Cosa intendiamo quando diciamo rete
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L'idea era nata da una riunione a cui avevo preso parte qualche settimana prima, in cui un ricercatore universitario aveva spiazzato tutti, ponendo la domanda in questione, e aggiungendo "le parole sono importanti". La sua tesi era che ormai si pronunciano le parole senza piu' preoccuparsi del significato originale, e soprattutto senza piu' verificare che abbiano lo stesso significato per tutti (almeno per tutti quelli che ascoltano).
Ma la mia era un'esigenza un po' piu' profonda e sostanziale. Mi interrogavo infatti su quali meccanismi fondamentali si basassero le reti, e in particolare "le reti che funzionano". Se Internet e' una rete che cresce per dimensione ad una velocita' sbalorditiva, e mai rallentata da 20 anni... qual'e' il motivo?
Il principio regolatore che ritengo fondamentale e' quello del capitale sociale, un argomento che ha fruttato il nobel a Gary Baker nel 1992, e che da quell'anno e' stato al centro di numerosi approfondimenti nel mondo della ricerca, ma di cui mi piace la definizione di Lyda Hanifan, che lavorava nel settore della Scuola nel 1920:
“il capitale sociale si riferisce a quei beni tangibili che hanno valore più di ogni altro nella vita quotidiana delle persone: precisamente, la buona volontà, l’appartenenza ad organizzazioni, la solidarietà e i rapporti sociali tra individui e famiglie che compongono un’unità sociale”Dunque in una rete che funziona bene, il capitale sociale aumenta sempre, e permette non solo di tradursi in manifestazioni di solidarieta' nei momenti di emergenza (come nel caso di un terremoto, per esempio), ma in un piu' profondo sentimento di sintonia, di profonda compatibilita', pur nelle differenze. Al contrario, in una rete che funziona male, dove i partecipanti sprecano e distruggono il capitale sociale, si formano crepe, e alla lunga la rete stessa si spezza. Talvolta questo succede per errore da parte di qualcuno, che pur ben intenzionato, non ha ben chiaro certi meccanismi; talvolta succede perche' e' proprio nella natura di certe persone, esagerare col proprio individualismo e con la competitivita' (come lo scorpione che punge la rana che lo sta aiutando a guadare il fiume, causando il suo stesso annegamento, perche' "e' nella sua natura").
Legati al concetto di capitale sociale, sono poi quello della "regola d'oro", della reciprocita' di rete, delle "dinamiche dominanti" (Nobel a Nash nel 1994) e di "bene comune" (Nobel ad Elinor Ostrom e Oliver Williamson, quest'anno). Da notare i 3 nobel negli ultimi 15 anni: sono i temi del momento, ancora in fase di elaborazione, e che rappresentano lo shift paradigmatico di questo scorcio di nuovo millennio.
Ispirandosi a questi concetti, qualunque networker non puo' fallire, e anzi animera' una rete partecipativa, collaborativa, basata sulla fiducia, e capace di svilupparsi in modo sostenibile. E' dunque del tutto aperta? Non esattamente. Come direbbe David Weinberger, c'e' bisogno di "spazi aperti con un minimo controllo". Il controllo (che poi potrebbe essere semplicemente auto-controllo, se la consapevolezza fosse uguale per tutti) consiste nell'assicurare che siano condivisi e rispettati questi semplici principi, ai quali del resto si ispirano quasi tutte le netiquette ma senza la dovuta evidenza.
Quindi alla fine della presentazione, ho ripreso un vecchio articolo dal titolo "Social Business Networking: reti, non scatole", ponendo appunto la domanda: "tutto deve essere quindi sempre e totalmente aperto?", e proponendo come risposta l'immagine della cellula staminale.
Come cellula, la sua membrana non delimita cosi' rigorosamente un "dentro" e un "fuori", perche' e' anzi permeabile e osmotica. Inoltre lo spazio delimitato non ha sempre lo stesso volume, e si puo' immaginare che a volte parte dello spazio esterno viene acqisito all'interno, a volte parte di quello interno viene esternalizzato. Inoltre, come cellula staminale, la sua capacita' e' quella di generare organismi anche piu' complessi: genera reti. Come la cellula, cosi' le molecole e altri organismi, il nostro corpo, lo spazio a noi circostante e le prossemiche di relazione, la citta', la regione... tutti gli spazi sono organizzati secondo gradienti di concentrazione, e questi gradienti sono variabili nello spazio e nel tempo. Dunque la questione non e' se aperto o chiuso, ma quando e quanto semiaperto.
[Update 19/11/09 10:00] Questo articolo e' "reblogged" anche qui:
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- Ecosistema 2.0, il ning
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1 commento :
La discussione su FB ha raggiunto una sessantina di interventi molto interessanti...
vedi qui: http://www.facebook.com/note.php?note_id=170149566673&ref=mf
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