E' di questi giorni l'annuncio di Knol, da tutti inteso come la risposta di Google a Wikipedia.
Knol vuole diventare uno strumento di pubblicazione di informazioni approfondite e soprattutto "qualificate" su qualunque argomento lo meriti. Le sue caratteristiche saranno:
1) alta visibilita' agli autori
2) facilita' di accesso: chi scrive non trovera' impedimenti negli aspetti tecnici e grafici
3) separazione tra i contenuti dell'autore e tutti quei contenuti che si genereranno per effetto "social" intorno ai primi
4) ranking dei contenuti, e degli autori, basato sui meccanismi di ranking gia' in uso in Google
5) pubblicita' presente nelle pagine secondo le modalita' gia' in uso in Google
Naturalmente subito la blogosfera ha dato risalto alla notizia, e la principale concentrazione e' andata sul confronto con Wikipedia. Anzi sulla sfida, se non proprio sull'attacco. Un modo di vedere del tutto inappropriato, secondo me.
Gli aspetti distintivi di Knol sono evidenti, e basati su principi sostanziali. Il primo tra tutti e' "la conoscenza non e' svincolata dalle persone". Anzi bisogna riconoscere che l'idea di poter estrarre la conoscenza dalle persone (elicitation), e depositarla in apposite knowledge base, e' ancora negli obiettivi di grosse corporation, ma appunto nel web2.0 l'impostazione il metodo e gli obiettivi sono altri.
Ho letto qualche commento che esprime timore che Google intenda promuovere solo conoscenza "d'elite", perche' associata ad un autore. Non credo che Google punti a dar voce ad una casta di guru. Piuttosto due cose mi sembrano abbastanza evidenti: (a) se cio' che leggo mi colpisce, vorrei sapere chi l'ha scritto, e (b) se sto scrivendo una cosa che reputo importante, vorrei avere il mio piccolo riconoscimento nel vederlo pubblicato col mio nome accanto.
Il secondo elemento distintivo importante, e' che la responsabilita' nel ritoccare il contenuto originale spetta all'autore, e non ad altri; gli altri possono contribuire con critiche commenti e integrazioni che vengono quindi registrati e resi pubblici, ma tenuti separati. Se qualcuno sente la necessita' di riscrivere il testo completamente, puo' tranquillamente farlo: per quell'argomento si avranno due diversi contributi. Credo che questo possa rappresentare in certi casi una facilitazione del processo di accumulo e sistematizzazione della conoscenza. Wikipedia, come tutti sanno, e' basata su un processo diverso, di co-authoring. Certamente avere i due sistemi a disposizione sara' sempre meglio che averne uno solo.
Alcuni hanno poi espresso un risentimento sul fatto che Knol abbia un proprietario, sottolinenando questa differenza con Wikipedia. Altri hanno mostrato una specifica insofferenza verso Google. Intanto sembra che l'assenza di una proprieta' non abbia evitato ombre e critiche su Wikipedia.
Dubitare di Google e' da una parte un torto alle miriadi di iniziative gia' portate a compimento che dimostrano qual'e' il "modello Google" e il consenso che ha ottenuto, e dall'altra una sorta di misura preventiva (non c'e' ancora un motivo reale, ma e' alto il rischio di gravi conseguenze qualora il modello originario venisse abbandonato).
L'unica mia perplessita' invece e' sul sistema di ranking. Una cosa e' misurare la pertinenza di una pagina rispetto ad una "query", un'altra e' misurare l'autorevolezza di un esperto e dei suoi pareri, che non corrisponde necessariamente al numero dei suoi lettori (readership). La rete ha gia' dimostrato che misure di traffico non dicono molto sull'influenza dei blog.
