L'altra sera c'e' stato il secondo SpritzIN, l'evento che caratterizza VenetoIN, ovvero il business network che porta in veneto l'esperienza di MilanIN, reinterpretendola secondo la cultura e i gusti nostrani.
L'appuntamento ha confermato la potenzialita' di questi incontri: ieri sera c'erano professionisti del marketing e della comunicazione, dell'ICT, manager di azienda e consulenti, formatori, giornalisti, operatori nel sociale, piccoli imprenditori, business developer, amministrativi, specialisti... ma soprattutto tutti avevano una propria storia, e una propria personalita', proprie passioni e interessi, e allegramente si scambiavano battute e divertentissimi aneddoti davanti ad un bicchiere di vino e un appetitoso buffet.
E per esserci, sono venuti da Vicenza, Verona, Treviso, Venezia, Rovigo e Padova, a conferma del carattere "veneto" dell'iniziativa.
Questo e' il successo del business networking: prima la persona e subito dopo anche il business. Perche' diciamolo francamente, chi non vorrebbe trovarsi a lavorare solo con persone con cui passerebbe volentieri anche una bella serata in allegria ?
Questa caratteristica e' forse maggiormente sviluppata in alcune persone, ma in realta' chiunque, per quanto timido inesperto o confuso da interessi contingenti o da qualche aspetto caratteriale, e' naturalmente intimamente un animale sociale, quindi un networker ad alto potenziale!
A questo proposito c'e' il bell'articolo di Francesco Candian, che ci ricorda con parole diverse che internet se lo sono preso le persone. Anzi giustamente Francesco mette proprio in evidenza che quella fascia di persone che ha maggiore dimestichezza con internet (ma senza arrivare ad essere un nerd), oggi ha piu' possibilita' di dimostrare la propria capacita' di fare relazione ed esprimere la propria umanita'. Con buona pace di quei detrattori delle novita' e della forza di internet, che avevano gia' bollato gli internauti come "alienati" e "impediti alla vita reale fatta di relazioni umane concrete".
Qualcuno ha chiesto ancora ma cos'e' VenetoIN, se serve veramente un'etichetta sopra allo spritz, e se sara' caratterizzato principalmente dalle attivita' collaterali che fioriranno presto su vari temi e distribuite sul territorio.
La risposta e' proprio quella data piu' sopra. Relazioni sociali con un occhio al business. Capisco che la semplicita' della sua formula e' disarmante, ma in questo e' proprio la sua forza.
Naturalmente ci saranno molte iniziative, come serate a tema, gite fuori porta, presentazione di iniziative a sfondo socio-culturale, gastro-enologico, ... Tutto questo servira' innanzitutto a moltiplicare le occasioni di incontro e di confronto, a renderle piu' ricche e meno ripetitive, distribuite sul territorio, e quindi a conoscersi meglio, in numero sempre piu' grande, e con un potenziale sempre piu' alto. Mi sono gia' trovato a parlarne, ad esempio, anche con alcune persone inserite nel mondo associativo, e ho gia' trovato l'interesse di alcuni networker.
Saranno iniziative che nasceranno dal basso, per iniziativa dei networker stessi, i quali potranno quindi esprimere se' stessi, e la loro professionalita', anche in modo attivo. L'unica richiesta sara' una reale e trasparente disponibilita', concretezza di risultati, e la capacita' di creare consenso intorno alle singole proposte.
Dunque, VenetoIN ha proprio incominciato a dispiegare le ali.
mercoledì 24 settembre 2008
VenetoIN dispiega le ali
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giovedì 18 settembre 2008
FlorenceIN, ClubIN e i business network all'italiana
Lunedi sera scorso, c'e' stato il lancio di FlorenceIN, primo network aderente al progetto ClubIN, la federazione che vuole duplicare l'esperienza di MilanIN in ogni regione italiana, e che e' stata quindi anche questa ufficializzata nell'occasione. Per chi non lo sapesse, ma saranno pochissimi, MilanIN, e' la ben nota localizzazione italiana di LinkedIN, il piu' grande e storico network di professionisti in internet.
Tante sigle, ma la sostanza e' semplice: persone, professionisti, che si incontrano per divertirsi, e anche creare opportunita' concrete di sinergie, e in questo caso, con il caloroso spirito italiano.
Innanzitutto l'iniziativa di FlorenceIN e' partita da Laura DeBenedetto, che oltre ad essere mia amica ed ex collega, e' una delle piu' attive networker italiane, famosissima in LinkedIN e tra l'altro attualmente in Dada. E presto sara' anche neo-mamma!
L'atmosfera era quella che ci si poteva aspettare, anzi molto meglio. Moltissimi presenti (piu' di 100 credo), personaggi provenienti dal mondo delle aziende, dell'universita', dei servizi, della PA, ..., un grande entusiasmo generale (e non solo al buffet).
Tutti allegramente riuniti, quindi, prima sotto il palco ufficiale, che pero' e' stato gestito in modo informale con l'efficace coordinamento di Albert(o) Falossi, e poi nella sala (dell'Hilton di Firenze) a fare conversazione col primo che capitava accanto di volta in volta. Un ibridamento continuo di culture esperienze e chiacchiere.
