La protesta dilaga in tutto il Tibet e l'ultimatum scaduto non preannuncia nulla di buono. La foto e' via Lorenzo.
Anche la blogosfera si sta accendendo sulla protesta in Tibet, sulla repressione cinese e sull'opportunita' del boicottaggio delle olimpiadi. Sondaggi fioriscono dappertutto: Panorama, Vita, ...
Del resto anche in Tibet ci sono opinioni differenti: alcuni giovani monaci e parte della popolazione e' esasperata, e incline a manifestare sempre piu' violentemente, mentre altri, e il Dalai Lama, in testa, invitano alla prudenza, alla non violenza e al dialogo. Inutile dire che i cinesi, che non sentono certo il bisogno di giustificazioni per il loro operato, approfittano a man bassa della reazione dei monaci per aumenatre la recrudescenza della repressione (quasi cento morti negli ultimi scontri).
I boicottaggisti di casa nostra sono motivati dalla necessita' di mostrare alla Cina che tutto il mondo occidentale non puo' piu' accettare la "Nuova Rivoluzione Culturale" (virgolette mie), antiliberale antidemocratica e soprattutto aggressiva e violenta. In questo c'e' evidentemente l'urgenza di dare alla Cina una risposta che va oltre alla questione tibetana, e in qualche caso anche oltre alla questione politica e sociale, e si aggancia a quella economica, molto sentita (e forse piu') qui in occidente. Boicottagisti sono ad esempio, con atteggiamento diverso, Gigi, Ivan, Marco, tra i tantissimi altri.
[Edit 18/3 17:00] Chi condivide lo sdegno sui fatti di Lhasa, e la necessita' urgente di fare pressioni sulla Cina, ma e' scettico sul boicottaggio, sono il Dalai Lama stesso e USA e UE, stando alla loro posizione ufficiale. Mi aggiungo anche io, perche' temo sostanzialmente di fare il gioco dei cinesi, e considero preferibili (purche' si facciano) altre azioni che comunque preservano il dialogo coi cinesi. Ai cinesi conviene infatti, cosi' come e' stato nel secolo scorso, poter "gestire" il problema Tibet lontano dagli occhi del mondo intero. Ogni genocidio, culturale o vero e proprio, necessita infatti di essere svolto nella segretezza e nella possibilita' che sia affermata una lucida follia come fosse la sola verita'.
C'e' poi il beneficio di dare ai cinesi (al popolo, non ai governanti) sempre maggiori possibilita' di confronto col mondo occidentale, affinche' germoglino anche li' sentimenti popolari di emancipazione sociale ed economica. Le olimpiadi sono senz'altro un'occasione unica, se si considera l'impressionante piano di interventi sull'urbanistica, sui trasporti, sull'ambiente, sul galateo, sull'immagine ... che il governo ha stanziato per ben figurare in questa occasione, e che si traduce inevitabilmente nell'occasione per tutti i cinesi di poter misurare la distanza dall'occidente sul piano civile.
[Edit 18/3 17:00] Tra l'altro mi sembra di ricordare che le olimpiadi furono boicottate in altre due sole occasioni, ma in sostanza una sola volta. La prima, per iniziativa del blocco occidentale quando si tennero a Mosca (1980) per protesta contro l'occupazione russa dell'Afghanistan dell'anno prima. Sessantacinque nazioni non parteciparono alle Olimpiadi tra le quali gli Stati Uniti, il Canada, la Germania Ovest, la Norvegia, il Kenya, il Giappone e la Cina (nota bene) oltre al blocco delle nazioni arabe. La seconda volta l'iniziativa fu del blocco sovietico (solo 19 non partecipano tra cui Cuba ed Etiopia), sostanzialmente per semplice ritorsione, l'edizione successiva di Los Angeles, 1984. Se la storia si ripete, stiamo discutendo se dare inizio ad una nuova Guerra Fredda ? e se fosse abbiamo altrettante speranze di vincerla ?
Altri contrari al boicottaggio si rifanno alle radici culturali e religiose del Dalai Lama e dei tibetani buddhisti, come Gilgamesh. ma non sembra questo l'unico punto e forse nemmeno il piu' importante.
