Trascrivo qui il commento alla nota su VeniceSession, che sostanzialmente porta l'attenzione sull'articolo "Is There Life After Facebook?", uscito sul blog del NY Times:
Certamente Facebook ha saputo conquistare una grossa (grossissima) fetta del mercato, evidentemente per meriti obiettivi, che consistono soprattutto nella semplicita' di accesso e nel proporsi come piattaforma aperta all'integrazione di servizi di terze parti (apps). Quest'ultimo aspetto, in cui Facebook e' stata uno dei pionieri e oggi sta diventando un approccio molto diffuso e driver di successo, ha permesso di catturare l'attenzione di una moltitudine di sviluppatori e contemporaneamente ha permesso di estendere i servizi e in particolare l'"esperienza d'uso" di Facebook, e quindi il numero di utenti.
D'altra parte la filosofia di Facebook non e' mai stata caratterizzata dall'apertura, e non sorprende che prioritariamente guardi a Microsoft come partner strategico, e a Google come concorrente numero uno. Ora che la posizione dominante acquisita apre a scenari in cui diventano piu' chiari i rischi, in modo particolare sulla privacy, e non solo i vantaggi, non sorprende la reazione di buona parte degli utenti, e il proliferare di articoli come questo in oggetto.
Purtroppo (come per la suite Office di Microsoft), e' ancora molto comodo approfittare di questo "standard de facto" e soprattutto della diffusione di Facebook (400 milioni di utenti nel mondo sono un vantaggio competitivo incolmabile, e quindi un fattore di lock in per gli attuali iscritti), soprattutto se si parla di social network, dove vale chiaramente la regola che "si va dove sono le persone". E d'altra parte il facebook-killer non potra' essere che una piattaforma veramente opensource (com'e' stato OpenOffice per MS Office), la cui caratteristica sara' nell'offrire una "reale apertura" a livello architetturale, pur mantenendo un modello funzionale e soprattutto esperienziale, molto simile a facebook, per consentire al maggior numero di utenti di non avere difficolta' a migrare abbandonando Facebook. E dunque qui sta il punto: OpenFacebook ancora non si vede all'orizzonte (anche se qualcuno l'idea l'ha avuta e ha incominciato a lavorarci: quelli di Diaspora e non solo).
Piu' in dettaglio, qui c'e' una lista di consigli per chi si appresta a progettare il facebook-killer:
1) non preoccuparsi solo degli aspetti architetturali, ma rendere chiaro all'utente in che modo la nuova soluzione sara' altrettanto semplice, e pero' piu' "aperta" nel controllo dei dati personali
2) cio' non di meno, la piattaforma pone questioni non banali, come per esempio l'utilizzo di un cloud di server e la questione del decadimento delle performance se il "grafo" dei contatti va ricostruito di volta in volta (ad esempio alla richiesta di un aggiornamento delle news) a partire dai server su cui e' distribuito
3) fare tesoro di studi e ricerche gia' svolte, principalmente in ambito accademico, come il lavoro di Danah Boyd (“Making Sense of Privacy and Publicity” e “Privacy and Publicity in the Context of Big Data”) e Helen Nissenbaum, che parla di “contextual integrity” (concetto ripreso e sviluppato da Michael Zimmer, Fred Stutzman e Kaliya Hamlin.
4) provare a rispondere ad un bisogno di essere connessi che nella realta' e' molto piu' sofisticato di quanto finora permesso dai social network di prima generazione (in cui o si e' amici, o no, e o si pubblica per il network, o si mandano messaggi in privato) e che spesso richiede di gestire "diverse identita'" senza pero' arrivare ad attivare differenti account
5) predisporre un sistema di controllo dell'accesso ai propri dati che sia si, efficace e corrispondente alle attese dal punto di vista della privacy, ma che al tempo stesso sia semplice da utilizzare, e non tarato sulla sensibilita' e capacita' di un amministratore senior di un ufficio tecnico aziendale
6) tentare di dare finalmente una risposta al problema dell'overload delle informazioni, consentendo quindi di filtrare opportunamente l'enorme quantita' di contenuti che vengono condivisi nei social network, e ponendo quindi a priorita' piu' bassa il piacere di sedersi in riva ad un fiume in piena di messaggi da tutto il network
7) invece che combattere Facebook frontalmente, cercare di approfittare delle possibilita', anche se scarse, di esportare dati da Facebook, tenendo conto che questa possibilita' e' vincolata al fatto che si possono accedere dati di amici, e solo se questi hanno scelto un particolare livello di privacy. Inoltre se e' vero che Facebook tende ad acquisire dall'esterno molti piu' dati di quanti non ne renda disponibili all'esterno, questo significa che si possono accedere direttamente le fonti che si usano per alimentare Facebook
8) per quanto siano svariati gli aspetti da affrontare nella progettazione di facebook-killer (vendita di servizi, pubblicita', privacy...), rimane fondamentale conquistare la fiducia degli utenti, che passa per una comunicazione trasparente e comprensibile. La semplicita' di utilizzo e' cruciale, ed e' uno dei principali fattori di successo di Facebook.
(E in ultimo, trovate un nome serio, possibilmente)
sabato 15 maggio 2010
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5 commenti :
@gino grazie del post. Tener conto di dove sta la gente (Facebook) e cosa ha imparato a fare (Facebook annessi e connessi) è importantissimo per l'app killer se mai ci sarà...
Siamo sicuri che la gente vorrà passarci (anche se funziona allo stesso modo, ci fa le stesse cose, può importare i dati, può ricostruire la rete sociale...ecc)???
Cioè OpenOffice ha avuto senso perchè si passava da un software a pagamento di licenza a uno gratuito.
Comunque le persone che utilizzano ancora copie craccate di Office sono ancora tante no?)
Qui si passa da una cosa gratuita e dall'apparenza propria (questa è la percezione degli utenti del proprio Facebook) a qualcosa di gratuito sempre.
Chi ne capisce sa che l'open source sarà certo meglio.
Chi non ne capisce...che motivi può avere a spostar armi e bagagli su diaspora o sulla nuova killer app?
Approfondiamo
Se tu sviluppi app per facebook, e ti si apre la possibilita' di farlo su una piattaforma alternativa dove non sei trattato come un servo, finisci per abbandonare facebook, comunque non lo consideri prioritario.
Se sei un utente senza pretese, e vedi che la ricchezza di app e quindi l'esperienza di utilizzo diventa rapidamente migliore sulla piattaforma alternativa, anche in questo caso finisci per abbandonare facebook, comunque non lo consideri piu' prioritario.
Se sei proprio un utente che va al traino, dopo un po' vedi che tutti si spostano e consideri l'altra piattaforma "piu' trendy".
Aggiungerei la questione del possesso dei dati.
L'idea che mi sono fatto negli ultimi 12 mesi è che probabilmente ci saranno due tipologie di utenti: una è quella mainstream, senza grosse pretese e senza sufficiente consapevolezza, che continuerà a stare su FB.
L'altra è, manco a dirlo, quella degli early adopters, sensibili a tutto quanto da te sottolineato, che potrebbero adottare una soluzione ibrida tra il p2p e i social network, cioè dei distributed social network.
@roberto ormai il social networking si misura in "milioni di utenti" (anzi proprio in quanti mesi si raggiunge il primo milione di utenti), e la fase degli early adopters contera' sempre meno: sarebbe meglio chiamarla "nicchia dei geek" ... :(
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