Gia' perche' il business networking e' proprio questo: persone che si erano conosciute in rete, o nel lavoro, o proprio perfetti sconosciuti, si autopropongono con atteggiamento aperto, "generoso", fondamentalmente curioso. Chi arriva dalla rete, arriva da esperienze di partecipazione condivisione e contribuzione spontanea. Ma anche chi la rete la frequenta poco, e' attirato dalla semplice conoscenza dell'altro. E poi, visto che di business networking si tratta, dalla possibilita' che nasca anche qualche opportunita' economicamente rilevante, qualche sinergia.
"Non affrontare l'altro chiedendoti cosa puo' fare per te, ma cosa puoi fare tu per lui", ha detto PierCarlo Pozzati, di MilanIN, parafrasando JFK. E la dice lunga sullo spirito costruttivo e inclusivo che animera' questi network, che non potranno essere scambiati con qualcosa di istituzionale, ammuffito, autocelebrativo o peggio ancora, opaco agli estranei.
I numeri del gruppo fiorentino sono gia' impressionanti dopo appena poche settimane dalle prime mosse. "Siamo appena nati ma siamo già 140 tesserati e oltre 700 aspiranti soci.", ci aggiorna Laura. Ma non c'e' da stupirsi, le persone hanno voglia di questo, hanno bisogno di questo.
Quindi questi business network sono la perfetta dimostrazione della caduta del muro tra internet e vita reale, sono l'occasione per uscire allo scoperto, e costruire dal basso, e dare vita a innovazione e cambiamento. Il mondo delle aziende, dei servizi, e del lavoro in generale, sta per subire una rivoluzione analoga a quella che ha portato internet dalle istituzioni e dalle aziende alle persone. Profondi cambiamenti nell'economia e nella societa' sono in fondo a questo percorso, una progressivo umanizzarsi: vecchi sistemi ingessati stanno per essere scardinati, e nuove dinamiche, trasparenti e condivise, potranno emergere dal basso. Non oso immaginare come la grande propensione alla socialita' degli italiani, anche di quelli piu' individualisti, potra' amplificare questo potenziale.
Ben sapendo che il contesto non e' sempre pronto e favorevole, al giorno d'oggi, come ricorda Roberta Atzori di CagliariIN, con la quale siamo gia' in contatto e preparando scambi di informazioni e visite.
Ora tocca a noi di VenetoIN. E infatti per Simone Favaro e me, sono gia' diverse settimane che si corre il doppio, diverse notti che si dorme poco, diversi giorni che le batterie dei cellulari finiscono anzitempo. Ma c'e' un grande entusiasmo e tante idee, tanta voglia di fare.
E subito dopo c'e' gia' la lista lunga, dice Stefano Tazzi, coordinatore di ClubIN, e in questa Omar Cafini ha un ruolo impegnativo, visto che sta lavorando sia al progetto BolognaIN che a MarcheIN.
Piccoli business network crescono. E sono subito grandi, grazie a chi c'e' e a chi ci sara'.
Tante sigle, ma la sostanza e' semplice: persone, professionisti, che si incontrano per divertirsi, e anche creare opportunita' concrete di sinergie, e in questo caso, con il caloroso spirito italiano.
Innanzitutto l'iniziativa di FlorenceIN e' partita da Laura DeBenedetto, che oltre ad essere mia amica ed ex collega, e' una delle piu' attive networker italiane, famosissima in LinkedIN e tra l'altro attualmente in Dada. E presto sara' anche neo-mamma!
L'atmosfera era quella che ci si poteva aspettare, anzi molto meglio. Moltissimi presenti (piu' di 100 credo), personaggi provenienti dal mondo delle aziende, dell'universita', dei servizi, della PA, ..., un grande entusiasmo generale (e non solo al buffet).
Tutti allegramente riuniti, quindi, prima sotto il palco ufficiale, che pero' e' stato gestito in modo informale con l'efficace coordinamento di Albert(o) Falossi, e poi nella sala (dell'Hilton di Firenze) a fare conversazione col primo che capitava accanto di volta in volta. Un ibridamento continuo di culture esperienze e chiacchiere.
Gia' perche' il business networking e' proprio questo: persone che si erano conosciute in rete, o nel lavoro, o proprio perfetti sconosciuti, si autopropongono con atteggiamento aperto, "generoso", fondamentalmente curioso. Chi arriva dalla rete, arriva da esperienze di partecipazione condivisione e contribuzione spontanea. Ma anche chi la rete la frequenta poco, e' attirato dalla semplice conoscenza dell'altro. E poi, visto che di business networking si tratta, dalla possibilita' che nasca anche qualche opportunita' economicamente rilevante, qualche sinergia.
"Non affrontare l'altro chiedendoti cosa puo' fare per te, ma cosa puoi fare tu per lui", ha detto PierCarlo Pozzati, di MilanIN, parafrasando JFK. E la dice lunga sullo spirito costruttivo e inclusivo che animera' questi network, che non potranno essere scambiati con qualcosa di istituzionale, ammuffito, autocelebrativo o peggio ancora, opaco agli estranei.
I numeri del gruppo fiorentino sono gia' impressionanti dopo appena poche settimane dalle prime mosse. "Siamo appena nati ma siamo già 140 tesserati e oltre 700 aspiranti soci.", ci aggiorna Laura. Ma non c'e' da stupirsi, le persone hanno voglia di questo, hanno bisogno di questo.