Quello che e' invece proprio sbagliato e' far passare la vicenda sotto silenzio, come sembra essere la linea del Vaticano e del CIO, o peggio strizzare l'occhio al governo cinese sdoganando una politica egemonica, pronta a calpestare i diritti civili e far scorrere il sangue, per aver intrapreso la strada della cooperazione economica con l'occidente.
martedì 18 marzo 2008
lunedì 17 marzo 2008
BlogBeer a Mestre in vista del TwitterBarCamp
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venerdì 14 marzo 2008
La scuola in liquefazione
Da molto tempo pensavo che causa ed effetto emblematico del divide che si sta formando tra le persone e le forme di aggregazione delle stesse (societa' civile, sfera pubblica e politica, mondo economico, ...) e' proprio a livello di educazione/formazione, quindi della Scuola.
Ieri questo articolo di Daniele Pauletto (Web/Teach), dal titolo "Scuola Liquida" mi ha dato l'occasione per un commento. Daniele dice:
Ieri questo articolo di Daniele Pauletto (Web/Teach), dal titolo "Scuola Liquida" mi ha dato l'occasione per un commento. Daniele dice:
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giovani studenti non trovano risposte nelle anguste aule scolastiche, dispersi in una didattica spenta fatta da docenti, ormai immigrati digitali. |
Riconosco lo sgomento di fronte alla tumultuosita' della modernita' che avanza, e ricordo come qualche anno (decennio) fa la stessa cosa mi suscitava un diverso sentimento, di adesione proprio perche' prometteva rivoluzione, quindi ora sono un po' freddo nel ritenere che tutto questo debba essere "corretto", "ostacolato", "avversato". Penso che comunque non sarebbe nei poteri di nessuno di noi, anche se si facesse vermente sistema (i sistemi che hanno potuto decidere le linee di evoluzione di popoli appartengono ad una precisa categoria, e in buona parte appartengono al passato fortunatamente)
Certamente ogni singolo, e anche qualche gruppo di persone che condividono una sintonia di pensiero, puo' contribuire. Deve. Perche' la modernita' che avanza e' ancora anche un po' nostra. Nessuno si senta escluso.
Cio' che e' particolarmente critico sono i tempi rapidissimi di questi cambiamenti, cosa che impoverisce se non impedisce relazioni efficaci intergenerazionali, che manda in frantumi ogni modello organizzativo, che toglie sostanza a modelli comportamentali che hanno valore solo nella dimensione del presente
Ma se la velocita' di questa evoluzione non sembra piu' appartenerci (e meno lo sara' nel prossimo futuro), la risposta non puo' venire dalla riproposizione di linguaggi, modelli comportamentali, esercizi di analisi "lenti". Se la cultura digitale impone il valore della velocita', del tutto subito-domani non conta, dell'io come membro di un network/branco, l'alternativa che si potrebbe proporre puo' essere ispirata al sistema (a me piace questo), al nuovo umanesimo, o a qualunque altra cosa, ma deve essere sempre compatibile con i tempi disponibili, con le necessita' di oggi, con il linguaggio corrente.
In sostanza non e' il "senso" che mi preoccupa, ma il "come". Temo che a togliere il senso dai modelli che abbiamo conosciuto ieri, non sia stato tanto un mutamento culturale, ma di "mezzi". I nuovi mezzi si sono imposti (questo e' un punto) e hanno reso possibile esplorazioni prima impossibile (questo e' addirittura un vantaggio), ma hanno reso impossibile i modelli comportamentali di prima.
Se posso quindi lanciare uno spunto, proverei a ragionare non in termini di propaganda per un' "altra" cultura, ma di suggerimenti per utilizzare i mezzi attuali nell'ambito di una cultura non del tutto perduta. [Edit 16/3/07 12:30] Una sorta di vademecum, un manuale d'uso della modernita', per insegnare come tra i tanti modi possibili che sono disponibili per "giocare" con quello che la modernita' ci mette a disposizione, ce ne sono alcuni che hanno valore culturale, utili alla crescita e alla soddisfazione personale e sociale.
Questo chiederei alla Scuola: col nuovo abecedario i giovani potrebbero innanzitutto imparare un modo diverso, e piu' utile, di utilizzare gli strumenti per comunicare e socializzare, rendendo possibile l'espressione di sentimenti e pensieri giovani e fertili, singolari e plurali, con quegli stessi mezzi che oggi sono usati solo per giocare e perder tempo.
C'e' una differenza rispetto a ieri, che rende questo molto difficile: ieri la Scuola utilizzava Programmi e Metodi collaudati e ben tarati allo scopo. Oggi i docenti devono "inventare" tutto questo, ma purtroppo sono spesso tra gli ultimi ad essere aggiornati. [Edit 16/3/07 12:30] Inoltre dovrebbero inventarlo rapidamente, perche' il tempo corre anche per loro, evidentemente, e la rapidita' renderebbe il compito difficile anche se i docenti fossero adeguatamente aggiornati sulle tecnologie del momento.
