venerdì 27 novembre 2009

La liberta' tra desiderio e paura

In questi giorni si sta discutendo, soprattutto in rete e in parlamento, rimbalzando sulla stampa, la decisione se rinnovare o meno il Decreto Pisanu, e ho notato che il dibattito e' spesso confuso ed ingiustamente animoso, anche se poi culmina in azioni concrete.

Ci sono fondamentalmente due aspetti di principio che sembrano in attrito tra loro:
  • l'anonimato e' garanzia di maggiore liberta' di espressione per gli utenti, e contro discriminazioni nell'accesso alla rete dettate da logiche di mercato e rendite di posizione
  • l'anonimato consente di trasmettere impunemente comunicazioni che mettono a rischio la sicurezza o che favoriscono frodi
D'altra parte, dall'esperienza di tutti i giorni, sappiamo che e' possibile partecipare in rete, conservando l'anonimato rispetto agli altri utenti. Questo deriva dal fatto che chi puo' conoscere la reale identita' degli utenti, di fatto non la rende nota agli utenti stessi. Lo chiamerei "anonimato a livello utente".

Questo e' gia' un elemento importante a favore della libera espressione, e di un accesso non condizionato da logiche di mercato: e' fuori di dubbio che l'anonimato favorisce manifestazioni di opinioni piu' spontanee (non solo quelle su temi "sensibili", ma chiaramente e' una possibile difesa della propria privacy) e dunque incentiva la partecipazione, sia nel privato che nelle relazioni "di business". In sostanza, partiamo gia' da una situazione che consente "un certo" anonimato, con evidenti vantaggi. Anzi e' difficilmente contestabile, che il successo di internet negli ultimi due decenni sia stato legato anche a questa sua fondamentale caratteristica. Perfino certi comportamenti al limite dell'illecito, e compiuti quindi nell'anonimato, portano anche un benefico effetto nell'innovazione di certi mercati, come per esempio quella della musica.

Ma benefici ancora maggiori in termini di liberta' di espressione, giustificano che si vada oltre all'anonimato a livello utente. Basta pensare ai fatti di Teheran (e cito solo il caso piu' ecclatante, ma di denunce in rete fatte a rischio della propria sicurezza la rete ne e' piena, e vengono dai piu' svariati angoli del mondo). Laddove il regime non e' democratico, e non si puo' avere fiducia in chi "governa", l'anonimato minimo sufficiente per assicurare una reale liberta' di espressione deve essere, a seconda della gravita', il piu' possibile "intrinseco" al sistema.

Paradossalmente, in un paese a governo democratico e veramente liberale, l'anonimato in rete potrebbe essere una questione poco rilevante, ma sappiamo bene che proprio nei paesi dove le liberta' sono limitate in generale, l'anonimato in rete diventa questione di vitale importanza. E nelle vie di mezzo? rimane ancora una questione delicata.

D'altra parte, che sia possibile utilizzare lo stesso anonimato anche per scopi discutibili (informazione distorta, calunnie, minacce) e illeciti piu' gravi (terrorismo, pedofilia, frodi), e' anche fuori discussione. Di tutto questo abbiamo numerosi esempi. Chi frequenta la rete assiduamente sa benissimo che il primo tipo di situazioni sono facilmente riconoscibili, e si possono quindi contenere tenendole nelle giusta scarsa considerazione. Ma bisogna anche considerare che la rete e' popolata da persone meno esperte e piu' facilmente condizionabili. La pedofilia e le frodi sono ancora molto ricorrenti, anche se sono notizia di tutti i giorni i successi ottenuti dalle polizie di tutto il mondo. Sul terrorismo non trovo notizie di rilievo se non poche volte in un anno, ma e' un dato di fatto che in europa gli attentati si sono ridotti a zero o quasi.

E' chiaro che per gravi ragioni di sicurezza, sia necessario non mantenere l'anonimato a livello di sistema.