Prima di chiudere devo anche dire qualcosa sulla questione della pubblicita'. Ricordo che proprio Google ha introdotto un sistema per avere pubblicita' piu' discreta, non invadente, e soprattutto "pertinente", tanto che alla fine e' semplicemente utile a chi ne e' interessato e quasi invisibile agli altri. Preoccuparsi di una nuova iniziativa di Google, perche' orientata alla pubblicita' mi sembra sciocco, e anche un po' un torto a quanto Google ha saputo rivoluzionare proprio la pubblicita' in internet, rendendola piu' a misura degli utenti. A chi va in fibrillazione solo al suono della parola pubblicita', ricordo che in forme opportunamente moderate e non invasive (tipo Google appunto) la pubblicita' risulta perfino utile a molti.
domenica 16 dicembre 2007
mercoledì 12 dicembre 2007
Lean (Web) Services
A proposito di Lean Thinking, un esempio di lean web service:
clipped from blog.wired.com
Twitter was originally designed for SMS, which is extremely limited -- 140 characters of text, no images. Because of that simplicity, it requires "a low cognitive load," and therefore, people gravitate to it more naturally. |
Interessante le definizione di spreco che viene applicata in questo caso: non semplicemente cio' che non e' percepito come valore per l'utente, ma cio' che richiede all'utente un "carico cognitivo" alto.
Quello che generazioni di tecnologi negli ultimi anni hanno applicato, e' il principio che "se puo' fare di piu' e' meglio", traditi dalla convinzione che quell'aggettivo "migliore" fosse condiviso anche dall'utente. Traditi, perche' il valore e' positivo ma solo a patto che per l'utente finale il "carico cognitivo" sia accettabile.
Qui non e' in gioco il quoziente di intelligenza dell'utente (sono famose le espressioni "a prova di stupido", "anche un bambino saprebbe usarlo", ...). Qui si parla di "carico cognitivo". Se l'utente avesse un cervello come quello di Einstein, non per questo lo vorrebbe saturare con l'impegno di comprendere l'interfaccia di un tool software. Il carico cognitivo che un utente e' disposto a sopportare per utilizzare un tool dovra' essere sempre una piccola parte (meglio se una parte trascurabile) del carico cognitivo che vuole destinare all'obiettivo vero percui sta utilizzando quello strumento. Tutto il resto viene percepito come spreco. Spreco delle risorse mentali dell'utente, oltre che del suo tempo.
Non c'e' nulla di veramente nuovo in tutto questo: fortunatamente da qualche anno si stanno moltiplicando esempi che vanno in questa direzione, da Google, a delicious, a Skype, ... e molte altre ancora muovono passi piu' timidi in questa direzione. Osate di piu', verrebbe da consigliare: semplice non e' mai abbastanza (Lean is never enough).
Ma la sorpresa nel constatare il successo ecclatante di iniziative che si basano proprio (e solo) su questo semplice concetto, e' ancora grande. Non nascondiamoci poi che "lean web services" sono ancora una minoranza, e ancora oggi si sentono tecnologi, sedicenti esperti di internet, difendere macchinose applicazioni fortemente user-hostile. E soprattutto questa svolta (se cosi' si puo' chiamare, tant'e' che si dice "Creating by taking things away") e' ancora confinata ai web services, con skype unica eccezione nel campo delle telecomunicazioni (oltre al buon vecchio televisore).
Dunque dobbiamo pensare che il concetto non sia ancora del tutto assimilato, tanto che nel 2007 c'e' ancora motivo perche' Williams titoli il suo intervento "Think less". Io l'avrei intitolato "Free Thoughts From Technology", tanto per non equivocare.
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martedì 11 dicembre 2007
Cosa ci porta di bello l'anno nuovo ?
clipped from www.economist.com Italy is a country in which evolution has usually been preferred to revolution. But, every so often, exasperation boils over into the sort of upheaval seen in the early 1990s. It just might happen again in 2008. |
Si parla di lento, relativo declino... e se invece ci fosse un grande botto ? dice John Hooper, l'Economist.
Personalmente lo ritengo improbabile, e soprattutto non vedo chi potrebbe accendere la miccia. Ma quale tipo di botto, poi ? Dopo Mani Pulite, e gli altri scandali di questi ultimi anni (calciopoli, vallettopoli, ...) cosa potrebbe mai "scandalizzare" piu' ? e chi crederebbe a qualcosa di profondo e gravido di conseguenze ?
Il declino dell'Italia e' il problema ineludibile. Non illudiamoci in qualche facile colpo di scena, e cominciamo a lavorare sui fondamentali: cultura del servizio, qualita' e innovazione, consapevolezza di sistema, marketing globale dei punti di forza del Paese Italia.
domenica 9 dicembre 2007
SRM: acquistare ? no, sviluppare partnership
Nel modello di Azienda Rete, cioe' di azienda fortemente interconnessa sia a monte (fornitori) che a valle (clienti), non e' fondamentale solo la condivisione di metodi e di strumenti abilitanti la collaborazione, ma la cultura e il valore che insieme verra' trasmesso al cliente.