Quindi questi business network sono la perfetta dimostrazione della caduta del muro tra internet e vita reale, sono l'occasione per uscire allo scoperto, e costruire dal basso, e dare vita a innovazione e cambiamento. Il mondo delle aziende, dei servizi, e del lavoro in generale, sta per subire una rivoluzione analoga a quella che ha portato internet dalle istituzioni e dalle aziende alle persone. Profondi cambiamenti nell'economia e nella societa' sono in fondo a questo percorso, una progressivo umanizzarsi: vecchi sistemi ingessati stanno per essere scardinati, e nuove dinamiche, trasparenti e condivise, potranno emergere dal basso. Non oso immaginare come la grande propensione alla socialita' degli italiani, anche di quelli piu' individualisti, potra' amplificare questo potenziale.
Ben sapendo che il contesto non e' sempre pronto e favorevole, al giorno d'oggi, come ricorda Roberta Atzori di CagliariIN, con la quale siamo gia' in contatto e preparando scambi di informazioni e visite.
Ora tocca a noi di VenetoIN. E infatti per Simone Favaro e me, sono gia' diverse settimane che si corre il doppio, diverse notti che si dorme poco, diversi giorni che le batterie dei cellulari finiscono anzitempo. Ma c'e' un grande entusiasmo e tante idee, tanta voglia di fare.
E subito dopo c'e' gia' la lista lunga, dice Stefano Tazzi, coordinatore di ClubIN, e in questa Omar Cafini ha un ruolo impegnativo, visto che sta lavorando sia al progetto BolognaIN che a MarcheIN.
Piccoli business network crescono. E sono subito grandi, grazie a chi c'e' e a chi ci sara'.
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domenica 14 settembre 2008
Il tempo nello spazio tecnologico
Giulia aveva commentato il mio post sulle nuove culture dicendo tra l'altro:
La frenesia del nanosecondo
In molti pensano che le tecnologie portano alla frenesia del nanosecondo, che bisogna correre correre per riuscire a leggere tutto, a percorrere tutti i link, a seguire tutti i thread, mentre in realta' siamo noi che scegliamo a cosa dare attenzione e quanto tempo dedicare, volenti o nolenti.
La cosa che piu' mi diverte e' sentir dire "sono riuscito a leggere tutti i 1000 feed che ho sottoscritto": ma cosa conta ? essere affogati nell'informazione, leggerla con fretta e superficialita', o piuttosto saperla selezionare e fruire nel modo migliore per noi ?
Le commodity si usano, non si consumano
E' un atteggiamento molto consumistico quello di dire "ho la possibilita' di prendere 1000 cose e non mi posso fermare finche' non le ho prese tutte". Sarebbe come dire che siccome ho sete e l'acqua e' facilmente disponibile, allora cerchero' di bere tutta l'acqua che esce dal rubinetto.
Eppure questo succede quando un bene inizialmente scarso, e ottenibile solo attraverso uno scambio economico, diventa una commodity, cioe' disponibile largamente e a bassissimo costo, se non a costo zero. Le persone tendono ad accapparrare quel bene, come a soddisfare una fame antica, o ancora illusi che c'e' un valore nel possederlo o nel consumarlo in abbondanza.
Questo e' il caso della conoscenza e delle relazioni sociali. Oggi troviamo ancora facilmente qualcuno che ragiona ancora alla vecchia maniera: ma sarebbe sciocco pretendere di acquisire tutta la conoscenza disponibile in internet solo perche' e' ora disponibile gratuitamente. E ancora, siccome ci sono centinaia di migliaia di persone a portata di un click, e questo non costa nulla, che senso ha (e che valore ha) avere allora 1000, 10000 follower ?
La priorita' alle persone
Invece si tratta di ritornare ad una dimensione piu' qualitativa (avevo la possibilita' di prendere 1000 cose e credo di aver preso le 10 che ritenevo piu' interessanti in quel frangente), o anche semplicemente piu' serendipica (avevo 1000 cose da prendere, ho preso le prime 20 e ho tenuto le prime 10)
Chiaramente questa sembra una resa dell'uomo di fronte alla macchina: solo alla macchina infatti, puoi chiedere di essere costante ed esauriente nel compito di macinare migliaia di link.
Ma al tempo stesso e' una riconquista dell'uomo: quali meravigliosi pensieri laterali, impossibili alle macchine, si scatenano vagando in rete, di link in link, dando vita ad un impianificato ed impianificabile sviluppo di conoscenza, e per questo cosi' potente ?
La scelta del metronomo
No, non si tratta di indulgere verso una qualita' umana, dimenticando che e' risibile, solo per difesa dallo strapotere della tecnologia.
Quel tempo e' veramente lento ? o forse e' incredibilmente piu' veloce di quello che sarebbe richiesto se si facesse la stessa cosa senza il supporto della rete ?
Non e' forse questo il motivo perche' in giochi strategici, come il Go, l'uomo vince ancora sulla macchina, anche senza essere un campione mondiale ?
La lentezza dipende insomma dal sistema di riferimento che si assume, da quale orologio si guarda. Lento e' quando esiste qualcosa di diverso che puo' portare allo stesso risultato in molto meno tempo.
Espandersi nel tempo
Per Dali' il tempo si ferma per effetto della memoria e lo rappresenta espandedolo nello spazio. A me sembra che internet amplifichi la nostra dimensione temporale: per rappresentarlo alla Dali', siamo noi piu' molli ed espansi nel tempo.
Io non vedo quindi una lentezza "legittima" di fronte all'infintezza del creato (pur ammirando oltre che rispettando il pensiero di Sant'Agostino), quanto al contrario, piu' laicamente, una maggiore dinamicita' dell'uomo nell'emanciparsi attraverso la propria conoscenza e ricchezza spirituale, pur coi suoi limiti e forse proprio grazie alla sua imperfezione, e grazie agli strumenti di cui ha saputo dotarsi.
