lunedì 7 marzo 2011

Manualita' colta: tra formazione, gavetta e nuove professionalita'

Si parlava oggi di giovani e mercato del lavoro, e di come la congiuntura mondiale non permette piu' a questo paese di dare un lavoro manageriale a tutti coloro lo pretendono che per anni di anzianita', gavetta scontata in aziende fortemente gerarchiche, e titolo di studio. Le aziende hanno sempre piu' spesso un'organizzazione piatta e la figura di manager che questi giovani hanno conosciuto nei primi anni della loro carriera, non e' certamente quella che loro potranno interpretare quando sara' il loro turno. Se quella e' la loro idea, il loro turno potrebbe non arrivare mai. Ecco allora qualche passaggio in tema, dall'articolo di Giancarlo Coro' su FirstDraft, che suggerisce un nuovo equilibrio emergente tra cultura del fare e competenza intellettuale.
[...] Il lavoro manuale sta anch’esso cambiando, diventando più intelligente, creativo e anche tecnologico. Pensiamo appunto all’idraulico, che oltre a maneggiare tubi e impianti sanitari, può in realtà diventare lo snodo decisivo per la diffusione della green economy nelle nostre case. Infatti, se vogliamo che qualcuno ci aiuti a recuperare efficienza energetica o ad ottimizzare i consumi d’acqua, è all’idraulico che ci dobbiamo rivolgere. Un idraulico, però, intelligente e istruito. Perché non dovrebbe avere una laurea?

[...] Questa relazione fra manualità e intelligenza vale anche per i servizi alla persona, come quello delle badanti, il cui lavoro aumenterebbe di valore se integrato da conoscenze mediche, psicologiche e organizzative. Una società che invecchia non ha bisogno solo di chi rimbocca le lenzuola, ma anche di chi sa applicare nuove tecnologie per l’assistenza, far funzionare la domotica nell’appartamento e organizzare servizi dedicati. In definitiva, se il lavoro manuale continua a dominare la scena del mercato del lavoro, non lo fa a scapito di quello istruito. L’errore è semmai continuare a pensare manualità e istruzione come dimensioni alternative, ma questo non fa bene né all’una, ne all’altra. Avvicinare scuola e università con il mondo del lavoro è dunque necessario per superare il dualismo dei saperi. Stage, testimonianze in aula, visite in azienda, laboratori di laurea, dottorati collegati ad un progetto di innovazione, … sono tutti strumenti che possono aiutare questo incontro. Ma è anche necessario che nella scuola e nell’università si diffonda la cultura dell’imprenditorialità, che costituisce il collegamento più efficace fra nuove conoscenza e nuovi prodotti e servizi. Per superare la disoccupazione intellettuale abbiamo bisogno anche di questo.

A questo proposito, tempo fa avevo indicato come paradigma da prendere a riferimento, dove possibile, quello del chirurgo, che combina una competenza maturata in anni di studi e di esperienza sul campo, e che pero' non cessa mai di operare con le proprie mani, e quindi di spendere una buona parte della sua giornata lavorativa eseguendo azioni pratiche, sostanzialmente analoghe a quello che faceva negli anni di apprendistato.

[Leggi l'articolo "La badante e la domotica" di Giancarlo Coro', direttamente sul blog di FirstDraft]

domenica 27 febbraio 2011

Riti sociali italiani 2.0: moda, cucina e apprendimento ludico

C'e' uno stile italiano per il quale siamo famosi nel mondo, altro che pizza e mandolino, mafia e bunga bunga. Uno stile tanto caratteristico e seducente, quanto difficilissimo da definire, come del resto tutte le cose che sono un distillato di millenni di storia, intrise di culture multietniche e magistralmente rielaborate, inspirate dalla bellezza di una terra che rimane ancora oggi, nonostante tutto, un concentrato di meraviglie. Di una forza tale percui in ogni angolo del mondo mi sono trovato, presentandomi da professionista o da semplice turista - e qualche volta turista cosi' fai da te da non sembrare proprio il classico pollo da sfruttare - in tutte le occasioni (tutte!) mi sono sentito subito abbracciare da sorrisi di simpatia e, si, di ammirazione: "ah, italy!".

