[Reblog dal blog di Marketing Agora']
Rispondo qui ad alcuni spunti di PierLuca Santoro, ricucendoli. Uno quando segnala il caso di coalition marketing al Centro Commerciale Le Torrette (BG). L'altro quando cita Lorenzo Biscontin, che, specie dopo aver sentito Kotler a Milano, ripensa l'Ufficio Marketing dopo che in questi anni ha avuto sempre meno valore strategico ed e' stato concentrato/disperso sulla tattica (almeno un 20% di strategia, consiglia Kotler, evidentemente siamo molto sotto). Li', PierLuca si sofferma soprattutto sull'aspetto organizzativo. Un altro ancora quando rimanda alle ultime dichiarazioni di Levy, CEO di Publicis, tra le quali, riferendosi agli scarsi risultati di Facebook in termini di ricavi da pubblicita', c'e' anche "Io non sono sicuro che noi abbiamo trovato il modo migliore per comunicare con questi utenti".
Concordo con PierLuca sulla necessita' di "allineare" il business e la sua immagine sul mercato, e che nel web2.0 questo sia sempre piu' urgente. Anzi aggiungo: se il web2.0 e' solo il modo per trasferire questa immagine al mercato, allora il web2.0 fa parte della tattica. Se invece l'azienda si ristruttura in funzione della relazione col cliente, impostata stile web2.0, allora il web2.0 fa parte della strategia.
In entrambi i casi, il fatto che le PMI italiane non abbiano una vera organizzazione (verissimo) non mi sembra pertinente. Non vedo un problema di dimensione.
In una PMI servirebbe (1) una maggiore sensibilita' da parte dell'imprenditore a questi temi (e quindi la decisione di adottare l'approccio web2.0 almeno nella tattica se non nella strategia), e (2) una maggiore padronanza del linguaggio necessario per rivolgersi all'esterno dell'azienda da parte del responsabile commerciale. Ne seguirebbe cosi' un migliore coordinamento tra imprenditore (azienda) e responsabile commerciale (comunicazione verso il mercato), anche in un'azienda "micro" con meno di 10 dipendenti.
Il consorzio di imprese indirizza in parte il gap di cui sopra. Infatti e' vero che puo' garantire un responsabile marketing commerciale in outsourcing, e quindi a costo condiviso, ma bisogna vedere di che tipo di consorzio stiamo parlando. I distretti infatti non sono certo una novita': quelli sono mono-settore, spesso organizzati in filiera: [edit 20/11 15:00] il marketing di chi sta nel mezzo della filiera e' molto diverso da quello necessario per chi ha di fronte l'utente finale. L'esempio del Centro Torrette, invece, [edit 20/11 15:00] e' un consorzio tra negozi, siamo quindi nel retail, e qui il servizio marketing commerciale e' in realta' un "servizio del gestore della rete di vendita". Se poi la rete e' gestita da una "coalizione" invece che da un big player, non per questo quel tipo di marketing risulta diverso da quello tradizionale. [edit 20/11 15:00] Si possono pero' trovare migliori esempi di "coalition marketing" in cui aziende produttrici si consorziano dando vita ad una comune Agenzia marketing commerciale, grazie alla quale affrontare compatti mercati internazionali (soprattutto) con un budget condiviso.
Verrebbe comunque indirizzato cosi' solo il punto 2 di cui sopra, non necessariamente in "modo non convenzionale", e anche se fosse, il web2.0 sarebbe usato come strumento tattico (niente di quel 20% di strategia, che Kotler raccomanda).
La maggior sensibilita' del piccolo imprenditore rimane il punto piu' cruciale. Certamente c'e' un problema di informazione: spesso non sa nemmeno che esiste il web2.0. Sa che esiste un marketing tradizionale (1.0), i cui costi non sono alla sua portata, e i cui risultati sono spesso discutibili: quindi pensa, perche' un eventuale web2.0 dovrebbe essere piu' interessante ?
Ma se alle sue orecchie fini non arriva la voce che il web2.0 funziona, e in particolare per le PMI, e' perche' la "voce" che gira e' un'altra, come ha dichiarato Levy, appunto. (Il quale probabilmente ha qualche motivo per gettare acqua fredda sulla corsa del web2.0). Ne ho conosciuto molti che hanno gia' capito quello che Dave Winer ha profetizzato, parlando di OpenSocial: "la “pubblicita’ e’ destinata ad essere ricondotta a informazione, niente di piu'".
La questione quindi e' quando un approccio 2.0 al mercato sara' veramente strategico per la PMI. Se pensiamo che sia gia' oggi, bisogna dimostrarlo: ci vogliono esempi e numeri. Il piccolo imprenditore non ha budget per "atti di fede", in un campo cosi' lontano da quello che gli e' consueto.
lunedì 19 novembre 2007
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1 commento :
Carissimo Gino,
Grazie davvero del contributo molto interessante al tema che oggi - come "promesso" - ho ulteriormente espanso. Sono felice di vedere che c'è un ottima sintonia di visione tra di noi.
Un abbraccio.
Pier Luca Santoro
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