisti informatici economisti, che si propone di studiare le tematiche dell’innovazione da ogni possibile angolo di visuale, fornire occasioni di confronto, dialogo e collaborazione tra aziende, istituzioni e società civile e, quindi, formulare al Governo ed al Parlamento proposte, idee e suggerimenti per la gestione di una politica dell’innovazione. Uno strumento di lavoro dell'Istituto e' il wiki, aperto ai contributi di tutti, sul quale sono ospitati periodicamente documenti contenenti idee di macropolitica dell'innovazione e disegni di legge finalizzati alla soluzione di specifici problemi del sistema innovazione.
In particolare, nella seconda giornata sono previsti "interventi dal basso" (Barcamp) sui temi suggeriti: cultura digitale, cittadinanza digitale, nuovi paradigmi della comunicazione, social media al servizio dei cittadini, ecc.
Patrocinatori istituzionali sono il Comune di Venezia e Venis, (Venezia Informatica e Sistemi S.p.A.), l'azienda di servizi ICT dell’Amministrazione Comunale di Venezia per la realizzazione, lo sviluppo e la conduzione tecnica del Sistema Informativo e della Rete di Telecomunicazioni. Tra i network e le associazioni che hanno dato il proprio supporto all'iniziativa, ci sono gia' Assint, Assodigitale, Innovatori, International Webmasters Association, Istituto per le Politiche dell'Innovazione, Nord Est Creativo, Ecosistema 2.0, Fondazione Gianni Pellicani.
Un grande progetto, destinato a fare scuola, e anche una grande responsabilita', per tutti: come "cittadini digitali" siamo tutti chiamati a trasformarlo in successo.
[Questo articolo e' pubblicato anche qui]
Anche questo secondo evento si preannuncia come una grande festa popolare, questa volta pero', sia per la durata sia per la natura stessa del progetto, e' previsto che si entri nel merito del tema, la Cittadinanza Digitale. E' disponibile un wiki per il minimo coordinamento dell'iniziativa - scelta non casuale - predisposto da Gigi Cogo, formidabile animatore di questi eventi (ricordo il TwitterCamp dell'aprile 2008), ma soprattutto fertilissimo referente della Regione Veneto nell'innovazione basata su internet e il web2.0.
Sul wiki si sta gia' delineando una bozza del programma della tre-giorni, che comprende iniziative libere, e "dal basso", e che si preannunciano interessantissime, quali:
- la presentazione del Manifesto Amministrare 2.0. Si tratta di un'iniziativa a livello nazionale che e' stata promossa proprio a Venezia, gia' nel 2008, con l'obiettivo di portare il potenziale del web2.0 nell'ambito della PA, e che ha dato vita questa'anno al Tavolo Permanente. Si tratta dunque degli stessi principi ispiratori che hanno dato vita al progetto Cittadinanza Digitale, e che con quello costituiscono le due facce della stessa medaglia
- il seminario su "La sottrazione dell'autore", promosso dalla Scuola di Dottorato in Scienze della Formazione, della Cognizione e del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che approfondira' le nuove narrazioni in rete, dalla faceless revolution di Wu Ming, all’oltre-Facebook di Aldo Nove, dalle sperimentazioni di Giuseppe Genna all’ OUT-Facebook di Ibridamenti e alla community di Scrittura Industria Collettiva.
- incontri tra sviluppatori di applicazioni per facebook e iphone
- la consegna del Premio SocialApp Italia 2009, promosso da TOP-IX e Mikamai, con il supporto del Social Application Program di Sun Microsystems, e dedicato a team, singoli sviluppatori, agenzie, che abbiano sviluppato o che abbiano intenzione di sviluppare applicazioni per Facebook, Opensocial e Bebo. La novità per questa edizione del premio e che possono partecipare al contest sia le applicazioni italiane che quelle estere.
- una discussione sulla necessita' e i contenuti di una Carta Etica Digitale, che esprima principi e modalità per un uso consapevole della Rete, coordinata da Massimo Melica, fondatore di Innovatori, un'associazione indipendente e senza scopo di lucro che intende occuparsi dell’innovazione dei sistemi di comunicazione, della gestione e dell’amministrazione e della produzione di beni e servizi.
- un intervento su "La cultura della politica incontra la cultura dell'innovazione", promosso dalla Fondazione Gianni Pellicani, che si propone di favorire la crescita culturale, sociale e politica della collettività, nonché di stimolare l’evoluzione delle tecniche di gestione della cosa pubblica, con particolare attenzione all’amministrazione della città di Mestre Venezia, e dall'Istituto per le Politiche dell'Innovazione, un progetto collaborativo nato sul web tra professionisti informatici economisti, che si propone di studiare le tematiche dell’innovazione da ogni possibile angolo di visuale, fornire occasioni di confronto, dialogo e collaborazione tra aziende, istituzioni e società civile e, quindi, formulare al Governo ed al Parlamento proposte, idee e suggerimenti per la gestione di una politica dell’innovazione. Uno strumento di lavoro dell'Istituto e' il wiki, aperto ai contributi di tutti, sul quale sono ospitati periodicamente documenti contenenti idee di macropolitica dell'innovazione e disegni di legge finalizzati alla soluzione di specifici problemi del sistema innovazione.
In particolare, nella seconda giornata sono previsti "interventi dal basso" (Barcamp) sui temi suggeriti: cultura digitale, cittadinanza digitale, nuovi paradigmi della comunicazione, social media al servizio dei cittadini, ecc.
Patrocinatori istituzionali sono il Comune di Venezia e Venis, (Venezia Informatica e Sistemi S.p.A.), l'azienda di servizi ICT dell’Amministrazione Comunale di Venezia per la realizzazione, lo sviluppo e la conduzione tecnica del Sistema Informativo e della Rete di Telecomunicazioni. Tra i network e le associazioni che hanno dato il proprio supporto all'iniziativa, ci sono gia' Assint, Assodigitale, Innovatori, International Webmasters Association, Istituto per le Politiche dell'Innovazione, Nord Est Creativo, Ecosistema 2.0, Fondazione Gianni Pellicani.
Un grande progetto, destinato a fare scuola, e anche una grande responsabilita', per tutti: come "cittadini digitali" siamo tutti chiamati a trasformarlo in successo.
[Questo articolo e' pubblicato anche qui]
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