In particolare la rete di fornitori dev'esserer considerata un'estensione dell'azienda: stessi processi, ma soprattutto stessi valori condivisi, stessi diritti e privilegi del personale interno, stessa attenzione alla formazione specialistica e manageriale, stessa Corporate Social Responsability, stesso livello, o paragonabile, di partecipazione ai momenti di declinazione della strategia.
D'altra parte, gli ostacoli sono evidenti: decentralizzazione, assenza di strutture di controllo piramidali, possibili differenze culturali, potenziali conflitti di interesse, ... Dunque raggiungere l'obiettivo di Azienda Estesa richiede intelligence, modelli appropriati e best practice: si tratta di sviluppare un vero Supplier Relationship Management.
Per aziende B2B, e quindi attori intermedi della filiera, il SRM e' probabilmente piu' rilevante, ma certamente non meno, del CRM. Inoltre la disponibilita' di dati e all'integrazione tra sistemi, e soprattutto la motivazione alla relazione dei fornitori, e' certamente maggiore. Possiamo quindi immaginare soluzioni SRM piu' evolute che non quelle CRM. Se questo non succede spesso, non e' certo un problema di tecnologia, ma di livello di consapevolezza a livello manageriale. Non a caso le aziende dove sono stati raggiunti risultati significativi in questo senso (in Italia, Ducati, per esempio) sono quelle dove e' stato forte il commitment del top management.
Laddove l'importanza del contratto lo giustifica, una possibile checklist di Robert J. Engel, per dare alla relazione col fornitore (meglio chiamarlo partner, anzi trusted partner) una appropriata impostazione SRM, e' questa:
In particolare la rete di fornitori dev'esserer considerata un'estensione dell'azienda: stessi processi, ma soprattutto stessi valori condivisi, stessi diritti e privilegi del personale interno, stessa attenzione alla formazione specialistica e manageriale, stessa Corporate Social Responsability, stesso livello, o paragonabile, di partecipazione ai momenti di declinazione della strategia.
D'altra parte, gli ostacoli sono evidenti: decentralizzazione, assenza di strutture di controllo piramidali, possibili differenze culturali, potenziali conflitti di interesse, ... Dunque raggiungere l'obiettivo di Azienda Estesa richiede intelligence, modelli appropriati e best practice: si tratta di sviluppare un vero Supplier Relationship Management.
Per aziende B2B, e quindi attori intermedi della filiera, il SRM e' probabilmente piu' rilevante, ma certamente non meno, del CRM. Inoltre la disponibilita' di dati e all'integrazione tra sistemi, e soprattutto la motivazione alla relazione dei fornitori, e' certamente maggiore. Possiamo quindi immaginare soluzioni SRM piu' evolute che non quelle CRM. Se questo non succede spesso, non e' certo un problema di tecnologia, ma di livello di consapevolezza a livello manageriale. Non a caso le aziende dove sono stati raggiunti risultati significativi in questo senso (in Italia, Ducati, per esempio) sono quelle dove e' stato forte il commitment del top management.
Laddove l'importanza del contratto lo giustifica, una possibile checklist di Robert J. Engel, per dare alla relazione col fornitore (meglio chiamarlo partner, anzi trusted partner) una appropriata impostazione SRM, e' questa:
- Definisci il tipo di relazione: core or non-core per il tuo business
- Costruisci il team che presiedera' la relazione: serviranno comunicatori, analisti, problem-solver e commerciali.
- Conosci il contratto - compresi i piu' piccoli dettagli
- Valuta l'attuale livello di soddisfazione in rapporto alle aspettative del cliente
- Stabilisci un processo di raccolta feedback e risoluzione di problemi, compreso il reporting e il tracking, e la pubblicazione dei risultati raggiunti
- Conduci incontri periodicamente senza aspettare l'insorgenza di problemi
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sabato 8 dicembre 2007
Lean Thinking: pensa snello ... al tuo cliente
Alla base del "lean thinking" ci sono alcuni semplici concetti, naturalmente, visto che l'obiettivo e' proprio "semplificare e focalizzare". Ad esempio: "Il consumo di risorse è giustificato solo per produrre valore altrimenti è spreco." Una visione del "lean thinking" in termini puramente organizzativi, si capisce subito, sarebbe chiaramente parziale e a rischio di clamorosi fallimenti.