In questo ci vedo ancora una volta un recupero di psiche su techne.
"alla fine ho imparato a perdermi nella lentezza (si, perchè la rete ha la velocità che tu le dai) dei suoi rimandi"
La frenesia del nanosecondo
In molti pensano che le tecnologie portano alla frenesia del nanosecondo, che bisogna correre correre per riuscire a leggere tutto, a percorrere tutti i link, a seguire tutti i thread, mentre in realta' siamo noi che scegliamo a cosa dare attenzione e quanto tempo dedicare, volenti o nolenti.
La cosa che piu' mi diverte e' sentir dire "sono riuscito a leggere tutti i 1000 feed che ho sottoscritto": ma cosa conta ? essere affogati nell'informazione, leggerla con fretta e superficialita', o piuttosto saperla selezionare e fruire nel modo migliore per noi ?
Le commodity si usano, non si consumano
E' un atteggiamento molto consumistico quello di dire "ho la possibilita' di prendere 1000 cose e non mi posso fermare finche' non le ho prese tutte". Sarebbe come dire che siccome ho sete e l'acqua e' facilmente disponibile, allora cerchero' di bere tutta l'acqua che esce dal rubinetto.
Eppure questo succede quando un bene inizialmente scarso, e ottenibile solo attraverso uno scambio economico, diventa una commodity, cioe' disponibile largamente e a bassissimo costo, se non a costo zero. Le persone tendono ad accapparrare quel bene, come a soddisfare una fame antica, o ancora illusi che c'e' un valore nel possederlo o nel consumarlo in abbondanza.
Questo e' il caso della conoscenza e delle relazioni sociali. Oggi troviamo ancora facilmente qualcuno che ragiona ancora alla vecchia maniera: ma sarebbe sciocco pretendere di acquisire tutta la conoscenza disponibile in internet solo perche' e' ora disponibile gratuitamente. E ancora, siccome ci sono centinaia di migliaia di persone a portata di un click, e questo non costa nulla, che senso ha (e che valore ha) avere allora 1000, 10000 follower ?
La priorita' alle persone
Invece si tratta di ritornare ad una dimensione piu' qualitativa (avevo la possibilita' di prendere 1000 cose e credo di aver preso le 10 che ritenevo piu' interessanti in quel frangente), o anche semplicemente piu' serendipica (avevo 1000 cose da prendere, ho preso le prime 20 e ho tenuto le prime 10)
Chiaramente questa sembra una resa dell'uomo di fronte alla macchina: solo alla macchina infatti, puoi chiedere di essere costante ed esauriente nel compito di macinare migliaia di link.
Ma al tempo stesso e' una riconquista dell'uomo: quali meravigliosi pensieri laterali, impossibili alle macchine, si scatenano vagando in rete, di link in link, dando vita ad un impianificato ed impianificabile sviluppo di conoscenza, e per questo cosi' potente ?
La scelta del metronomo
No, non si tratta di indulgere verso una qualita' umana, dimenticando che e' risibile, solo per difesa dallo strapotere della tecnologia.
Quel tempo e' veramente lento ? o forse e' incredibilmente piu' veloce di quello che sarebbe richiesto se si facesse la stessa cosa senza il supporto della rete ?
Non e' forse questo il motivo perche' in giochi strategici, come il Go, l'uomo vince ancora sulla macchina, anche senza essere un campione mondiale ?
La lentezza dipende insomma dal sistema di riferimento che si assume, da quale orologio si guarda. Lento e' quando esiste qualcosa di diverso che puo' portare allo stesso risultato in molto meno tempo.
Espandersi nel tempo
Per Dali' il tempo si ferma per effetto della memoria e lo rappresenta espandedolo nello spazio. A me sembra che internet amplifichi la nostra dimensione temporale: per rappresentarlo alla Dali', siamo noi piu' molli ed espansi nel tempo.
Io non vedo quindi una lentezza "legittima" di fronte all'infintezza del creato (pur ammirando oltre che rispettando il pensiero di Sant'Agostino), quanto al contrario, piu' laicamente, una maggiore dinamicita' dell'uomo nell'emanciparsi attraverso la propria conoscenza e ricchezza spirituale, pur coi suoi limiti e forse proprio grazie alla sua imperfezione, e grazie agli strumenti di cui ha saputo dotarsi.
In questo ci vedo ancora una volta un recupero di psiche su techne.
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Il viaggio, tra conoscenza e socialita'
Questa cosa dei taccuini di viaggio mi sta intrigando moltissimo.
In un tempo in cui non si viaggia piu' (o molto meno) per conoscere luoghi inesplorati, e la velocita' degli spostamenti rende difficile combinare l'esperienza con la riflessione, cosa diventeranno i taccuini di viaggio ? Simonetta Capecchi mi ha risposto sul suo blog.
Viaggio come arte, Viaggio in se' stessi
Mi parla di due tipologie: "viaggio come arte" e "viaggio in se' stessi". Trovo che li accomuna una cosa (che e' nella natura stessa del viaggio, a mio parere): una ricerca di conoscenza, di cio' che non c'e' nel nostro mondo, che non e' chiaro nella nostra testa, nella nostra esperienza quotidiana.
