giovedì 5 marzo 2009

Social Business Networking: reti, non scatole!

Da qualche giorno, alcuni pensieri che mi ritornano in testa da tanto tempo, stanno diventando chiarissimi, anche alla luce dei successi testimoniati nella mia regione dalla recente iniziativa di Nordest Creativo (Treviso, 19/2/09), e dalle difficolta' di altre iniziative, progressive correzioni in corso a parte.

Innanzi tutto, sembra proprio che la "galassia Social Business Network" sia piu' articolata di quanto a prima vista non si pensi. I s/b network non sono tutti uguali e non tutti i networker hanno lo stesso spirito. Fin qua, nessuna sorpresa, se consideriamo che rispecchiano la varieta' e complessita' del "genere umano".

C'e' un punto, pero', su cui mi sembra importante porre l'attenzione: la differenza tra il "modello a scatola" e il "modello a rete". Non voglio dire che solo il secondo e' "giusto", perche' mi sembrerebbe scivolare su una posizione troppo manichea, ma sono assolutamente convinto che la vera novita' e il vero valore sta nel modello a rete.

Nel "modello a scatola", i social network sono contenitori, e le persone riempitivi. In questo caso i s/b network sono ridotti a meri strumenti di aggregazione per accumulazione di utenti, e questo corrisponde inevitabilmente ad una visione dei networker come di una massa illusoriamente emancipata.

Siamo ancora nel one-to-many. Infatti si dice che sono la versione moderna dei sindacati e dei movimenti. In questo caso si dice TUTTI, ma e' come dire NESSUNO. Si dice "2.0", ma solo perche' al gregge di oggi piace sentirselo dire (e comunque non sa cosa vuol dire).

Sono diversi i fattori che spingono verso questo modello. Innanzitutto perche' e' quello a cui siamo abituati, e' quello "storico". Da sempre le persone si sono riunite in partiti, associazioni, sindacati, movimenti... In questi casi, la ricetta comprende sempre: un' idea, un po' di ritualita' per sostenere l'identita' di gruppo (feste con format predefinito, tesseramento, propaganda, ...), e nei casi piu' fortunati, un buon leader carismatico. Importante sottolineare che l'identita' fa parte del pacchetto offerto ai soci. E spesso questa identita' e' basata sulla "separazione": o con noi o contro di noi.

Difficile dire se questo modello debba essere abbandonato: certamente e' evidente che e' ancora molto praticato. C'e' nelle persone ancora troppa pigrizia e scarsa coscienza, ancora troppo costume da "massa"; e da parte di qualcuno c'e' ancora troppa voglia di "potere", di essere il "proprietario" della scatola, o il principale influenzatore, o almeno di mostrarsi tale.

Apparentemente, la "legge dei grandi numeri", e il principio che in democrazia vince la maggioranza, giocano a favore del "modello a scatola". Infatti, viene facile pensare che un gruppo di 100.000 persone conti piu' di uno di 100. Ma e' davvero cosi' ? Guardiamoci intorno, per favore.

C'e' anche una confusione di fondo, da alcuni palesemente dimostrata, sullo scopo e sul valore dei s/b network globali che la Rete ci mette a disposizione. LinkedIN, Facebook, e tanti altri, sono nati per permettere ai membri di fare rete tra loro, ma sono stati interpretati da alcuni come "scatole piene di biglie colorate", da prendere a man bassa per la "propria" collezione. Prova ne sono le continue contestazioni su quel limite di LinkedIN sulla visibilita' di piu' di 500 link.

In opposizione al precedente, c'e' il "modello a rete": quello emergente, appassionante, e dal potenziale dirompente. Quello che riproduce nella societa' l'idea formidabile di Internet. Quello che fa parlare di web2.0, come di una conquista dell'umanita', e non di una vuota convenzione di markettari. Infatti, se e' vero che Tim Berners Lee (un vero genio, ma non un dio) ha creato proprio 20 anni fa, un potentissimo protocollo di interfaccia per l'information management, certamente la rivoluzione che ne sta conseguendo nella societa' a 360 gradi, e' questione di tutt'altra portata.