E allora spostandoci sul piano della formazione dei formatori, perche' non si mette innanzitutto i docenti nella condizione di conoscere, ed essere capaci di un continuo aggiornamento, sui mezzi che la modernita' mette a disposizione ? Non solo perche' possano poi semplicemente descriverli agli studenti. Ma proprio perche' solo con un buon utilizzo di quegli strumenti essi potranno adempiere al compito assegnato, nei tempi rapidi richiesti, non altrimenti.
Non e' possibile in questa societa' moderna, contribuire qualcosa di valore e in modo continuato, rimanendo ignari, se non ostili, ai mezzi che la stessa modernita' mette a disposizione per comunicare, disegnare modelli, sviluppare network, promuovere cultura e conoscenza.
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giovedì 13 marzo 2008
Italian Twitters Meeting e VenetoBarcamp 2008
Ed eccolo finalmente!
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Il Barcamp Veneto 2008 si svolgerà nella giornata del 19 Aprile (di sabato). Il venerdì verrà preceduto e lanciato da una manifestazione "tradizionale" organizzata dal Parco Scientifico e dalla Regione. Il Veneto Expo 2008.
La seconda giornata sarà un Barcamp generalista, informale e senza regole che, grazie alla prenotazione di molti Twitter addicted, cercherà di sviluppare un momento di incontro e socializzazione fra i tanti twitteri italiani.
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lunedì 10 marzo 2008
Dove va il marketing nel 2008 ? memema: mah!
Tempo fa GianLuca aveva lanciato il meme (memema) "dove va il marketing nel 2008?" che ha subito serpeggiato in tutta la comunita' markettara italiana.
Qui il risultato del passaparola mezzo serioso mezzo cacionaro:
Ed ecco il vincitore:
Naturalmente la definizione vincitrice la dice lunga sulla capacita' di vedere nel futuro (ragazzi, bastava solo nei prossimi 12 mesi!), e sull'arte del consulente (che risponde quello che e' stato chiesto 9 volte su 10). Ma a ben vedere la definizione di Mr. Tacus e' proprio brillante: quale messaggio migliore si puo' dare ad una categoria di consumatori che sgomenta guarda al proprio futuro e lo vede nero, o quasi quasi non lo vede proprio ? Quello che i markettari sono con loro, nella stessa barca! , naturalmente. Congratulazioni, Mr. Tacus.
Qui il risultato del passaparola mezzo serioso mezzo cacionaro:
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Ecco finalmente tutti i partecipanti al meme riuniti nella presentazione. |
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Mr Tacus, con il suo - What is marketing doing in 2008? "Io non lo so, ma nemmeno lui." - è indubbiamente il vincitore (e il dubbio sistematico che trascende dal suo twit è ben intonato con la linea editoriale di questo blog, devo dire) |
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sabato 8 marzo 2008
Book: Il grande libro della letteratura per manager
Titolo: Il grande libro della letteratura per manager. 50 opere lette in chiave d'impresa
Prezzo: € 19,00
Dati: 2008, 256 ppgg.
Curatore: Bogliari F.
Editore: Etas (collana Management)
Prezzo: € 19,00
Dati: 2008, 256 ppgg.
Curatore: Bogliari F.
Editore: Etas (collana Management)
clipped from www.internetbookshop.it È possibile raccontare e interpretare l'impresa attraverso la letteratura? È possibile leggere "I fiori del male", "Il codice da Vinci", "Cronaca di una morte annunciata", "I tre moschettieri", "Memorie di Adriano" per capire le problematiche di un'impresa e orientare al meglio il potenziale delle risorse umane? È la scommessa di questo volume che propone la lettura in chiave manageriale e aziendale di 50 opere letterarie appartenenti a vari generi dal romanzo alla poesia, dal racconto al diario - e a varie epoche e lingue. Capolavori e testi recenti scelti per le metafore che ne possono derivare in chiave manageriale, titoli dai quali ricavare spunti di riflessione su concetti chiave come leadership, cambiamento, etica, competenza, appartenenza, organizzazione, ruoli, mobbing, diversità, innovazione, vision, individuo, persona, potere. |
L'ostacolo piu' ampio non e' la mancanza di attenzione a questi aspetti, o di strumenti che concorrono a recuperarla, ma, purtroppo, la perdita stessa del "valore cultura", che si aggiunge alla perdita generale di tanti altri valori, di fronte all'unico imperante valore del denaro.
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