Il "viaggio come arte" a cui si riferisce, spero di non sbagliare, e' quindi una ricerca di ritmi e tempi che la vita quotidiana ci ha fatto perdere. Del rovesciamento del controllo tra noi e l'ambiente. E' forse un ri-conoscere.
Il "viaggio dentro se' stessi", che richiede di poterci guardare in nuovi contesti, alle prese con nuove esperienze, e' invece e' un nuovo passo in quel percorso di conoscenza di se' che non ha mai fine.
In entrambi i casi il taccuino ha una funzione documentaristica, forse piu' tipica nel primo caso. Nel secondo caso la differenza tra diario di viaggio e diario intimo si assottiglia molto, e quindi anche il linguaggio consente probabilmente piu' creativita'. (Molto bello quello di Nadia).
Viaggio come nuova esperienza sociale.
Ma non c'e' solo la dimensione introspettiva, c'e' anche una prospettiva piu' sociale nel viaggio. C'e' l'esperienza condivisa coi compagni di viaggio, con le persone incontrate lungo il percorso, con gli amici a casa che conoscono i preparativi, immaginano la nostra avventura e ascolteranno i nostri racconti.
Un tempo forse la distanza percepita tra i luoghi e la cultura di casa, e quelli esplorati nel viaggio, era tale che il coinvolgimento era "occasionale", "esperienziale", aveva un inizio e una fine ben precise. Oggi alla dimensione semplicemente cognitiva, si sovrappone una piu' marcata dimensione sociale: ci si muove in un altro angolo dello stesso villaggio globale, si incontrano "compaesani globali".
Compaesani globali
Lo yemenita che ci guida nel deserto non e' solo l'intermediario che ci svela una cultura esotica e luoghi mai immaginati: e' lo strumento con cui possiamo conoscere la trasformazione di una cultura per effetto delle dinamiche mondiali dei mercati delle materie prime, e ci dimostra come sia difficile contenere il confronto in termini di pace e dialogo e non di conflitto e terrore.
Il bambino keniano che ci offre la statuetta in ebano sulla spiaggia, e poi ci conduce nella bidonville dove a decine i suoi coetanei lo lavorano, e' l'occasione per comprendere come l'economia del commercio globale sia presente anche negli angoli che riteniamo (ingenuamente) ancora vergini, e di comprenderne le conseguenze.
Ma anche un viaggio di avventura ormai ci dice cosi' tanto della nostra societa', da cambiare il colore di qualunque sfida con se' stessi, come l'attraversamento del passaggio a Nord Ovest, o della foresta amazzonica.
E che dire dei viaggi piu' "nostrani" ? sempre molto interessanti e modernissimi, nel mondo occidentalizzato, come rivisitare Berlino a quasi 20 anni dalla caduta del muro, o un giro nella Amsterdam di Theo Van Gogh, o nella Cadice oggi porta del Sud (piu' che dell'Ovest).
Il taccuino di viaggio di ieri era uno strumento individuale, e la condivisione e il confronto erano rimandati ad un momento successivo, al rientro dal viaggio. Il taccuino raccordava due mondi separati: il contesto del viaggio e il contesto di casa.
La simultaneita' di vivere, viaggiare, raccontare
Mi incuriosisce sapere se e come le nuove tecnologie abbiano permesso l'abbattimento di questo vecchio muro, abbiano reso superate anche quella categoria. Oggi i miei compagni di viaggio possono essere "virtualmente" al mio fianco: certo potrebbero solo vedere e sentire attraverso i miei sensi, ma potrebbero commentare e suggerire "durante" il mio viaggio.
Non so se questo sia un bene in assoluto. Certo sarebbe un'opportunita'. Il rischio potrebbe essere che l'esperienza nel mondo reale potrebbe essere inquinata dai codici comportamentali dettati dalla tecnologia: ma anche gli acquerelli e il carboncino impongono vincoli tecnologici, rimane a noi quali tollerare come compatibili con la nostra idea di viaggio.
Certo che se e' vero, come dice Magris:
...allora la presa diretta implica anche la simultaneita' del viaggio e del racconto.
In un tempo in cui non si viaggia piu' (o molto meno) per conoscere luoghi inesplorati, e la velocita' degli spostamenti rende difficile combinare l'esperienza con la riflessione, cosa diventeranno i taccuini di viaggio ? Simonetta Capecchi mi ha risposto sul suo blog.
Viaggio come arte, Viaggio in se' stessi
Mi parla di due tipologie: "viaggio come arte" e "viaggio in se' stessi". Trovo che li accomuna una cosa (che e' nella natura stessa del viaggio, a mio parere): una ricerca di conoscenza, di cio' che non c'e' nel nostro mondo, che non e' chiaro nella nostra testa, nella nostra esperienza quotidiana.
Il "viaggio come arte" a cui si riferisce, spero di non sbagliare, e' quindi una ricerca di ritmi e tempi che la vita quotidiana ci ha fatto perdere. Del rovesciamento del controllo tra noi e l'ambiente. E' forse un ri-conoscere.
Il "viaggio dentro se' stessi", che richiede di poterci guardare in nuovi contesti, alle prese con nuove esperienze, e' invece e' un nuovo passo in quel percorso di conoscenza di se' che non ha mai fine.
In entrambi i casi il taccuino ha una funzione documentaristica, forse piu' tipica nel primo caso. Nel secondo caso la differenza tra diario di viaggio e diario intimo si assottiglia molto, e quindi anche il linguaggio consente probabilmente piu' creativita'. (Molto bello quello di Nadia).
