E' stata molto interessante la serata con Francesco Morace (sociologo, scrive su Nova, Future Concept Lab), e con Cristiano Seganfredo (Fuoribiennale), Giovanni Bonotto (imprenditore), Franco Miracco (portavoce del Presidente Regione Veneto), e arricchita da altri interventi dal pubblico.
Sulle ragioni dell'augurarsi un Terzo Rinascimento, come risposta non tanto alla crisi congiunturale di questo inizio millennio, ma ad un'intero ciclo storico che nel '900 tanto ha dato in positivo e negativo, c'e' poco da aggiungere. Una risposta alla caduta delle ideologie, alla destatalizzazione e alla globalizzazione priva di una specifica cultura, alla supremazia della tecnologia, alla diffusione dell'indeterminismo perfino nella scienza.
Ma cosa debba essere, e perche' chiamarlo Terzo Rinascimento, questo e' forse ancora gustosissimo oggetto di dibattito. Certamente cio' che ispira Francesco Morace e' l'analogia tra il riscoprire la centralita' dell'uomo, e le sue arti e i suoi mestieri, presente nel Rinascimento italiano a cavallo tra il '300 e il '400 e fino al '500, a Firenze, Venezia e Roma (e ancora nel Veneto, Vicenza e Verona), e anche ancora potenziale elemento di differenziazione del nostro paese nel villaggio globale contemporaneo.
Infatti Francesco, che con Future Concept Lab ha modo di estendere studi e ricerche in tutto il mondo, sottolinea che l'Italia e' ancora riconosciuta dappertutto come la terra dove e' alta la qualita' della vita e, anche ma non per caso, dei prodotti artistici e manufatturieri. Tutta da investigare questa distonia tra la percezione della propria terra da parte degli italiani rispetto al resto del mondo!
Inoltre, proprio come il Rinascimento, anche oggi ci aspettiamo da questa ritrovata centralita' dell'uomo una spinta a ridefinire il mondo in cui viviamo, esattamente come allora si gettarono le basi per quella che comunemente viene chiamata "modernita'".
Anzi, proprio nel Veneto, piu' che altrove, ha ricordato Paolo Rigoli, i grandi pittori e architetti di quel periodo "scoprirono" e sdoganarano un mondo quotidiano eppure dignitosissimo, dalla terra pericolosa da attraversare al paesaggio che seduce lo sguardo, dalla camera da letto come luogo di servizio ad appropriato scenario dei nudi piu' voluttuosi, dal palazzo dei potenti alla dimora della famiglia del Signore, dagli interventi nel territorio volti a separare e a difendere a quelli volti a unire e servire, dalla vita delle masse di sudditi a quella di individui liberi....
E proprio come allora, un fattore di cambiamento decisivo e' la convergenza (bilanciata) dell'economia, della politica e della cultura. Ci sono le premesse perche' nel Veneto dell'inizio secolo 2000, si possa realizzare un tale fenomeno, come parte di un movimento piu' ampio ma del quale potrebbe essere addirittura prodromo ? Gli invitati a parlare rappresentavano proprio, anche se non in modo esaustivo, il punto di vista di queste tre componenti.
Il primo elemento incoraggiante e' risultato essere il "ritardo" ormai cronico che noi italiani soffriamo rispetto al resto del mondo, in tutti i campi. Ora che il sistema globale vacilla e perde colpi, non essere stati capaci di esserne un elemento di spicco diventa una facile occasione di rivalsa. "Certo, siamo rimasti in dietro, ma non per incapacita', bensi' per furbizia", sembrava quasi che si dicesse. Battute a parte, certamente gioca a favore dell'Italia, e del Veneto, non essersi spinti troppo nella direzione di una industrializzazione / globalizzazione / finanziarizzazione esasperata. Per esempio nelle parole di Bonotto, si leggeva un orgoglio nel non aver ceduto, nella propria azienda, all'introduzione pesante delle macchine per la produzione di scala, perche' questo ora favorisce un ritorno alla cura del dettaglio e alla qualita' del prodotto, se non la prosecuzione di una tradizione. Laddove la macchina ha costretto a "sottrarre" elementi di differenziazione e specializzazione, ora il recupero del sapere artigianale permette di creare, per progressive addizioni apparentemente irrilevanti, un prodotto capace di raccontare a tutto il mondo maestria e passione.
Ma ormai anche il miglior prodotto e' nulla se non c'e' comunicazione. Dunque la cultura, prima, e la comunicazione commerciale, poi, hanno un ruolo importantissimo, ovvero l'amplificazione e la diffusione dei valori che sono sottointesi dalle Arti e Mestieri di questo nuovo millennio. Nel sottolineare la differenza tra artigianato di eccellenza e semplice manualita'. Alla cultura in particolare, e' affidato il compito di coltivare la consapevolezza: non possiamo essere gli unici al mondo che non riconoscono il valore di cio' che abbiamo e che sappiamo esprimere. C'e' un filo che s'e' spezzato tra le persone e la loro terra. Troppi anni di trasformazioni veloci e radicali del tessuto urbano e sociale, di sottomissione supina alle culture dei paesi leader mondiali, di ottundimento da opulenza arrivata troppo in fretta. Franco Miracco ha parlato molto chiaramente di Economia della Conoscenza, di Modello delle Tre T di Florida (tecnologia, talento e tolleranza), e di un "ritardo", questa volta colpevole senza appello, nella comprensione e applicazione di queste: cosa che sta costando al Veneto moltissimo in termini di ricerca innovazione, e quindi di potenziale di ripresa e sviluppo (e di potenziale di rinascimento). Purtroppo ai paroloni non e' facile far seguire i fatti: le infrastrutture materiali come quelle immateriali sono tutte di la' da venire completate. Un esempio per tutti: le grandi arterie di collegamento stradale e ferroviario, e i poli interuniversitari per le sicenze e le tecnologie, e la cittadella della cultura a Marghera.
E qui vengono i punti dolenti, e il finale un po' pessimistico della riunione, con qualche scivolata oscurantista. Purtroppo l'esperienza di chi gia' s'e' mosso in questa direzione e' stata negativa: hanno prevalso il carattere veneto fortemente individualista e campanilistico, la conseguente litigiosita', e tutto s'e' risolto in un nulla di fatto. Del resto anche nella mia esperienza diretta c'e' un esempio recente ecclatante. Certamente c'e' una dimensione localistica da preservare, come elemento stesso di garanzia di una dimensione piu' umana e della qualita' della vita; d'altra parte, la dimensione metropolitana e sistemica, primo, si impone da sola, e secondo, e' strumentale ad una maggiore forza nella competizione globale, ed anche ad un maggiore slancio delle iniziative di innovazione. Una dicotomia che non sembra essere stata non solo risolta, ma neppure indirizzata.
domenica 7 dicembre 2008
Un nuovo rinascimento in Veneto e' possibile ?
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