Nel modello a rete, banalmente non ci sono tesserati ma PERSONE. Ogni persona e' un "nodo attivo", con identita' e sentimenti. E come tale "conta": e' in grado di rielaborare e rilanciare; di generare conoscenza; di creare. Nel modello a rete non solo non c'e' "separazione", ma c'e' qualcosa di piu' di "unione": c'e' "sinergia".

Le persone, quindi, vengono prima di tutto. Poi queste parteciperanno e animeranno 10 100 1000 social networks, a seconda dei loro bisogni e piaceri. Le persone non sono quindi i contenuti di questo o quel s/b network-scatola, ma al contrario usano questo o quel s/b network come strumento della loro espressione di se'.

Se le persone vengono prima di ogni altra cosa, ne segue chiaramente che prima si creano rapporti di fiducia con gli altri conetworker, tali da scatenare una propensione impellente alla collaborazione, e poi arriva l'adesione a questo o quel s/b network, con un atteggiamento che sara' conseguentemente aperto, trasparente, generoso, e, ultimo ma non meno importante, gioioso. Allora si, che la logica che si scatena e' di tipo win-win, e che il vantaggio e' garantito per tutti, cosiccome per il network stesso. In questo caso si puo' parlare di approccio "ecosistemico".

Se poi si tratta di professionisti, allora scatta anche la disponibilita' a referenziarsi mutuamente, e comunque a mettere la propria reputazione sullo stesso tavolo. A quel punto qualsiasi social network diventa anche un business network, in cui le relazioni sociali diventano occasione per dare vita ad affari.

Comprendere questo non e' poca cosa, e non bisogna illudersi, in tempi in cui la parola "s/b networking" e' sulla bocca di tutti, che tutti ne abbiano la stessa profonda coscienza. Ne' puo' bastare per i piu' volenterosi, ma solo perche' vedono la possibilita' di cavalcare l'onda del momento, vedere fallire piu' volte un approccio ambiguo, fondamentalmente viziato da motivazioni personalistiche e da atteggiamenti irrispettosi delle persone. E' un po' come il moscone che sbatte piu' volte sulla meta' della finestra che e' chiusa: il numero delle botte sul vetro non lo aiuta a capire che l'altra meta' della finestra potrebbe essere aperta. Un gap culturale, per essere colmato da chiunque, richiede tempo, divulgazione e sperimentazione, e dimostrazione sul campo dei passi avanti, conquistati giorno dopo giorno.

E a proposito dei "numeri" ? Sembra che la dimensione e' destinata a rimanere piu' contenuta nel modello a rete. Costruire una vera rete di relazioni fra 10, 100 persone e' obiettivamente difficile (anche se enormemente piu' facile oggi rispetto ad un tempo, grazie a internet) e richiede tempo. Ma vale molto di piu' una rete forte tra 10 persone che un "mucchio" di 100, 1000 iscritti.

Appare evidente, a questo punto, che tra "scatole" e "reti" passa una bella differenza, anche se oggi ci si puo' trovare esempi dell'uno e dell'altro caso, tutti sotto il nome di s/b networking. Le dinamiche sono enormemente diverse, il potenziale enormemente maggiore.

Mark Zeckerberg, fondatore di FacebookReid Hoffman, fondatore di LinkedINChiudo con una considerazione tecnica. Come dicevo prima, LinkedIN e Facebook, ma anche un ning "fatto in casa", sono solo strumenti abilitanti. Nel caso dei due colossi, si potrebbe facilmente confonderli come "scatole" dato l'enorme numero di iscritti, ma ho gia' detto che significherebbe perdersi moltissimo usandoli in questo modo. D'altra parte, costruirsi un ning per realizzare un piccolo facebook locale e personale, sarebbe una piccola follia, per come la vedo io.