Cos'e' una Lean Enterprise ? Secondo il Lean Enterprise Institute, a business system for organizing and managing product development, operations, suppliers, and customer relations... Fermarsi qui sarebbe un grosso errore. ... Business and other organizations use lean principles, practices, and tools to create precise customer value. Dunque il lean thinking si deve fondare su una solida base di marketing, che possa specificare con accuratezza gli input del processo di "semplificazione e miglioramento", e quindi i parametri di qualita' dei prodotti e dei servizi da produrre.
Certamente ne e' passata di acqua sotto i ponti, da quando in Toyota fu lanciato questo modello di revisione organizzativa, nel '90. Non molto pero' e' cambiato: Womack, Jones lo ribadiscono nella seconda edizione di quest'anno. Pero' anche se rimane certamente critica l'applicazione, oggi piu' di ieri e' ancor piu' critica l'impostazione: un errore nella definizione di cio' che e' valore comporterebbe a catena conseguenze molto gravi. E il "valore" e' quello percepito come tale dal cliente.
Il lean thinking non e' quindi, solo, un metodo per ridurre costi (e soprattutto sprechi), e nemmeno, solo, un metodo per aumentare la qualita' (miglioramento continuo): e' soprattutto un modo per aderire sempre piu' sui bisogni e desideri del cliente (Getting the Right Things Done). Produrre "just in time" permette infine di aderire il piu' velocemente possibile, ma questo viene dopo. Dunque tutta la Learn Enterprise, dal Marketing agli Acquisti, alle Risorse Umane, alla Produzione, deve essere permeata da una cultura lean (A3 thinking), e collaborare agli obiettivi dettati dal mercato.
Conseguenze di queste semplici considerazioni sono alla base della revisione dei benefici attesi dall'outsourcing verso paesi con bassi costi di produzione. In Germania molte aziende stanno tornando a produrre all'ovest, in quanto il calo della qualita' nelle fabbriche all'est non compensa il vantaggio dei minori costi di produzione.
Una semplice riduzione di costi puo' quindi aiutare a rispondere ad una esigenza del cliente (pagare meno), ma puo' impedire alle aziende occidentali di mantenere la posizione sui mercati di nicchia, dove la qualita' e l'innovazione e' fondamentale, costringendole a competere sul mass market, dove i paesi emergenti (Cina in testa) hanno un vantaggio competitivo schiacciante.
Un ritorno a produrre dove i costi sono alti e l'innovazione piu' avanzata, rilancia naturalmente il tema del "miglioramento continuo" e della "lotta agli sprechi", che e' l'aspetto piu' tattico del lean thinking.
Cos'e' una Lean Enterprise ? Secondo il Lean Enterprise Institute, a business system for organizing and managing product development, operations, suppliers, and customer relations... Fermarsi qui sarebbe un grosso errore. ... Business and other organizations use lean principles, practices, and tools to create precise customer value. Dunque il lean thinking si deve fondare su una solida base di marketing, che possa specificare con accuratezza gli input del processo di "semplificazione e miglioramento", e quindi i parametri di qualita' dei prodotti e dei servizi da produrre.
Certamente ne e' passata di acqua sotto i ponti, da quando in Toyota fu lanciato questo modello di revisione organizzativa, nel '90. Non molto pero' e' cambiato: Womack, Jones lo ribadiscono nella seconda edizione di quest'anno. Pero' anche se rimane certamente critica l'applicazione, oggi piu' di ieri e' ancor piu' critica l'impostazione: un errore nella definizione di cio' che e' valore comporterebbe a catena conseguenze molto gravi. E il "valore" e' quello percepito come tale dal cliente.
Il lean thinking non e' quindi, solo, un metodo per ridurre costi (e soprattutto sprechi), e nemmeno, solo, un metodo per aumentare la qualita' (miglioramento continuo): e' soprattutto un modo per aderire sempre piu' sui bisogni e desideri del cliente (Getting the Right Things Done). Produrre "just in time" permette infine di aderire il piu' velocemente possibile, ma questo viene dopo. Dunque tutta la Learn Enterprise, dal Marketing agli Acquisti, alle Risorse Umane, alla Produzione, deve essere permeata da una cultura lean (A3 thinking), e collaborare agli obiettivi dettati dal mercato.