Noi stessi, come popolo italiano e perfino come uomini di politica e di economia, ma anche di letteratura, non lo abbiamo ancora studiato analizzato e compreso con sufficiente approfondimento. Ne avvertiamo la presenza col retrocervello, lo raccomandiamo come valore aggiunto di ogni attivita' turistica nostrana (ma dell'intervento al BIT 2011, di Matteo Marzotto, presidente ENIT e rappresentante numero uno del brand Italia nel mondo, non c'e' traccia in rete), e pero' non sappiamo tutelarlo, lo sfruttiamo commercialmente con intelligenza e professionalita', ma piu' spesso lo associamo alle cause evidenti se non banali, spergiuriamo che e' tutto nostro ma non del nostro vicino, ci indignamo perche' lo stiamo perdendo, se gia' non lo abbiamo definitivamente corrotto e sciupato.

Non meriterebbe piuttosto un'attenzione maggiore, e se non ricerche accademiche o giornalistiche di opinabile autorevolezza, almeno una serie di iniziative volte proprio a stimolare l'autoconsapevolezza, e, perche' no, a condividerlo con i nostri fan nel mondo? Meglio se prima che lo facciano gli altri. Io credo che se c'e' un cancro che mina la salute di questo "italian way of life" e' proprio la mancanza di una ragionevole consapevolezza. E d'altra parte sono convinto che la sua forza sta proprio nell'essere innato, inconsapevole se non perfino sconosciuto a noi stessi, e dunque genuino. Raggiungere una via di mezzo sarebbe un risultato meraviglioso.

Ma anche se frutto di una misteriosa pozione magica, composta segretamente da cultura, storia, ambiente, gastronomia e moda, il nostro stile di vita altro non e' che una raffinata combinazione di comunicazione, sensibilita' condivisa e socialita'. Dunque anch'esso e' soggetto alla spinta innovatrice di internet, e quindi potenzialmente accompagnato ad una nuova profonda rivisitazione. Ancora una volta noi ci distinguiamo in questo, e guarda caso, siamo primi nell'utilizzo degli smartphone e dei social network. Anche qui, abbiamo subito abbracciato la parte dell'innovazione tecnologica che veramente ci interessa, senza le resistenze e senza la difficolta' di comprensione che invece mettiamo sull'altra parte (quella legata alla produttivita' e all'efficienza, che pero' ci servirebbe tanto quanto!).

Esiste gia' un "modello italiano" nell'utilizzo dei social media? "cazzeggio" e' una parola che entrera' nel vocabolario globale, al fianco di "romanzo" in letteratura, "allegro" nella musica, "lombard" in economia, "parmigiano" in gastronomia... ? Battute a parte sul cazzeggio, qui si fa riferimento alla capacita' che gli italiani hanno di utilizzare la dimensione ludica e sociale come strumento di lavoro, di stimolo alla coprogettazione, di condivisione multiculturale, e perfino di tenuta sociale e peace keeping... e di come questa si stia trasformando grazie a internet, e come internet viene per questo usato dagli italiani.

Con questo spirito e di queste cose parleremo nell'ambito del Digital Experience Festival, a Milano, dove Stefano Saladino ci ha gentilmente invitato a dare il nostro contributo, che consistera' nell'incontro dal titolo: "Riti sociali italiani 2.0: moda, cucina e apprendimento ludico", in particolare grazie a Mariela De Marchi, Sara Maternini e Domitilla Ferrari, e a tutti coloro che ci raggiungeranno allo IED - Sala B3 - Via Bezzecca, 5, Milano - 10 Marzo, dalle ore 10.30 alle 12.30 (iscrivetevi qui). Tutte donne: c'e' da meravigliarsi?
- Mariela De Marchi: consulente linguistica e di comunicazione online, gestisce progetti culturali ed esplora il teatro.
- Sara Maternini: community manager di professione, food blogger per passione, la potete trovare su quasi tutti i social network, anche e soprattutto i meno frequentati
- Domitilla Ferrari: giornalista passata al lato oscuro della forza: social media strategist in Mondadori, si definisce (con buon senso) guru dell'ovvio.
Gino Tocchetti, fondatore del think tank non convenzionale Ecosistema 2.0 e animatore del network che lo sostiene, dara' l'avvio al dibattito.

sabato 5 febbraio 2011

Cittadinanza digitale, e-Public Services: dibattito ispirato dai libri di Belisario, Cogo e Scano

Ecco la traccia che mi sono preparato per l'incontro di oggi, alla libreria Mondadori, Edicolè, Via S. Francesco 19 – Padova, alle 18:00, in cui verranno presentati i libri "La cittadinanza digitale", di Gigi Cogo, e "I siti web delle Pubbliche Amministrazioni" di Belisario Cogo e Scano, alla presenza degli autori, e amici, Gigi Cogo e Roberto Scano.