Invece la vera sfida e' costruire la "propria rete" all'interno della grande rete, come LinkedIN/Facebook (o simili...). Del resto proprio con questo scopo sia Reid Hoffman che Mark Zuckerberg, hanno dato vita alle loro piattaforme. Allora, ecco che una buona applicazione di ning, magari combinando l'utilizzo di diversi social media e altre azioni sul territorio, puo' servire benissimo allo scopo.

[Update 7/3/9 11:00] Questo articolo e' "reblogged" anche qui:
- Facebook, note di Gino Tocchetti, con >50 commenti
- Nordest Creativo, il blog
- GreenConceptLab, di Daniel Casarin :: GenitronSviluppo

9 commenti :

Giorgio Jannis ha detto...

Gino, hai messo un bel punto fermo al lavoro di tutti quelli che come noi si occupano di indagare il senso di queste cosette, come abitare e produrre in Rete.
E infatti l'hai messo qui innazitutto, e poi anche su FB, e i commenti son di là. Mah.
Due cose: credo che molti non conoscano la storia e le implicazioni semantiche del termine "rete", per come viene oggi usato. Ad esempio nel pensiero "sociale" (in sociologia, nelle organizzazioni lavorative di assistenza sociale, nelle progettazioni di interventi alla persona) il concetto di rete emerge tra la fine '70 e i primi '80.
"Cultura di Rete" è concetto che sento correttamente pronunciare da ventanni da assistenti sociali, operatori socioterritoriali, azienda sanitaria, progettisti sociali, etc, tutta gente che magari non è in web neanche oggi.

Poi la definizione e la pratica di "rete sociale" si è trovata intersecata con quella di "rete telematica", e quest'ultima per giunta diventa pure una "social rete telematica duepuntozerissimo" e allora le cose si confondono.

Ma molti pensano rete come struttura, non come flussi e processi.

Basterebbe controllare tra quelli che magari un po' sproloquiano di duepuntozerismo quanti siano consapevoli della centralità assoluta, per definire e comprendere le reti sociali, dei concetto di relazione, rispetto a quello di nodo.
Comprendere chi "pensa nodi" e chi "pensa relazioni" è fondamentale.

[en passant: Eco riprendendo Lotman - culture testuali e culture grammaticalizzate - in vecchi articoli riproponeva una distinzione delle culture mondiali (ad esempio, di tipo giudaico-greco-latino contrapposto a pensiero anglosassone) a seconda dell'accento che queste due diverse formae mentis pongono sul nesso o sui termini. Aver i termini, cercare il nesso. Avere il nesso, cercare i termini che lo soddisfino. Pensa alla cultura giuridica latina, topdown: la legge viene prima dei casi. Questo significa che in italia non vedrai mai un telefilm ambientato in italia dove l'avvocato difensore rispolvera la causa "John Smith contro lo Stato di Washington" del 1936, perché questo vale appunto nella CommonLAw, dove il precedente crea legge (caso di bottom-up esemplare). Questo porterebbe a considerare orientamenti profondamente diversi nella postura mentale stessa che porta culture pur sempre "occidentali" a pensare differentemente il concetto stesso di rete, ma è un più un post per il mio blog :)]

Perché la relazione E' la rete, e la rete E' la relazione, e basta.

Il riferimento che hai fatto all'identità come compresa nel pacchetto-offerta dei contenitori (opifici di socialità) è micidiale, coglie appieno l'argomento.
Se tutti mettono la propria presenza e il proprio fare dentro un contenitore opaco come FB (ma è solo un esempio, domani sarà un altro), vanno ad abitare un nodo che pre-organizza il loro dire, limitandone i contenuti e le forme di esposizione. Ben diverso sarebbe appunto essere ognuno di noi una rete di relazioni che poggia su diversi nodi di socialità (a supporto fisico o digitale: famiglia bar azienda negozio piazza circolo oppure forum blog community intranet); poi i flussi di comunicazione vengono agevolati e tracciati e ricommentati e re-immessi nel circuito sociale, nessuno dovrebbe trovare difficoltà o timore ("internet è così dispersiva, in FB capisco tutto") a esprimere sé stesso o a frequentare gli altri nei tanti bei villaggi digitali.