Conseguenze di queste semplici considerazioni sono alla base della revisione dei benefici attesi dall'outsourcing verso paesi con bassi costi di produzione. In Germania molte aziende stanno tornando a produrre all'ovest, in quanto il calo della qualita' nelle fabbriche all'est non compensa il vantaggio dei minori costi di produzione.
Una semplice riduzione di costi puo' quindi aiutare a rispondere ad una esigenza del cliente (pagare meno), ma puo' impedire alle aziende occidentali di mantenere la posizione sui mercati di nicchia, dove la qualita' e l'innovazione e' fondamentale, costringendole a competere sul mass market, dove i paesi emergenti (Cina in testa) hanno un vantaggio competitivo schiacciante.
Un ritorno a produrre dove i costi sono alti e l'innovazione piu' avanzata, rilancia naturalmente il tema del "miglioramento continuo" e della "lotta agli sprechi", che e' l'aspetto piu' tattico del lean thinking.
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Il modello Radiohead "svelato", e qualche commento
Dunque la verita' sull'esperimento dei Radiohead non puo' che averla Thom Yorke, il leader del gruppo:
"Ma non è vera la notizia secondo la quale il 70% non ha pagato", protesta Thom "I dati li conosciamo solo noi. La prima settimana ci sono stati 1,2 milioni di download, a una media di 6 euro ognuno (circa il 50% ha pagato zero). Hanno detto che è stata una scelta radicale, ma date le circostanze era l'unica possibile. Quando hai finito di registrare un disco, se vuoi farlo arrivare subito all'ascoltatore, non hai altro mezzo che la rete. È un esperimento che i Radiohead si sono trovati in condizione di fare per una serie di circostanze fortunate. Tre in particolare: la scadenza del contratto discografico, il privilegio di avere uno zoccolo duro che li conosce e li apprezza, il fatto che la maggior parte dei loro fan ha familiarità con Internet".
Tre osservazioni sempre nello stile "alla ricerca dell'essenziale" :
1) i nuovi modelli economici (economia 2.0) nascono per necessita' piu' che per ispirazione. Questo e' positivo, li rende sicuramente piu' solidi: se poi si incontrano le necessita' di chi da e di chi riceve, la forza sara' dirompente.
2) il ruolo di internet (web 2.0) e' cruciale. Preservare internet cosi' come lo conosciamo e' altrettanto cruciale (www.savetheinternet.it) considerato che le "resistenze" non potranno che gradualmente aumentare
3) il valore alla base delle transazioni economiche e' sempre meno legato al prodotto e al servizio. E' piuttosto legato ad un'idea, un'emozione. Ma vorrei andare oltre: e' legato al recupero di una centralita' dell'uomo sulla tecnologia e sui grandi sistemi. Insomma sono tracce di un nuovo umanesimo risorgente.
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sabato 1 dicembre 2007
MarketingAgora': i KIBS e il brunch a base di marketing
Dopo la mia recente adesione a MarketingAgora' su un'idea di PL Santoro, e ADVBoucle su un'idea di Simone Lovati, e chiamato quindi a fare "la mia dichiarazione di intenti", sono andato a riprendermi alcuni post e articoli di qualche anno fa, che ne sono le premesse fondamentali.
Facciamolo quindi partire da Miles 1995 e il suo "Knowledge-intensive business services: Users, carriers and sources of innovation" che ha anticipato buona parte dello sviluppo dei servizi business ad alto contenuto di conoscenza, in Europa (a dire il vero soprattutto in Finlandia c'e' stata vera consapevolezza).
Erano gli anni d'oro del Knowledge Management, basta ricordare che nello stesso anno usciva "The knowledge-creating company" di Nonaka, Takeushi: a differenza dei giapponesi pero', qui l'impostazione era piu' "ecosistemica": l'Europa dimostrava ancora una volta di avere un "proprio" approccio, e (passatemi questa sparata) capace di tenere piu' a lungo nel tempo.
Cosa sono e come stanno evolvendo i KIBS ?
Una buona sintesi e' nella pagina corrispondente di wikipedia.
