Prevedere cosa succedera' nel 2011 e' un po' come fare l'oroscopo: o perche' si scrivono scontate banalita', o perche' si azzarda uno scenario che sara' presto verificato, la propria reputazione potrebbe rapidamente portarsi ai livelli del mago Otelma.
Il mio pensiero quindi non si limita al 2011, e non formula tanto una previsione quanto un auspicio. E dal momento che viviamo in un mondo fortemente interconnesso, non mi concentrero' solo sul settore delle tecnologie digitali: in contraddizione con coloro che credono che l'innovazione sia dettata dalla tecnologia, cerchero' di riconoscere trend economici e sociali piu' generali, e di utilizzare l'emergenza di nuove tecnologie come verifica di quei trend. Faro' quindi riferimento ad una nuova tipologia di "bisogni ecosistemici", che Maslow aveva semplicemente escluso terminando la sua piramide al quinto livello, perche' a quel tempo non c'era sufficiente diffusione di ricchezza, la maggioranza non aveva ancora potuto scalare i primi gradini della piramide, e gli equilibri mondiali erano decisi esclusivamente nelle stanze dei bottoni. Solo oggi questi nuovi bisogni stanno emergendo, e possono e dovranno essere posti a motore dell'economia prossima futura.
Con riferimento alle tecnologie, questi bisogni emergenti hanno determinato il successo delle tecnologie "social" in questi anni, e nell'immediato futuro saranno la spinta per una sempre maggiore diffusione delle tecnologie per l'interconnessione di ecosistemi territoriali, ad incominciare dall'"internet delle cose". Il trend dovrebbe essere: "real life vs internet" > "life streaming on internet" > "living in augmented reality" > new eco living using internet as one of the supporting technologies.
Mi spiego meglio. Che ci sia un radicale cambio di civilta' in atto, qui in occidente, e' indubbio, tant'e' che ancora usiamo l'espressione "post industriale", perche' evidentemente sappiamo solo esprimerci su cosa non c'e' piu'. L'equilibrio precedente dipendeva dalla compresenza nello stesso territorio di un livello minimo di capitale, impianti produttivi e consumatori: quando la produzione ha iniziato ad essere pesantemente delocalizzata, e la crescita delle multinazionali ha trasferito il centro di comando in un iperuranio sovranazionale, sappiamo bene che il meccanismo si e' rotto. Concentrazione, consumo, e individuo sono schemi mentali in declino.
L'avvento dell'"economia della conoscenza", o di altri asset immateriali (dalla capacita' di innovazione alla capacita' di relazione con il crowd), non ha portato ad una nuova fase economica, come il termine suggeriva equivocamente, perche' non puo' esserci una nuova economia di mercato centrata sulla conoscenza, pur essendo la conoscenza fattore chiave in qualunque economia emergente. Siamo infatti convinti che lo sviluppo e l'utilizzo di conoscenza, che l'intelligenza collettiva, che la forza della rete non possano esprimere il proprio potenziale al massimo se non a condizione di essere preservati dalle implicazioni economiche e dalle logiche di business.
Dunque quale modello economico e sociale possiamo augurarci di vedere emergere (qui in occidente, in europa, in italia), a partire dal 2011, almeno a parziale integrazione del precedente, i cui prodromi sono gia' in qualche modo riconoscibili? Un sistema economico profondamente diverso, dove sono indirizzati bisogni della collettivita' prima che individuali (fabbisogno di energie pulite, salvaguardia dell'ambiente, servizi sociali in tutti i campi dalla sanita' alla sicurezza, momenti di socializzazione...). Bisogni che Maslow non aveva previsto, troncando la propria piramide al quinto livello, ancora basato sul "self".
Bisogni che essendo quindi "tipicamente territoriali" non possono che essere realizzati (completati) ed erogati "in loco", garantendo un maggiore equilibrio economico a livello locale. Infatti l'adattamento al contesto locale renderebbe inevitabile l'impiego di competenze e componenti autoctone, sarebbero necessari produttori di componenti e adattaori, e installatori e manutentori, esperti di usi e culture territoriali, tutti rigorosamente "locali". A questi bisogni, infatti, corrisponderebbero nuovi "servizi ecosistemici", e non solo quelli relativi agli ecosistemi ambientali anche se probabilmente analizzabili con analogo approccio. Questi servizi sarebbero resi disponibili da un comparto economico comprendente un indotto di proporzioni potenzialmente gigantesche, e darebbero vita veramente ad una nuova economia, un'"economia di ecosistema".
Naturalmente le tecnologie utilizzate e le metodologie consolidate possono (e devono) essere sviluppate grazie all'intelligenza collettiva globale e all'eccellenza di paesi tecnologicamente avanzati, i quali potrebbero adottare una logica produttiva industriale per l'hardware, e di tipo "opensource" per il software (per esempio l'energia da correnti marine dai paesi baltici, il fotovoltaico di nuova generazione americano, la bioingegneria italiana, i nanomateriali tedeschi, l'elettronica di consumo asiatica, e far girare tutto sul cloud e con l'opensource prodotto in rete...), garantendo contemporaneamente un basso livello dei prezzi dei componenti di primo livello, e possibilita' di investimento in ricerca per le infrastrutture.
E per quanto riguarda gli scenari digitali? la tecnologia utilizzata sara' profondamente cablata nel territorio, e contemporaneamente connessa in rete. Sappiamo che le tecnologie digitali hanno abilitato da tempo lo sviluppo della dimensione del "noi", della relazione, della condivisione, e che dal virtuale si stanno spostando nel reale e locale. Se questa e' la direzione, allora esploderanno presto tutte le tecnologie che vanno oggi sotto il nome di "internet delle cose", e che stanno gia' rendendo possibili radicali trasformazioni di settori quali la domotica, il monitoraggio di cose e persone per motivi di sicurezza o di tracciabilita', il settore della mobilita', i servizi sociali in house, il telelavoro, la produzione locale di energie pulite, l'intelligence basata sulla consultazione del crowd...
Quanto di tutto questo potrebbe accadere nel 2011? Poco, anzi pochissimo. Ma se a fine anno andremo a fare shopping solo dopo un giro su "Street View" e nella vetrina degli e-shop, e troveremo online le informazioni dei cittadini che si sono gia' orientati nei recessi della burocrazia della PA e le hanno condivise, e ci regoleremo nei nostri spostamenti con i servizi di geolocalizzazione e car-pooling risparmiando cosi' qualche decina di euro a settimana, e le nostre aziende realizzeranno prodotti e servizi che terngono conto delle banche di open data nel frattempo liberati... avremo fatto tutti noi un piccolo passo avanti nella direzione di un grande balzo per l'umanita'. E non stiamo parlando della luna, ma della nostra terra.
[pubblicato in Scenari Digitali 2011]
mercoledì 5 gennaio 2011
Verso una piramide piu' alta di quella di Maslow
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