martedì 6 gennaio 2009

Facebook strumento principe del nuovo umanesimo o strumento semplicemente ?

Proprio su Facebook, su quel tanto chiacchierato e ormai anche un po' vituperato Facebook, si e' sviluppato un interessante dibattito sul ruolo che puo' avere proprio Facebook nello sviluppo delle conoscenze e coscienze degli utenti, e in generale delle persone.

"Promotore e conduttore" dell'iniziativa e' stato Marco Minghetti, che tra l'altro insegna Humanistic Management presso l’Università di Pavia, e scrive su Nòva24, Le Aziende InVisibili.

Il suo intervento consiste in tre puntate, e ha generato decine di interessantissimi interventi: Il rischio di Facebook, Per una via umanistica a Facebook e Facebook come Mondo Vitale. Tra questi anche il mio, in due commenti, che qui riporto.

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Cio' che contraddistingue FB da altri social network di nicchia, e' che in FB ci si iscrive in quanto persona, cioe' il denominatore comune richiesto ai partecipanti e' il minimo in assoluto. Qui c'e' la ragione del suo successo nei numeri. Un po' come per LinkedIN, a cui ci si iscrive in quanto professionisti. Ma attenzione, non tutti gli altri social network hanno condizioni di ingresso piu' restrittive, e comunque non e' lo strumento che lo impone. Non e' Ning che richiede prima l'esistenza di un gruppo (chiuso): anche FB era nato inizialmente come lo spazio virtuale per gli studenti del college. Questo e' un punto che riguarda il processo di sviluppo di community, a cui nemmeno FB si sottrae.

Il vero punto di forza di FB e' stato voler essere un servizio a disposizione di una tipologia di utente (giovane studente americano) che e' paradigmatico di tutti i navigatori di internet: pieno di interessi, grande dimestichezza con internet, fondamentalmente portato a divertirsi e socializzare. Tutto cio' ha portato FB alla dimensione cruciale, alla massa critica, dopo la quale ogni concorrente soccombe oppure nemmeno prende il via.

Quello spirito di "fratellanza", quel misto di solidarieta' collaborazione e stima reciproca, che caratterizza le prime fasi di sviluppo di certe community (per esempio la blogosfera qualche anno fa, FB un anno fa, ...) tende a svanire quando a quel contesto approda la moltitudine. Attenzione, non tanto (non sempre) perche' i nuovi acquisti siano un'invasione barbarica, essendo dotati di uno spirito diverso e forse meno fine, ma proprio perche' il collante sociale stava prima proprio nel sentimento di pionerismo, di esclusivismo, di protagonismo.

In un contesto allargato, cosi' allargato da risultare sfondato, il protagonismo non si raggiunge piu' nel semplice partecipare a qualcosa che di per se' ha gia' il carattere della specialita', e quindi la ricerca di protagonismo diventa piu' individuale, e soprattutto concorrenziale, cosi' come nei milioni di contesti tradizionali che conosciamo. In questo modo si diffonde il virus dell'egoismo, che pure sarebbe salutare in dosi piu' moderate, che porta con se' aggressivita', e la nuda e cruda rappresentazione di se', e non piu' di se' tra gli altri. E' qui che l'atmosfera umanistica, emozionale, esplorativa, viene spazzata da approcci scientifici, calcolatori, conquistatori.

Non sorprende che il paradigma della squadra di rugby, dell'equipaggio di una barca a vela, che la session di jazzisti, che i membri di una squadra di progetto, i dipendenti di una piccola azienda... sono tutti esempi in cui la dimensione puo' essere considerata "limitata". Nella nicchia, vuoi costituita per raggiungere un obiettivo (agire), vuoi per esplorare un nuovo territorio (conoscere), la dimensione e' sufficientemente piccola per perdere la propria individualita' e ma anche per riconoscersi come fattore cruciale dell'insieme, e vivere questo senza traumi.

Nello spazio angusto di un angolo del territorio, alcuni ego sentono di soffocare anche all'interno di piccoli gruppi, ed esplodono mandando in frantumi anche piccole squadre dal grande potenziale. Ma in rete la eco e' enorme, globale, la sensazione che ogni sussurro e ogni piccolo gesto, anche se impercettibile guardanto il singolo e tanto piu' guardando il gruppo, puo' essere in realta' colto da una platea di milioni di spettatori, e questo appaga ogni ego ipertrofico.