Una definizione sinteticissima: Knowledge-intensive business services (KIBS) sono aziende che forniscono prodotti intermediari e servizi – basati soprattutto su conoscenza avanzata tecnologica e professionale – ai processi di business di altre organizzazioni.
Si tratta di uno dei settori piu’ in crescita in EU25, e ancora poco studiato.
Qualche esempio di KIBS per capire meglio ?
ecco la risposta direttamente da Miles:
Perche' mi ricollego ai KIBS ?
Uno dei punti piu' importanti e' ben espresso con le parole di Lance Bettencourt in "Client Co-Production in Knowledge-Intensive Business Services" (2002):
A common characteristic of knowledge-intensive business service (KIBS) firms is that clients routinely play a critical role in co-producing the service solution along with the service provider. This can have a profound effect on both the quality of the service delivered as well as the client's ultimate satisfaction with the knowledge-based service solution. By strategically managing client co-production, service providers can improve operational efficiency, develop more optimal solutions, and generate a sustainable competitive advantage.
L'avvento del web2.0 e' posteriore e quindi strumentale, ma indubbiamente rappresenta una grande occasione di rilancio dei KIBS, e non per niente grandi colossi come IBM e Oracle, pur essendo l'archetipo della "corporation" accentratrice monolitica e colonizzatrice, si stanno aprendo a questa nuova prospettiva, attraverso la "Service Research & Innovation Initiative" (SRI), un'iniziativa no profit fondata dai top manager di quelle aziende. L'innovazione nei servizi e' infatti "the next big thing" dopo l'innovazione tecnologica di questi anni, stando a quanto sentenzia BusinessWeek.
Nei KIBS non e' cosi' importante la generazione di contenuti, che molto spesso e' user generated, quanto la creazione di uno spazio adatto, un buon incubatore per quel processo creativo, e anche la capacita' di tradurre/trasferire gli stessi contenuti in contesti diversi, adattandoli alle esigenze dei singoli, e (non da poco) al loro linguaggio. Non tutti i KIBS sono basati sulla trasformazione della conoscenza (alcuni sono piu' centrati sulla generazione ed altri sulla applicazione di conoscenza), ma la capacita' di trasformare e ricombinare la conoscenza e' la caratteristica che piu' li rende interessanti, a mio avviso, quando parliamo di PMI.
Veniamo dunque a MarketingAgora', che e' chiaramente un esempio di KIBS in fieri. Al di la' dei rimandi nel mondo della ricerca, del management consulting, e delle mosse strategiche dei big player, MA e' l'espressione della necessita' di innovare i servizi in materia di business (di marketing soprattutto in questo caso), uscendo dalla logica del consulente/societa' di consulenza che "trasferisce il verbo" alle aziende passivamente (e psicologicamente) soggiogate, per abbracciare quella di una fertile "collavorazione" tra professionisti e utenti/clienti, in cui l'oggetto dello scambio (che comunque rimane come logica di fondo) non e' nel singolo "elemento di conoscenza" (il modello, la check list, il processo, la best practice, ...) ma nell'occasione di poter partecipare ad un processo di generazione e accumulazione di conoscenza continuo, e (lasciatemi fare una provocazione) nell'occasione di poter "consumare" conoscenza insieme. Insomma, MA e' potenzialmente il locale virtuale del brunch a base di marketing: si cucina e si degusta, tutti insieme, in modo informale, con l'obiettivo di consolidare un'esperienza intorno ad un interesse comune. Nessun termine poteva essere quindi piu' azzeccato di agora', infatti.
Dunque questo e' il motivo percui ho deciso di aderire a MarketingAgora', e rinnovo la mia disponibilita' a contribuire all'idea di PL Santoro, piu' che ad altre aggregazioni di professionisti in cui il modello di business e' ancora sostanzialmente 1.0, anche se succintamente e maliziosamente coperto da qualche accessorio 2.0.
Facciamolo quindi partire da Miles 1995 e il suo "Knowledge-intensive business services: Users, carriers and sources of innovation" che ha anticipato buona parte dello sviluppo dei servizi business ad alto contenuto di conoscenza, in Europa (a dire il vero soprattutto in Finlandia c'e' stata vera consapevolezza).