Viaggio come nuova esperienza sociale.
Ma non c'e' solo la dimensione introspettiva, c'e' anche una prospettiva piu' sociale nel viaggio. C'e' l'esperienza condivisa coi compagni di viaggio, con le persone incontrate lungo il percorso, con gli amici a casa che conoscono i preparativi, immaginano la nostra avventura e ascolteranno i nostri racconti.
Un tempo forse la distanza percepita tra i luoghi e la cultura di casa, e quelli esplorati nel viaggio, era tale che il coinvolgimento era "occasionale", "esperienziale", aveva un inizio e una fine ben precise. Oggi alla dimensione semplicemente cognitiva, si sovrappone una piu' marcata dimensione sociale: ci si muove in un altro angolo dello stesso villaggio globale, si incontrano "compaesani globali".
Compaesani globali
Lo yemenita che ci guida nel deserto non e' solo l'intermediario che ci svela una cultura esotica e luoghi mai immaginati: e' lo strumento con cui possiamo conoscere la trasformazione di una cultura per effetto delle dinamiche mondiali dei mercati delle materie prime, e ci dimostra come sia difficile contenere il confronto in termini di pace e dialogo e non di conflitto e terrore.
Il bambino keniano che ci offre la statuetta in ebano sulla spiaggia, e poi ci conduce nella bidonville dove a decine i suoi coetanei lo lavorano, e' l'occasione per comprendere come l'economia del commercio globale sia presente anche negli angoli che riteniamo (ingenuamente) ancora vergini, e di comprenderne le conseguenze.
Ma anche un viaggio di avventura ormai ci dice cosi' tanto della nostra societa', da cambiare il colore di qualunque sfida con se' stessi, come l'attraversamento del passaggio a Nord Ovest, o della foresta amazzonica.
E che dire dei viaggi piu' "nostrani" ? sempre molto interessanti e modernissimi, nel mondo occidentalizzato, come rivisitare Berlino a quasi 20 anni dalla caduta del muro, o un giro nella Amsterdam di Theo Van Gogh, o nella Cadice oggi porta del Sud (piu' che dell'Ovest).
Il taccuino di viaggio di ieri era uno strumento individuale, e la condivisione e il confronto erano rimandati ad un momento successivo, al rientro dal viaggio. Il taccuino raccordava due mondi separati: il contesto del viaggio e il contesto di casa.
La simultaneita' di vivere, viaggiare, raccontare
Mi incuriosisce sapere se e come le nuove tecnologie abbiano permesso l'abbattimento di questo vecchio muro, abbiano reso superate anche quella categoria. Oggi i miei compagni di viaggio possono essere "virtualmente" al mio fianco: certo potrebbero solo vedere e sentire attraverso i miei sensi, ma potrebbero commentare e suggerire "durante" il mio viaggio.
Non so se questo sia un bene in assoluto. Certo sarebbe un'opportunita'. Il rischio potrebbe essere che l'esperienza nel mondo reale potrebbe essere inquinata dai codici comportamentali dettati dalla tecnologia: ma anche gli acquerelli e il carboncino impongono vincoli tecnologici, rimane a noi quali tollerare come compatibili con la nostra idea di viaggio.
Certo che se e' vero, come dice Magris:
clipped from inviaggiocoltaccuino.blogspot.com
A favore del taccuino di viaggio illustrato come narrativa non-fiction, a proposito del fissare sulla carta pezzi di vita reale, come piccole, personali e incomplete storie del "qui ed ora", mi piace Magris quando scrive:
"Vivere, viaggiare, scrivere. Forse oggi la narrativa più autentica è quella che racconta non attraverso la pura invenzione e finzione, bensì attraverso la presa diretta dei fatti, delle cose, di quelle trasformazioni folli e vertiginose che, come dice Kapuściński, impediscono di cogliere il mondo nella sua totalità e di offrirne una sintesi, consentendo di afferrarne, come un reporter nel caos della battaglia, solo dei frammenti".
...allora la presa diretta implica anche la simultaneita' del viaggio e del racconto.
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venerdì 12 settembre 2008
L'economia delle reti sociali
Sottotitolo: A Late Summer Night Dream.
clipped from diariosemistupido.wordpress.com
Con grande merito di quei tecnologi che il web l'hanno inventato, e con buona pace di quelli che pensano che web2.0 sia solo una versione tecnicamente avanzata dello stesso vecchio web, ormai il web se lo sono preso le persone.
E se la digitalizzazione e la internettizzazione e' riuscita, negli anni passati, a pervadere le aziende, i servizi, la comunicazione e la relazione delle persone, ora sono le persone che possono e potranno umanizzare le aziende e i servizi, oltre che la comunicazione e le relazioni tra le persone stesse.
Come mi sembra di leggere sotto alle parole di Niki, se nel secolo scorso innovare era "digitalizzare", in questo innovare sara' "riportare ad una dimensione (piu') social".
Quello che era sfuggito all'influenza e al controllo dell'uomo, perche' la macchina era piu' efficiente, piu' rapida, piu' costante, e' stato prima informatizzato ed ora e' riportato in una dimensione "social", quindi e' riconsegnato alle persone.
Come ieri nulla importava se non era informatizzato, oggi e domani nulla importera' se non e' riportato in una dimensione "social", se non e' riconsegnato alle persone.