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Siamo alle porte di alcuni cambiamenti radicali nelle abitudini di vita della popolazione, anche italiana, rese possibili dalle tecnologie legate ad internet. Questi cambiamenti riguarderanno inevitabilmente anche la realazione tra cittadini e pubblica amministrazione.

Questi cambiamenti sono e saranno finalmente "possibili" per alcuni, e "necessari" per altri. Sono e saranno favoriti da chi e' gia' mentalmente predisposto, ed ostacolati dagli altri.
Sono e saranno cavalcati rapidamente e perfino sfruttati a proprio favore da alcuni, e affrontati con enorme resistenza e subiti da altri.

Non e' e non sara' nemmeno possibile delegare qualcuno che lo faccia per noi. In azienda come nella vita quotidiana, non puo' bastare il collaboratore volenteroso, o il figlio giovane e intraprendente. E' qualcosa che riguarda ognuno di noi, direttamente.

Data la portata di questi cambiamenti, nessuno potra' singolarmente deciderne il corso: si puo' e si potra' solo comprenderli ed assecondarli, o ritardare il proprio coinvolgimento (inutilmente) e utilizzarli male. Sia a livello di singolo individuo, che di paese intero.

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Nemmeno e' possibile immaginare un percorso formativo, anche se il nostro fosse un paese in cui la formazione non sia stata ridotta ad una farsa, perche' stiamo parlando di capacita' profondamente connesse alla natura dell'uomo, che da un lato tutti gia' le possiedono, e dall'altro e' la consapevolezza l'unico fattore che manca "a chi non sa".

Stiamo parlando di qualcosa che assomiglia molto a come andare in bicicletta. E' facile, facilissimo, banale per chi ha gia' imparato. Tutti possono farlo, e tutti effettivamente ci riescono. Pero' non esistono mauali per andare in bicicletta. L'unica e' provare, cadere forse le prime volte, e poi scoprire facendo, come si fa. Osservare una persona che ci mostra come si fa e' insufficiente: puo' solo accendere la voglia di provare.

Non servono quindi tanti corsi ne' tanti manuali di istruzioni (ma un po' di strumenti di facilitazione si), se c'e' l'interesse, la motivazione. Tutti oggi si iscrivono a facebook, perche' ci sono i loro amici, perche' tutti dicono che si divertono, perche' ne parlano anche i giornali. Nessuno ha insegnato loro come si fa, eppure si iscrivono e partecipano. E se si tratta di perdere qualche ora all'inizio a capire come fare in certe situazioni, ebbene scelgono di perderla senza remore.

Occorre quindi che scatti una spontanea determinazione. Di questo c'e' bisogno, piu' che di formazione: della creazione di un contesto favorevole e, si potrebbe dire, intrigante.

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Eppure la tecnologia pone sempre delle questioni per gli utenti. Ci si puo' collegare, quanta banda serve? Serve un computer o basta uno smartphone? Quale contratto con l'operatore di telefonia, a quale costo? Quale software? E la privacy? E la netiquette? E come faccio a vedere chi fa cosa? E chi e' ipovedente?

La Pubblica Amministrazione, che per definizione deve erogare un servizio pubblico, deve evidentemente porsi queste domande. Opensource o l'offerta chiavi in mano di qualche grosso vendor? di quale infrastruttura e' dotato un territorio e, soprattutto, chi la controlla? quale terminale possiamo immaginare che abbia l'ultimo dei pensionati e dei giovani in eta' scolare? Quali regole di accessibilita' dei contenuti?