Giorgio Jannis ha detto...

.

GinoTocchetti ha detto...

Giorgio, i tuoi controcanti sono formidabili, e io li adoro!

Oltre tutto c'e' sempre molto da imparare, in quello che scrivi...

Anche sul termine "duepuntoseroismo", a cui pensavo fortemente in questi giorni, mi trovo in perfetta sintonia ;-)

GinoTocchetti ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
GinoTocchetti ha detto...

@Giorgio

un commento su FB, in due battute:

1) da molto tempo ho capito che le "conversazioni" NON ci appartengono, nel senso che NON appartengono ad uno solo, ma a TUTTI coloro che la animano. E NON importa chi sia stato a darne origine

Dunque coloro che vorrebbero ingabbiare i thread di commenti ai propri post, all'interno del proprio blog, sono destinati ad ulcera perforante.

Oggi, le PERSONE, preferiscono FB. E' cosi'. Lo confermano i 6.000.000 (6 milioni) di utenti in Italia, cresciuti in un anno del 900%.

Domani non sara' piu' cosi'. E' probabile, forse sicuro. Ma le conversazioni di oggi non possono aspettare domani.

2) Certo, in tanti vorremmo che FB non fosse cosi' "chiuso", che non avesse un padrone, che ci desse maggiori garanzie sulla conservazione e sull'accesso dei NOSTRI contenuti, del NOSTRO lifestream. E non ci bastano le importanti aperture che Zuckerberg ha dovuto adottare con al nuova recente governance policy (http://www.knowledgeecosystem.com/post/82058111/non-puoi-dettare-legge-a-170-milioni-di-utenti-senza-il)...

Ma va cosi'. OpenSocial non e' ancora pronto, e quindi...

Ad ogni modo su questo io (goccia d'acqua nell'oceano) ci sto lavorando

Nicola Bandoni ha detto...

Gino, interessante il tuo articolo. Ricordi John Nash ed il suo modello "dinamiche dominanti"? In "contrapposizione" alla sua "teoria dei giochi" ...
Le reti hanno dei nodi, come il cervello umano...tutto si muove per la vita dell'uomo stesso. Reti, reti, reti ... da millenni funziona così ma adesso c'è una consapevolezza diversa, globale. Grande Gino! Bel post!!!

GinoTocchetti ha detto...

Eh si, @Nicola, John Nash e' stato un grande (e il video sulle dinamiche dominanti e' nella videoteca di Ecosistema 2.0 !).

Anche se devo dire che a renderlo famoso e' stato soprattutto il film, e tanti ora lo citano solo perche', avendo visto quella scena, ora sperano di "cuccare" con piu' successo ;-)

Nicola Bandoni ha detto...

@ Gino: proprio il giorno 18 mentre andavo a Milano con l'ingegnere per il meeting, in macchina abbiamo parlato tutto il tempo della teoria dei giochi e delle dinamiche dominanti. Certo è che ognuno fa ciò che vuole con la propria conoscenza! Il mondo è bello perchè è vario! Rispettiamo anche chi cucca con la conoscenza. Comunque il film era fatto molto bene a parte l'essenza che credo che pochi l'abbiano compresa ed è la medesima essenza in cui lui cercava "l'armonia", forse la stessa "armonia" che stiamo cercando in queste "reti". Grazie per la risposta Gino!
Nicola B.

GinoTocchetti ha detto...

@nicola
non c'e' di che. "commentare" e' lecito, rispondere e' cortesia ;-)