La massa critica di una community diventa allora la sua forza e anche l'inizio del suo declino, a meno che non sappia rinnovare anche nel seguito quel sentimento di eccezionalita' che i membri provano iscrivendosi nei primi tempi. A mio parere FB sta vacillando su questo filo di lana, in Italia: se non si animeranno iniziative nuove e soprattutto nuove modalita' esperienziali di fare network, il suo sbocco naturale sara' quello di essere superato dal nuovo medium del secolo, e quindi relegato ad una finalita' specifica e non piu' trendy. Cosi' com'e' stato per tutti i media che l'hanno preceduto, del resto.

[...]

L'utilizzo di ogni strumento per quello che meglio puo' dare e' esattamente uno dei punti sottostanti il mio intervento precedente. Oggi FB abbaglia perche' e' lo strumento del momento (al radiogiornale lo citano, in televisione ne parlano, sui giornali lo spettegolano...). E come tutti i "media" che sono "new", in questo momento sono anche il "messaggio" essi stessi, capaci di sostituirsi a noi stessi nell'essere messaggio. Un po' com'e' stato quando internet se lo sono prese le aziende prima, e le persone poi, ed essere su internet e' diventato un imperativo esistenziale prima per le aziende e poi per le persone. Domani? difficile dire, perche' a differenza di internet nel suo complesso, FB ha un proprietario, e ha mostrato in alcune scelte strategiche l'orentamento verso un modello di business non sicuramente sostenibile.

Ma nel futuro prossimo, possiamo certamente pensare di usare FB per quello che ci da meglio di qualunque altro strumento, e affidarci ad altri per il resto. Questa conversazione non avrebbe potuto infatti svilupparsi meglio su un blog o su un ning? non avremmo potuto tenere FB solo come "segnalatore" di questo interessante contenuto da raggiungere con un semplice link? Non avremmo perso nulla, e anzi ne avremmo guadagnato in fluidita' di conversazione e in maggiori possibilita' di networking.

Ma non e' solo questo. Io credo che il modello esperienzale sia il punto. FB infondo non ha permesso un grosso passo avanti nella qualita', ed e' significativo solo per i numeri. SL invece ha segnato una svolta, ma sta anche quello segnando un rallentamento nella sua curva di sviluppo. A mio parere il passo successivo non e' nella direzione di una maggiore virtualizzazione (3D, ...) ma di una nuova ricomposizione della vita reale e virtuale. E in questo senso, l'auspicato recupero di equilibrio tra umanesimo e tecnologia non puo' che guadagnare velocita'. "Internet e territorio" e' il tema che sto approfondendo innanzi tutto per passione: un ambiente nuovo, diverso dalla somma delle due parti, con propri metodi e tecniche. Io credo che l'esperienza in uno spazio che non fa salti tra il reale e il virtuale e' la vera innovazione del XXI secolo.

9 commenti :

gigicogo ha detto...

Ma se questo Minghetti scrive i suoi post du Facebook, vuol dire che incita alla migrazione dai blog al nuovo media killer?

Non è polemica, è per sapere come la pensi.
Ho visto i post e anche i tanti commenti.
Come vedi, se tutti vanno su FF e FB i blog non li commenta più nessuno.

IMHO i 6 gradi di separazione reggono nella blogosfera, più o meno grande e più o meno clusterizzata.
Su FB si perderà tutto in un calderone.......e i 6 gradi non bastano più!

Ciao

GinoTocchetti ha detto...

Quello di Minghetti e' stato un esperimento, lui lo stesso lo dice, ma effettivamente di successo, considerati il numero di commenti.

Io pero' non penso che FB diventera' mai uno strumento per la "conversazione" (a meno di enhancement importanti) e che vale il Principio della Separazione dei Compiti, percui il chiacchericcio (anche intelligente) sara' ancora soprattutto col microblogging, e l'approfondimeto coi blog.

FB, quando saremo oltre il momento di hype, rimarra' invece il luogo dei "cenni", degli "spunti".