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Farsi prendere dalle questioni tecnologiche, cruciali perche' inerenti l' "abilitazione" di tali servizi, non deve pero' distogliere dalle questioni effettivamente piu' fondamentali.
Quali servizi innovare? Come ottenere un effettivo taglio di costi a parita' di qualita' di servizio erogata, se non maggiore? Come favorire e in un certo senso sfruttare l'accresciuta partecipazione dei cittadini? Come innescare un virtuoso circolo di dialogo e conoscenza reciproca tra Pubblica Amministrazione e cittadinanza, che possa di fatto migliorare l'indirizzo della prima e quindi la soddisfazione dei secondi, che in gergo viene chiamata "edemocracy"?

I servizi che raggiungono piu' spesso la ribalta gia' oggi, sono sostanzialmente quelli che consentono
- il presidio del territorio da parte dei cittadini stessi, in materia di ordine pubblico e controllo dell'efficienza dei pubblici servizi decentrati
- la trasparenza sulle attivita' svolte dagli organi politici, e dai politici in particolare, in modo da assicurare la rappresentanza degli stessi dopo le elezioni
- la diffusione di informazioni utili tra cittadini, e con i referenti del servizio pubblico, in modo da aumentare la conoscenza del contesto reale, e assicurare che il pubblico servizio sia sempre piu' adatto a fornire risposte efficaci

La maggior parte di queste iniziative sono registrate all'estero, ma anche in italia qualcosa si sta muovendo. Esiste una differenza culturale tra questi paesi, oltre al gap tecnologico che comunque va considerato? Soprattutto c'e' abbastanza divulgazione di queste iniziative cosi' che gli italiani sappiano cosa effettivamente si puo' fare fin da oggi?

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Infine, con questi presupposti, si apre alla Pubblica Amministrazione la possibilita' di erogare un ulteriore tipologia di servizi: liberare i dati in proprio possesso. Si tratta di quantita' impressionante di dati, che riguardano un po' tutto, le persone, l'ambiente, l'economia...

La conoscenza di questi dati e' cruciale perche' la cittadinanza possa effettivamente conoscere se' stessa e il contesto in cui vive e lavora. Si innesca cosi' un processo virtuoso che potrebbe generare nuovi servizi, e migliorare quelli esistenti, e rendere le stesse decisioni, prese a vari livelli, piu' appropriate ed efficaci.

D'altra parte la circolazione di questa ulteriore massa di informazioni pone e porra' problemi analoghi a quanto abbiamo gia' visto nella prima fase di espansione di internet. A poco sara' servito se i dati liberati non saranno reperibili, consultabili e facilmente elaborabili. Occorre quindi assicurarsi che lo sforzo sia "utile" e che il risultato non sia fonte di piu' problemi di quanti non ne risolva.

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Un'ultima considerazione, su questo tema, rilancia una visione di maggiore prospettiva. Possiamo aumentare la conoscenza fattuale, sia in termini di servizi che di dati grezzi, ma siamo consapevoli che e' la capacita' di elaborazione di conoscenza la vera sfida che ci viene posta oggi? Se l'economia della conoscenza e' quella in cui viviamo, e vivremo sempre di piu', non e' forse arrivato anche il momento di ragionare veramente in termini di nuove professionalita', nuovi settori economici, e di nuovi parametri della qualita' della vita?

martedì 11 gennaio 2011

La PA in rete al servizio dei cittadini (ma veramente)

Carissimi,
con l'occasione organizzata da Gigi Cogo e Roberto Scano per la presentazione dei libri "Cittadinanza Digitale" e "I siti web e le Pubbliche Amministrazioni", in cui mi hanno voluto gentilmente coinvolgere, vi invito a partecipare al dibattito su come internet possa veramente trasformare la PA in un servizio per i cittadini, veneti in particolare.

Venite quindi a discutere la "nostra" PA, sabato 5 Febbraio, alle 18, alla Libreria Mondadori - Edicolè, a Padova, in VIA S. FRANCESCO 19

Saranno presenti gli autori Gianluigi Cogo e Roberto Scano, e coordinatore Gino Tocchetti.