E veniamo alla net neutrality. Con questo termine si fa riferimento ad un "modello di internet", in base al quale tutti i pacchetti di dati vengono trasferiti senza entrare nel merito dei contenuti, e dunque assicurando pari condizioni di esercizio per qualunque utente. Lo scopo della net neutrality e' quello di garantire la massima liberta' di espressione degli utenti e l'indipendenza di internet dalla concorrenza tra centri di potere politico ed economico. La net neutrality, anche se non e' definita in modo perfettamente condiviso, e' riconosciuta come l'attuale modello di internet, e infatti sono numerosi i movimenti di opinione e le azioni volte a difendere tale modello, e quindi a mantenerlo. La rete, per come la conosciamo noi, in occidente, e' neutrale.

Detto questo, e' evidente che anonimato e net neutrality sono due questioni fortemente intrecciate tra loro. E se non lo fossero, io penso che dovrebbero esserlo in futuro, anche senza arrivare a farne una questione ideologica. Quindi la net neutrality prescrive, o dovrebbe assicurare che sia preservata l'opzione di rimanere anonimi almeno "a livello utente" (in questo senso si parla di diritto all'anonimato).

Da tutto questo seguono alcune facili conclusioni (sulle quali invito comunque a tenere sempre accesa una discussione costruttiva ed istruttiva):
1) per ragioni di sicurezza e' sufficiente che non sia consentito l'anonimato a livello di sistema (ma il discorso andrebbe fatto tenendo conto del regime del paese in questione)
2) per ragioni di liberta' di espressione, e di indipendenza dalle posizioni dominanti nel mercato, e' sufficiente garantire l'anonimato per tutti gli utenti (compreso nei confronti di grandi gruppi di potere economico e politico)
3) e riassumendo, finche' non ci sono particolari problemi di sicurezza (nazionale e non), un certo livello di rischio deve essere sopportato considerando il beneficio che ne deriva sul piano della libera circolazione delle idee e della spinta all'innovazione allo sviluppo sociale ed economico.

Nonostante che l'anonimato in rete sia dunque una questione "fondamentale", e che si possa arrivare facilmente a chiare e semplici linee guida, credo condivisibilissime e condivise di fatto in maggioranza, spesso si leggono in rete considerazioni piuttosto confuse. Ecco alcuni punti dove e' piu' evidente la confusione:

1) La rete e' intrinsecamente "anonima".
Tecnicamente parlando, e' sempre possibile (?) rintracciare il terminale da dove e' partito un certo pacchetto di dati, ma nella pratica, questo dipende da una serie di fattori tecnici. Soprattutto non e' ancora sufficiente per l'identificazione della persona che operava su quel terminale: perche' sia ricostruita anche l'identita' della persona occorre che siano intrecciate le informazioni sul traffico con le informazioni sull'utente. Dunque e' falso dire che "la rete non e' anonima", mentre e' piu' esatto dire che la rete piu' i dati relativi agli accessi da parte degli utenti, permettono di escludere l'anonimato quasi sempre. Alla luce di quanto detto prima, questo aspetto non e' trascurabile. Il problema si sposta quindi dagli aspetti infrastrutturali alla gestione dei dati che permettono l'effettiva identificazione della persona che accede ad internet.

2) L'anonimato e' un problema da eliminare. La rete ha il problema che non e' controllabile.
Che questi siano solo dei problemi, e non anche dei vantaggi, lo abbiamo detto all'inizio. L'anonimato a livello utente e' piu' che legittimo, e' vantaggioso, ed e' anche lo status quo, e probabilmente una delle ragioni del successo di internet da 20 anni a questa parte. Difficile pensare che internet sia nata con una caratteristica fondamentale di questa rilevanza, solo per un errore o una leggerezza dei progettisti. Difficile pensare che oggi l'equilibrio tra cio' che si puo' fare di bene e cio' che si puo' fare di male, si sia improvvisamente spostato dalla parte piu' sfavorevole, rendendo necessarie misure di sicurezza che prima non erano richieste. Difficile pensare che il crimine organizzato sia stato finora fortunatamente "sbadato" rispetto ad internet, i terroristi grossolanamente "incompetenti", o che gli utenti che sono arrivati in rete solo recentemente mediamente siano piu' "scorretti e disonesti" dei precedenti. L'anonimato, cosi' come oggi lo vediamo possibile, e' intenzionale, ed un "pezzo" prezioso della internet che conosciamo, quella che e' arrivata fino a noi di successo in successo.