Veniamo ai blog. Caro Gigi, per chi come me e te ha vissuto tutta la parabola ascendente dei blog e della blogosfera, puo' essere amaro constatare oggi, dopo che si sono aggiunte nuove alternative diversamente specializzate, che non ha piu' senso considerare il blog il centro della nostra presenza sul web. Ma e' cosi' e io non me ne cruccio piu' di tanto.
Ormai il lifestreaming e' un fenomeno consolidato, e i blog ne sono solo un pezzo.

Infine sui commenti. Se ne parlava molto qualche tempo fa, ai tempi del successo in italia di friendfeed. Allora io dissi, e qui lo ripeto, "i commenti non ci appartengono": e' quindi inutile pretendere che siano legati ad un luogo che risulti nostro, o di chiunque altro. I commenti appartengono alla rete, e sono e saranno sempre di piu' dispersi caoitici e ridondanti.

Tutt'al piu' possiamo sperare che arrivi presto qualche strumento "semantico", capace di ricostruire a posteriori, in base a criteri impostati on demand, il thread dei commeti (ne parlava anche Giorgio nel suo ultimo post). Ma dobbiamo dimenticare di usare i commenti come strumento di misura del nostro "ego" in rete.

GinoTocchetti ha detto...

Il post di Giorgio e' qui:
http://semioblog.blogspot.com/2008/12/ripeto-tecnologia-tracciante.html

Marco Minghetti aka Hamlet Queler ha detto...

Ringrazio Gino per l'ospitalità e l'interesse dimostrato verso il mio esperimento. Condivido poi in pieno le sue osservazioni relative al fatto che le nuove tecnologie evolvono in fretta: credo sia un bene cercare di capire questa evoluzione e valorizzarla, la nostalgia per il bel tempo andato in quanto tale non serve mai. Per quanto mi riguarda, sono interessato a verificare le possibilità di creare sinergie crossmediali: nel caso di specie ho lanciato il dibattito contemporaneamente sul blog di nova 100 e su facebook; ne parlerò da sl tramite il mio avatar domenica 11; sto organizzando una pubblicazione della versione beta del saggio su uno dei più importanti siti letterari italiani; il tutto confluirà nel più tradizionale dei libri stampati su carta.

GinoTocchetti ha detto...

Grazie a te Marco!

"Sperimentare" e' la chiave di tutto. Per conoscere, e anche, perche' no, per divertirsi. "Analizzare" va ancora bene, anche se la velocita' con cui tutto evolve (in rete) rende la cosa difficile, e soprattutto spesso fuori tempo. "Stabilire cosa e' giusto, o cosa dovrebbe essere giusto", ecco questo sarebbe poco utile, e forse sciocco.

Per questo ti seguiro' volentieri, in rete, o meglio in rete+territorio, e anzi avanzero' contributi e condividero' proposte, se per te va bene :)

gigicogo ha detto...

Yeaaaaaa,

ho capito perfettamente che tutto si evolve e si trasforma, mancherebbe altro.

Sto solo cercando di capire come ci relazioneremo in futuro.

IMHO, il lifestream distrugge i cluster. Gli hub non siamo più noi, ma la tecnologia. Postare su un social media e poi lasciar fare a lui la propagazione su tutti gli altri canali è qualcosa che ancora stento a capire come evolverà.

Alla fine, quella "conversazione" di chi sarà? Chi saranno gli attori?

Ripeto, IMHO, i 6 gradi non valgono più. Relazioni che apparentemente con i commenti del blog stavano nel primo grado si separazione, ora dove vanno a collocarsi?

ArMyZ ha detto...

Ciao a tutti.
A mio avviso è uno strumento particolare. Aldilà della "novità" e dell'attrazione che suscita rischia un appiattimento non utile al concetto (che ho io,ndr) del blog utile e di qualità.

E' uno strumento omnicomprensivo che non va sottovalutato.
Alcuni aspetti sono geniali altri vedono troppo marketing dietro l'angolo.
Concordo con Gigi circa i gradi di separazione nonchè sul fatto che la propagazione demandata ad un unico soggetto inserisce potenzialità ma anche criticità.
Facendo un'analogia, è un po' come passare da un concetto di albero ad uno di grafo.
Mi son capito da solo? :)

GinoTocchetti ha detto...