Il nuovo umanesimo sara' permesso proprio dalla tecnologia digitale. Psiche si affermera' proprio grazie a Techne. Com'e' da sempre.
Dall'economia delle informazioni e della conoscenza, all'economia delle relazioni sociali.
Non daremo piu' valore ad un oggetto tecnologicamente avanzato, ad un bene di lusso, ad un informazione ricercata, ne' apprezzeremo qualcuno che ha successo economico, un potere astratto o una conoscenza profonda, se non per il loro valore in termini di relazioni sociali, per quanto saranno capaci di generare conversazione e socializzazione, di creare e sviluppare reti sociali. A dire il vero e' gia' cosi' al punto tale che sta diventando un luogo comune. Sara' sempre di piu' cosi'.
L'economia torna cosi' al suo significato etimologico originale, cioe' la disciplina che amministra il valore dell'ambiente: non un ambiente tecnologico, ne' un ambiente codificato, ma un ambiente sociale, ecosistemico, in cui le persone e le loro relazioni sono il riferimento.
clipped from diariosemistupido.wordpress.com
Tutto finisce nel flusso di quello che fa “noi” in rete (e fuori). La cosa interessante è seguire ciò che fa “gli altri”. Gli altri rappresentano un patrimonio inestimabile di conoscenza, non immediatamente spendibile forse, ma che comunque rappresenta motivo di arricchimento. Il valore aggiunto è che ci sarà sempre qualcuno che troverà utile o di particolare interesse quello che noi abbiamo messo liberamente e gratuitamente a disposizione.
E’ talmente forte la spinta propulsiva verso questo aspetto del web che anche i servizi non tradizionalmente “sociali” si stanno attrezzando in questo senso.
Con grande merito di quei tecnologi che il web l'hanno inventato, e con buona pace di quelli che pensano che web2.0 sia solo una versione tecnicamente avanzata dello stesso vecchio web, ormai il web se lo sono preso le persone.
E se la digitalizzazione e la internettizzazione e' riuscita, negli anni passati, a pervadere le aziende, i servizi, la comunicazione e la relazione delle persone, ora sono le persone che possono e potranno umanizzare le aziende e i servizi, oltre che la comunicazione e le relazioni tra le persone stesse.
Come mi sembra di leggere sotto alle parole di Niki, se nel secolo scorso innovare era "digitalizzare", in questo innovare sara' "riportare ad una dimensione (piu') social".
Quello che era sfuggito all'influenza e al controllo dell'uomo, perche' la macchina era piu' efficiente, piu' rapida, piu' costante, e' stato prima informatizzato ed ora e' riportato in una dimensione "social", quindi e' riconsegnato alle persone.
Come ieri nulla importava se non era informatizzato, oggi e domani nulla importera' se non e' riportato in una dimensione "social", se non e' riconsegnato alle persone.
Il nuovo umanesimo sara' permesso proprio dalla tecnologia digitale. Psiche si affermera' proprio grazie a Techne. Com'e' da sempre.
Dall'economia delle informazioni e della conoscenza, all'economia delle relazioni sociali.
Non daremo piu' valore ad un oggetto tecnologicamente avanzato, ad un bene di lusso, ad un informazione ricercata, ne' apprezzeremo qualcuno che ha successo economico, un potere astratto o una conoscenza profonda, se non per il loro valore in termini di relazioni sociali, per quanto saranno capaci di generare conversazione e socializzazione, di creare e sviluppare reti sociali. A dire il vero e' gia' cosi' al punto tale che sta diventando un luogo comune. Sara' sempre di piu' cosi'.
L'economia torna cosi' al suo significato etimologico originale, cioe' la disciplina che amministra il valore dell'ambiente: non un ambiente tecnologico, ne' un ambiente codificato, ma un ambiente sociale, ecosistemico, in cui le persone e le loro relazioni sono il riferimento.
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giovedì 4 settembre 2008
Nuove culture
C'e' una grandissima trasformazione in atto di come fare cultura oggi. Del resto come potrebbe essere altrimenti se cambiano cosi' profondamente gli strumenti del comunicare e del relazionare che ne sono i presupposti, e altrettanto cambia la struttura stessa della societa' di cui e' l'espressione.
Ora quando succede questo tumultuoso processo di rinnovamento, tentare un'inquadratura in corsa porta inevitabilmente ad una foto sfocata.
Per questo trovo utilissimo quello che sta facendo Giulia con 6x1, cioe' registrare le nuove forme di fare cultura "cosi' come sono", e riprendere quelle tradizionali nei nuovi canali multimediali, offrendole cosi' a nuove rimasticazioni.
Nella rete c'e' una "miniera di persone preziose", mi piace ripetere, e tra queste, molte persone che in qualche modo stanno facendo cultura. E la rete, ormai, e' solo uno spazio multimediale poliforme, fortemente interconesso con lo spazio reale. Qualcuno dice che infatti lo spazio e' uno solo, articolato, perche' sempre gli stessi sono gli abitanti.
In occasione di Libriamo 2008 a Vicenza, l'altra sera, Simonetta Capecchi ci ha parlato di come sia stata rivisitata la tradizione dei taccuini di viaggio, nell'epoca dei diari online e della banalizzazione della dimensione globale. E questo e' solo un esempio.
Ma il "dove" e il "come" non e' tutto. La cultura e' innanzitutto un comune sentire, un fattore che accomuna, un accordo musicale. Allora quali sono i temi emergenti, e che profilo assume la collettivita' che li affronta, che intonazione guida il coro di cosi' tante voci ?