3) L'anonimato in rete e' questione di sicurezza nazionale.
La rete e' globale, e direi per fortuna. In questo sta proprio uno dei suoi elementi di forza. Non si puo' quindi guardare alla rete come a qualcosa che si puo' regolamentare completamente con leggi nazionali. Vincoli all'utilizzo della rete imposti solo nel nostro paese - se partiamo dal principio che internet e' una risorsa preziosissima - non farebbero altro che aumentare il divario tra l'Italia e il resto del mondo, che anzi, al contrario occorre diminuire, in modo consistente e al piu' presto.

Dunque, siamo di fronte ad un sottile gioco di compromessi, tra il livello di liberta' a cui aspiriamo, e contemporaneamente il livello di sicurezza che ci vogliamo garantire. La questione e' sempre la stessa: la liberta' comporta perdita di controllo, e quindi di sicurezza. Per alcuni meno fortunati, si tratta ancora, a volte, di dare la vita per difendere la liberta', mentre per altri, di dare la liberta' per difendere la vita (comoda).

2 commenti :

GinoTocchetti ha detto...

Ho aggiunto questo commento a Stefano, qui (http://ff.im/cdBfr):

se internet non e' cambiata nella sostanza, cosa rende necessario un modello di governance diverso da quello dei primi 20 anni (considerando solo il web), che pure ha avuto un successo straordinario ? L'unica risposta che mi viene in mente, e che "in alcuni paesi" non vale la stessa considerazione per i diritti dei cittadini (e quindi anche dei cittadini di internet). Questo significa due cose: che nei paesi come il nostro, non abbiamo nessuna novita' a carattere nazionale che giustifichi un cambio del modello di governance (nemmeno nel senso di un raffinamento); e che si tratta di accordarsi con i "paesi diversamente democratici" o "per nulla democratici" - di cui molti sono arrivati dopo, in internet, e quindi costituiscono effettivamente una novita' rispetto alle origini. Pero' non bisogna confondere le due questioni: NON e' internet che necessita maggiore (e nuova) governance, semmai e' il villaggio globale che la necessita. Voglio dire che qui stiamo discutendo della applicazione della carta universale dei diritti umani (che esiste gia') a quei paesi dove questa non e' del tutto rispettata (che e' materia degli accordi internazionali di cui sopra). Se poi vogliamo "particolareggiare" la Carta nelle situazioni tipiche dell'utilizzo di internet, cioe' portando in evidenza come si applica agli "esseri umani" nel momento in cui sono anche cittadini di internet (come lo stesso Rodota' intende), va bene. Io pero' sarei per non proliferare le Carte e le Dichiarazioni, le norme e i codicilli. Se si vuole introdurre questa Bill of Rights per Internet, deve essere chiaro che e' SOLO una riscrittura dll'altra, che comunque rimane il riferimento principale. Insomma attenzione a non creare confusione e a non finire per ridiscutere ogni volta i fondamentali, o ad indebolirli semplicemente continuando a riformularli! attenzione a non avvallare l'idea (comoda per alcuni) che finora internet sia stata espressione di un modello solo "fortunatamente" valido (e che culo!), ma disgraziatamente priva di un "migliore indirizzo" e un "necessario controllo".

GinoTocchetti ha detto...

internet e' quello che la Carta costitutiva che ci siamo dati (a livello ONU e di singoli paesi) ha permesso che fosse

se vogliamo una internet che funzioni meglio non e' regolamentando internet che ci possiamo riuscire, ma assicurandoci che quella Carta e le nostre costituzioni siano effettivamente rispettate a livello internazionale. Non e' una questione di regole di accesso a internet, ma di politica internazionale e di tutela dei diritti civili nel villaggio gobale