Adesioni sulla pagina Facebook

I siti dei libri: Cittadinanza Digitale, I siti web e le Pubbliche Amministrazioni

mercoledì 5 gennaio 2011

Verso una piramide piu' alta di quella di Maslow

Prevedere cosa succedera' nel 2011 e' un po' come fare l'oroscopo: o perche' si scrivono scontate banalita', o perche' si azzarda uno scenario che sara' presto verificato, la propria reputazione potrebbe rapidamente portarsi ai livelli del mago Otelma.

Il mio pensiero quindi non si limita al 2011, e non formula tanto una previsione quanto un auspicio. E dal momento che viviamo in un mondo fortemente interconnesso, non mi concentrero' solo sul settore delle tecnologie digitali: in contraddizione con coloro che credono che l'innovazione sia dettata dalla tecnologia, cerchero' di riconoscere trend economici e sociali piu' generali, e di utilizzare l'emergenza di nuove tecnologie come verifica di quei trend. Faro' quindi riferimento ad una nuova tipologia di "bisogni ecosistemici", che Maslow aveva semplicemente escluso terminando la sua piramide al quinto livello, perche' a quel tempo non c'era sufficiente diffusione di ricchezza, la maggioranza non aveva ancora potuto scalare i primi gradini della piramide, e gli equilibri mondiali erano decisi esclusivamente nelle stanze dei bottoni. Solo oggi questi nuovi bisogni stanno emergendo, e possono e dovranno essere posti a motore dell'economia prossima futura.

Con riferimento alle tecnologie, questi bisogni emergenti hanno determinato il successo delle tecnologie "social" in questi anni, e nell'immediato futuro saranno la spinta per una sempre maggiore diffusione delle tecnologie per l'interconnessione di ecosistemi territoriali, ad incominciare dall'"internet delle cose". Il trend dovrebbe essere: "real life vs internet" > "life streaming on internet" > "living in augmented reality" > new eco living using internet as one of the supporting technologies.

Mi spiego meglio. Che ci sia un radicale cambio di civilta' in atto, qui in occidente, e' indubbio, tant'e' che ancora usiamo l'espressione "post industriale", perche' evidentemente sappiamo solo esprimerci su cosa non c'e' piu'. L'equilibrio precedente dipendeva dalla compresenza nello stesso territorio di un livello minimo di capitale, impianti produttivi e consumatori: quando la produzione ha iniziato ad essere pesantemente delocalizzata, e la crescita delle multinazionali ha trasferito il centro di comando in un iperuranio sovranazionale, sappiamo bene che il meccanismo si e' rotto. Concentrazione, consumo, e individuo sono schemi mentali in declino.

L'avvento dell'"economia della conoscenza", o di altri asset immateriali (dalla capacita' di innovazione alla capacita' di relazione con il crowd), non ha portato ad una nuova fase economica, come il termine suggeriva equivocamente, perche' non puo' esserci una nuova economia di mercato centrata sulla conoscenza, pur essendo la conoscenza fattore chiave in qualunque economia emergente. Siamo infatti convinti che lo sviluppo e l'utilizzo di conoscenza, che l'intelligenza collettiva, che la forza della rete non possano esprimere il proprio potenziale al massimo se non a condizione di essere preservati dalle implicazioni economiche e dalle logiche di business.

Dunque quale modello economico e sociale possiamo augurarci di vedere emergere (qui in occidente, in europa, in italia), a partire dal 2011, almeno a parziale integrazione del precedente, i cui prodromi sono gia' in qualche modo riconoscibili? Un sistema economico profondamente diverso, dove sono indirizzati bisogni della collettivita' prima che individuali (fabbisogno di energie pulite, salvaguardia dell'ambiente, servizi sociali in tutti i campi dalla sanita' alla sicurezza, momenti di socializzazione...). Bisogni che Maslow non aveva previsto, troncando la propria piramide al quinto livello, ancora basato sul "self".

Bisogni che essendo quindi "tipicamente territoriali" non possono che essere realizzati (completati) ed erogati "in loco", garantendo un maggiore equilibrio economico a livello locale. Infatti l'adattamento al contesto locale renderebbe inevitabile l'impiego di competenze e componenti autoctone, sarebbero necessari produttori di componenti e adattaori, e installatori e manutentori, esperti di usi e culture territoriali, tutti rigorosamente "locali". A questi bisogni, infatti, corrisponderebbero nuovi "servizi ecosistemici", e non solo quelli relativi agli ecosistemi ambientali anche se probabilmente analizzabili con analogo approccio. Questi servizi sarebbero resi disponibili da un comparto economico comprendente un indotto di proporzioni potenzialmente gigantesche, e darebbero vita veramente ad una nuova economia, un'"economia di ecosistema".