@Gigi,
un aprima risposta te l'ho data sul tuo blog, e qui la riprendo.

> i 6 gradi non valgono più.

Si, e' vero, quella teoria e' nata quando internet non c'era ancora, oggi ne bastano molti meno. Entrare in contatto e' ormai una commodity, perfino un minimo livello di battute (un embrione di relazione) sta per diventare una commodity (grazie a facebook).

Ma tu hai sparato una raffica di domande, e quindi provo a rispondere altrettanto velocemente:

> il lifestream distrugge i cluster.

Credo proprio di no. Il lifestream risponde ad una esigenza, il cluster ad un'altra, e non c'e' incompatibilita' tra le due, ne' in noi (che siamo lifestreamer e membri di cluster al tempo stesso), ne' a livello di tool.

> Gli hub non siamo più noi, ma la tecnologia.

Qui torniamo alla questione delle commodity. Se qualcuno faceva da hub con lo stesso livello di servizio di un elenco telefonico (centralinista), probabilmente verra' sostituito dalla tecnologia. Ma chi aveva riempito il proprio ruolo di hub, con contenuti e soprattutto con una capacita' di relazione piu' ricca, non ha nulla da temere.

> Postare su un social media e poi lasciar fare a lui la propagazione su tutti gli altri canali...

Quel tipo di diffusione di contenuti e' funzionale ad aumentare la visibilita' e la possibilita' di entrare in network con piu' persone. Ma ancora una volta, entrare in contatto e' ormai una commodity, e non credo sia piu' tanto necessario consumare energie in quel modo. Ma qui io non faccio testo, parlo in generale.

Molto piu' interessante e' la questione della propagazione "intelligente", cioe' da un cluster ad un altro non omologo, come in una sorta di "impollinazione", riportando quindi contenuti "dopo una selezione che esprime essa stessa un messaggio, e comunque rivela un aspetto dell'identita' di chi la fa". Man mano che i cluster emergono con sempre maggiore chiarezza, e con spazi virtuali propri, questa forma di diffusione e' sempre piu' preziosa per l'ecosistema di relazioni e conoscenza, cosiccome lo e' l'impollinazione nell'ecosistema territoriale (come e' ben espresso anche nel Bee Movie :)

Solo una cosa e' da tener presente: gli spazi interstiziali (i gradi di separazione) si stanno comprimendo, l'abbiamo gia' detto. Quindi non e' il contenuto ad essere propagato da un social media all'altro, ma sono le sfere associate da ogni singolo individuo che si definiscono meglio e si espandono (per effetto del lifestreaming), e finiscono quindi per sovrapporsi. L'operazione di propagazione, intesa come reblogging, tende a diventare inutile.

GinoTocchetti ha detto...

@armyz

devo ammettere che facebook non ha ancora espresso tutto il suo potenziale, e anche se sara' prima o poi soppiantato (io spero da uno strumento piu' aperto e non minacciato dalla necessita' di rispondere a logiche di business), certamente quello che verra' dovra' fare i conti con facebook

cio' che lo rende "cardine" nel processo di sviluppo delle reti sociali, e' la sua diffusione (quasi +1000% in italia non e' un dato trascurabile), unita alla quantita' di contenuti che raccoglie

Per ora i contenuti di maggiore qualita' sono solo "riportati" in FB, attraverso rss o share (sono pochissimi quelli che postano note come proprio strumento primario di generazione di contenuti di qualita'). Rimangono piu' appropriati in un blog o in un social network di nicchia.

Eppure non sono sicuro che anche questo costume potrebbe cambiare, magari con l'aiuto di qualche app, che renda piu' potente le funzionalita' che riguardano le note.

Dobbiamo prendere atto insomma, che le conversazioni (tutte, dal cazzeggio a quelle piu' seriose) vanno dove c'e' l'audience.

Certo, avrei preferito che prendesse piede prima opensocial, e in modo non piu' scalzabile. Avrei preferito che non ci fosse il fiato di Microsoft sul collo di FB, Avrei preferito che FB non fosse di Zuckerman (ma lo e'?)... Ma tant'e'. E' giusto capire FB, e il suo potenziale, per creare una valida alternativa a FB.