Erano gli anni d'oro del Knowledge Management, basta ricordare che nello stesso anno usciva "The knowledge-creating company" di Nonaka, Takeushi: a differenza dei giapponesi pero', qui l'impostazione era piu' "ecosistemica": l'Europa dimostrava ancora una volta di avere un "proprio" approccio, e (passatemi questa sparata) capace di tenere piu' a lungo nel tempo.
Cosa sono e come stanno evolvendo i KIBS ?
Una buona sintesi e' nella pagina corrispondente di wikipedia.
Una definizione sinteticissima: Knowledge-intensive business services (KIBS) sono aziende che forniscono prodotti intermediari e servizi – basati soprattutto su conoscenza avanzata tecnologica e professionale – ai processi di business di altre organizzazioni.
Si tratta di uno dei settori piu’ in crescita in EU25, e ancora poco studiato.
Qualche esempio di KIBS per capire meglio ?
ecco la risposta direttamente da Miles:
Perche' mi ricollego ai KIBS ?
Uno dei punti piu' importanti e' ben espresso con le parole di Lance Bettencourt in "Client Co-Production in Knowledge-Intensive Business Services" (2002):
A common characteristic of knowledge-intensive business service (KIBS) firms is that clients routinely play a critical role in co-producing the service solution along with the service provider. This can have a profound effect on both the quality of the service delivered as well as the client's ultimate satisfaction with the knowledge-based service solution. By strategically managing client co-production, service providers can improve operational efficiency, develop more optimal solutions, and generate a sustainable competitive advantage.
L'avvento del web2.0 e' posteriore e quindi strumentale, ma indubbiamente rappresenta una grande occasione di rilancio dei KIBS, e non per niente grandi colossi come IBM e Oracle, pur essendo l'archetipo della "corporation" accentratrice monolitica e colonizzatrice, si stanno aprendo a questa nuova prospettiva, attraverso la "Service Research & Innovation Initiative" (SRI), un'iniziativa no profit fondata dai top manager di quelle aziende. L'innovazione nei servizi e' infatti "the next big thing" dopo l'innovazione tecnologica di questi anni, stando a quanto sentenzia BusinessWeek.
Nei KIBS non e' cosi' importante la generazione di contenuti, che molto spesso e' user generated, quanto la creazione di uno spazio adatto, un buon incubatore per quel processo creativo, e anche la capacita' di tradurre/trasferire gli stessi contenuti in contesti diversi, adattandoli alle esigenze dei singoli, e (non da poco) al loro linguaggio. Non tutti i KIBS sono basati sulla trasformazione della conoscenza (alcuni sono piu' centrati sulla generazione ed altri sulla applicazione di conoscenza), ma la capacita' di trasformare e ricombinare la conoscenza e' la caratteristica che piu' li rende interessanti, a mio avviso, quando parliamo di PMI.
Veniamo dunque a MarketingAgora', che e' chiaramente un esempio di KIBS in fieri. Al di la' dei rimandi nel mondo della ricerca, del management consulting, e delle mosse strategiche dei big player, MA e' l'espressione della necessita' di innovare i servizi in materia di business (di marketing soprattutto in questo caso), uscendo dalla logica del consulente/societa' di consulenza che "trasferisce il verbo" alle aziende passivamente (e psicologicamente) soggiogate, per abbracciare quella di una fertile "collavorazione" tra professionisti e utenti/clienti, in cui l'oggetto dello scambio (che comunque rimane come logica di fondo) non e' nel singolo "elemento di conoscenza" (il modello, la check list, il processo, la best practice, ...) ma nell'occasione di poter partecipare ad un processo di generazione e accumulazione di conoscenza continuo, e (lasciatemi fare una provocazione) nell'occasione di poter "consumare" conoscenza insieme. Insomma, MA e' potenzialmente il locale virtuale del brunch a base di marketing: si cucina e si degusta, tutti insieme, in modo informale, con l'obiettivo di consolidare un'esperienza intorno ad un interesse comune. Nessun termine poteva essere quindi piu' azzeccato di agora', infatti.
Dunque questo e' il motivo percui ho deciso di aderire a MarketingAgora', e rinnovo la mia disponibilita' a contribuire all'idea di PL Santoro, piu' che ad altre aggregazioni di professionisti in cui il modello di business e' ancora sostanzialmente 1.0, anche se succintamente e maliziosamente coperto da qualche accessorio 2.0.
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