Naturalmente le tecnologie utilizzate e le metodologie consolidate possono (e devono) essere sviluppate grazie all'intelligenza collettiva globale e all'eccellenza di paesi tecnologicamente avanzati, i quali potrebbero adottare una logica produttiva industriale per l'hardware, e di tipo "opensource" per il software (per esempio l'energia da correnti marine dai paesi baltici, il fotovoltaico di nuova generazione americano, la bioingegneria italiana, i nanomateriali tedeschi, l'elettronica di consumo asiatica, e far girare tutto sul cloud e con l'opensource prodotto in rete...), garantendo contemporaneamente un basso livello dei prezzi dei componenti di primo livello, e possibilita' di investimento in ricerca per le infrastrutture.

E per quanto riguarda gli scenari digitali? la tecnologia utilizzata sara' profondamente cablata nel territorio, e contemporaneamente connessa in rete. Sappiamo che le tecnologie digitali hanno abilitato da tempo lo sviluppo della dimensione del "noi", della relazione, della condivisione, e che dal virtuale si stanno spostando nel reale e locale. Se questa e' la direzione, allora esploderanno presto tutte le tecnologie che vanno oggi sotto il nome di "internet delle cose", e che stanno gia' rendendo possibili radicali trasformazioni di settori quali la domotica, il monitoraggio di cose e persone per motivi di sicurezza o di tracciabilita', il settore della mobilita', i servizi sociali in house, il telelavoro, la produzione locale di energie pulite, l'intelligence basata sulla consultazione del crowd...

Quanto di tutto questo potrebbe accadere nel 2011? Poco, anzi pochissimo. Ma se a fine anno andremo a fare shopping solo dopo un giro su "Street View" e nella vetrina degli e-shop, e troveremo online le informazioni dei cittadini che si sono gia' orientati nei recessi della burocrazia della PA e le hanno condivise, e ci regoleremo nei nostri spostamenti con i servizi di geolocalizzazione e car-pooling risparmiando cosi' qualche decina di euro a settimana, e le nostre aziende realizzeranno prodotti e servizi che terngono conto delle banche di open data nel frattempo liberati... avremo fatto tutti noi un piccolo passo avanti nella direzione di un grande balzo per l'umanita'. E non stiamo parlando della luna, ma della nostra terra.

[pubblicato in Scenari Digitali 2011]

venerdì 22 ottobre 2010

Reti in azienda, reti tra aziende: un altro passo importante nella valorizzazione di ecosistemi 2.0

Ieri a SMAU Milano 2010, si e' tenuto il ciclo di interventi sul tema "Reti in azienda, reti tra aziende", promosso da Ecosistema 2.0, e che ha compreso gli interventi di:

- Mario Gastaldi: Reti…tra le Imprese e all’interno delle Aziende: Facilitazione di interazioni per la costruzione di Reti (slide)
- Stefano Schiavo: Diventare "surfisti": il 2.0 nello sviluppo organizzativo (slide)
- Emanuele Quintarelli: Il Social CRM mette l’individuo al centro del business (slide)
- Michele D'Alena: La comunicazione nei social media di una rete d’imprese: l’esempio della Camera di Commercio Italiana in Slovacchia (slide)
- Michele Vianello: Investire in Enterprise 2.0 per competere sul mercato globale VEGALAB: l’innovazione di processo produttivo per le PMI (slide)
- Gino Tocchetti: Reti in azienda, reti tra aziende: Reti per l'aggiornamento professionale (slide), insieme a Christian Zocchetta: Il Social Network dei Gruppi di Studio in CPV (slide)

L'evento ha suscitato un grande interesse come dimostrato dall'affluenza e dal prolungarsi dell'open talk finale, che e' finito alle 17:30 invece che alle 17. Anzi proprio quest' ultimo spazio e' stato particolarmente apprezzato, cosa che rende particolarmente orgogliosi visto che nelle iniziative di Ecosistema 2.0 si cerca proprio di scardinare gli schemi classici dei seminari (un po' troppo chiusi e frammentati), senza pero' arrivare all'approccio completamente destrutturato dei barcamp.