Per esempio, a me sarebbe piaciuto che Simonetta ci dicesse come le sembra che cambino le storie che si raccontano su quei taccuini, che nuova idea di viaggio emerge oggi, cosa e' rimasto da esplorare e soprattutto cosa merita oggi di essere fissato sulla carta con acquerelli e carboncini.
Ma la cultura non comprende solo le nuove forme d'arte. C'e' una nuova cultura a livello sociale, economico, scientifico, accademico, politico (qui ho seri dubbi), ... La rete e' un amplificatore formidabile, e certamente anche strumento stesso di lavoro, per queste culture emergenti, ma di culture psico-logiche e non tecno-logiche si tratta.
Quella che alcuni chiamano "web2.0" non e' forse una grande operazione culturale, un nuovo movimento generato dal basso, questa volta piu' personalizzato, informale ma sempre piu' riconoscibile, coi suoi simboli, coi suoi riti, coi suoi costumi, coi suoi luoghi e coi suoi eventi, coi suoi 'cantori' e i suoi detrattori ?
E non credo che la blogosfera sia l'unico incubatore di nuove culture. Cosa succede nelle periferie e nelle provincie disconnesse, dove la globalizzazione e' arrivata in carne ed ossa prima che internet sia arrivato via radio o via cavo ? Cosa succede nella moltitudine di utenti di internet che non arriva ad aprire un blog, e che per esempio affolla Facebook, e si ritrova a gruppi di 10, 100, 1000 negli eventi real-life ?
Non credo che a NordEst sia diverso che in altri angoli d'Italia. E se fino a ieri soffrivo per la consapevolezza di un ritardo cronico di questa regione, tradizionalmente chiusa e individualista, oggi sto scoprendo un'esplosione di iniziative interessanti e assolutamente innovatrici, in vistosa contrapposizione coi caratteri dominanti, avviate da ragazzi brillanti e soprattutto entusiasti. Vedo che sta nascendo il Veneto 2.0. E' emozionante. Ritorna una certa aria di festa.
Ora quando succede questo tumultuoso processo di rinnovamento, tentare un'inquadratura in corsa porta inevitabilmente ad una foto sfocata.
Per questo trovo utilissimo quello che sta facendo Giulia con 6x1, cioe' registrare le nuove forme di fare cultura "cosi' come sono", e riprendere quelle tradizionali nei nuovi canali multimediali, offrendole cosi' a nuove rimasticazioni.
Nella rete c'e' una "miniera di persone preziose", mi piace ripetere, e tra queste, molte persone che in qualche modo stanno facendo cultura. E la rete, ormai, e' solo uno spazio multimediale poliforme, fortemente interconesso con lo spazio reale. Qualcuno dice che infatti lo spazio e' uno solo, articolato, perche' sempre gli stessi sono gli abitanti.
In occasione di Libriamo 2008 a Vicenza, l'altra sera, Simonetta Capecchi ci ha parlato di come sia stata rivisitata la tradizione dei taccuini di viaggio, nell'epoca dei diari online e della banalizzazione della dimensione globale. E questo e' solo un esempio.
Ma il "dove" e il "come" non e' tutto. La cultura e' innanzitutto un comune sentire, un fattore che accomuna, un accordo musicale. Allora quali sono i temi emergenti, e che profilo assume la collettivita' che li affronta, che intonazione guida il coro di cosi' tante voci ?
Per esempio, a me sarebbe piaciuto che Simonetta ci dicesse come le sembra che cambino le storie che si raccontano su quei taccuini, che nuova idea di viaggio emerge oggi, cosa e' rimasto da esplorare e soprattutto cosa merita oggi di essere fissato sulla carta con acquerelli e carboncini.
Ma la cultura non comprende solo le nuove forme d'arte. C'e' una nuova cultura a livello sociale, economico, scientifico, accademico, politico (qui ho seri dubbi), ... La rete e' un amplificatore formidabile, e certamente anche strumento stesso di lavoro, per queste culture emergenti, ma di culture psico-logiche e non tecno-logiche si tratta.
Quella che alcuni chiamano "web2.0" non e' forse una grande operazione culturale, un nuovo movimento generato dal basso, questa volta piu' personalizzato, informale ma sempre piu' riconoscibile, coi suoi simboli, coi suoi riti, coi suoi costumi, coi suoi luoghi e coi suoi eventi, coi suoi 'cantori' e i suoi detrattori ?
E non credo che la blogosfera sia l'unico incubatore di nuove culture. Cosa succede nelle periferie e nelle provincie disconnesse, dove la globalizzazione e' arrivata in carne ed ossa prima che internet sia arrivato via radio o via cavo ? Cosa succede nella moltitudine di utenti di internet che non arriva ad aprire un blog, e che per esempio affolla Facebook, e si ritrova a gruppi di 10, 100, 1000 negli eventi real-life ?
Non credo che a NordEst sia diverso che in altri angoli d'Italia. E se fino a ieri soffrivo per la consapevolezza di un ritardo cronico di questa regione, tradizionalmente chiusa e individualista, oggi sto scoprendo un'esplosione di iniziative interessanti e assolutamente innovatrici, in vistosa contrapposizione coi caratteri dominanti, avviate da ragazzi brillanti e soprattutto entusiasti. Vedo che sta nascendo il Veneto 2.0. E' emozionante. Ritorna una certa aria di festa.
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