L'organizzazione di SMAU, e in particolare Erika Maiutto e Valentina Sorgato sono state bravissime e disponibilissime, e insieme abbiamo concordato un format perfettamente inserito nella efficace soluzione dell'Arena, gia' collaudata nelle precedenti edizioni di Padova e Bari, eppure con un paio di elementi rappresentativi dell'approccio di Ecosistema 2.0, appunto, quali il momento di discussione aperto ed esteso quanto piu' possibile, e la concentrazione in una finestra temporale limitata (in questo caso dalle 13:30 alle 17) di una serie di interventi congeniati per dare piu' punti di vista e differenti piani di lettura sullo stesso tema.

Questa volta spero di poter tornare con diversi post sull'esperienza allo SMAU, come avrei voluto fare anche in passato, negli interventi nel Veneziacamp del 2009 e 2010, senza pero' riuscirci. Queste esperienze che sto facendo con Ecosistema 2.0 sono infatti piacevolissime, grazie agli amici che partecipano come relatori e come pubblico attivo, e tra l'altro mi permettono di conoscere e apprezzare anche meglio le persone che stanno dietro ai loro avatar e alle loro prestazioni professionali e di internet startupper. Ma sono anche estremamente preziose per comprendere proprio le articolate dinamiche della rete che si forma tra queste persone e questi professionisti, e che puo' quindi fare da riferimento per molte altre reti analoghe.

Ad un certo punto, dal pubblico e' arrivata la domanda "A chi dovrei dare fiducia, visto che ci state proponendo diverse figure consulenziali, tutte esperte sul tema delle reti?". Mi sono sentito sinceramente di raccomandare gli autori dei brillanti interventi appena ascoltati, che stimo moltissimo e il cui valore e' testimoniato proprio dalla rete stessa. Ma proprio per la considerazione che facevo sopra, e quindi, nel progettare (piu' corretto sarebbe dire attivare) una rete, chiederei un parere soprattutto a chi la rete la fa davvero, dal momento che le competenze richieste sono cosi' diversificate (metodologiche ma anche emozionali, comunicative ma anche tecniche) e la loro effettiva padronanza non discende automaticamente dalla conoscenza teorica, e non puo' essere testimoniata che dal raggiungimento di risultati concreti in iniziative di rete.

Ieri e' emerso (un pezzo del)l'ecosistema di chi si fa parte attiva nella generazione e sviluppo di reti tra professionisti e aziende. Non hanno dato solo un contributo individuale, ma hanno collaborato apertamente e gioiosamente nelle fasi preliminari, mettendo da parte la proverbiale propensione a considerarsi primedonne, e dimostrando di aver compreso il valore di fare rete. Voi direte che e' il minimo che ci si possa aspettare da chi pensa di poter parlare di reti, ma vi assicuro che invece e' il frutto di profonda consapevolezza, e di un approccio collaudato nel tempo.

Per questo spero di raccontarvi un po' della storia di Ecosistema 2.0, perche' credo che sia istruttiva su quali opportunita' e ostacoli si possono incontrare, e come si possono affrontare efficacemente. E ringrazio a maggior ragione tutti coloro che hanno preso parte a questa storia, e che hanno permesso che diventasse significativa, e che ci portasse fino a questo punto. Non so qual'e' la destinazione di questo percorso, o anche sapendolo non so se ci arriveremo, quando e come: pero' so che e' un bel percorso!

domenica 10 ottobre 2010

Se vuoi farti una vita, devi venire in citta’

L'idea di citta' e' l'idea stessa del vivere insieme e meglio: vantaggioso in termini pratici, ma non per questo meno piacevole. Invece assistiamo da tempo ad un progressivo svuotamento del significato di citta': vengono frequentate forzatamente, per vantaggi che non compensano sempre gli svantaggi, e dimostrano l'esaltazione del conflitto, e non della sinergia tra individualita' e socialita'. Gaber invitava ironicamente a "venire in citta'", in una canzone del 1969.