giovedì 14 febbraio 2008

Cultura, fattore critico per l'innovazione

La cultura come fattore critico per l'innovazione non e' motivo di sorpresa. Gia' Florida, nel suo celebre libro "L'ascesa della nuova classe creativa", del 2003, aveva evidenziato come sia fondamentale per il formarsi di tessuti sociali, prima ancora che economici e finanziari, che poi risulteranno fertili per l'innovazione. E gia' in quel libro si metteva ben in evidenza come le aree in cui e' maggiormente diffusa la cultura del talento, della tolleranza, e della tecnologia, li' piu' facilmente si concentrano le persone e le risorse che poi all'innovazione danno le gambe per correre.
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Mentre i suoi laboratori di Palo Alto, in California del nord, avevano prodotto delle invenzioni epocali come il mouse, i sistemi di interfaccia grafica, gli editordi testo, l'Ethernet, l'azienda madre localizzata nello Stato di New York fu incapace di capire e sfruttare il vantaggio competitivo potenziale rappresentato da queste conoscenze tecnologiche. Non solo la distanza geografica ma soprattutto quella culturale, cognitiva e istituzionale rendevano la realtà di ricerca californiana e quella industriale e burocratica di New York due mondi che non comunicavano. Come è noto imprese californiane, vicine ai laboratori Xerox, che parlavano la loro stessa lingua ed erano imbevute degli stessi valori, furono in grado di capire e sfruttare in tempi rapidi le invenzioni.
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Riccardo Viale, presidente della Fondazione Rosselli, in questo articolo del Sole24Ore, esprime la fiducia che un occulato intervento pubblico puo' facilitare quella "coltura" della "cultura", che poi generera' capacita' di innovazione, anche laddove non si sviluppa spontaneamente.
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Perché gli incentivi istituzionali e la conoscenza possano fluire velocemente fra i vari soggetti sono necessari reti sociali e di comunicazione dense e veloci. Quando queste non siano generate spontaneamente, come nel caso di Silicon Valley, emerge il ruolo ineludibile della governance pubblica del territorio. Soprattutto essa può individuare e promuovere le innovazioni istituzionali, i formati organizzativi e i valori culturali che possano favorire, al meglio, lo scambio e l'interazione finalizzata a stimolare l'innovazione. In questi ultimi anni in alcune regioni come il Piemonte, la Lombardia e l'Emilia Romagna sono stati fatti vari esperimenti di questo tipo che hanno avuto un relativo successo.
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Certamente l'idea di un programma di egovernance che riesca a fare da incubatore per una tale "creatura ecosistemica" e' seducente, e cosi' ottimistica che non puo' che riscuotere solidarieta'. Rimane il fatto che i presupposti culturali e sociali sono cosi' complessi, e pervasivi al territorio e alle persone, che un programma di promozione e sostegno allo sviluppo che abbia il respiro corto di qualche anno di durata, non puo' certo influenzare in modo significativo.

Se si riconosce che questa e' la strada giusta, e che su questa strada l'Italia ha smesso di correre molti anni fa, la soluzione non puo' essere nella prospettiva di un intervento pubblico, che sara' certamente lunga per l'inerzia e la burocrazia, ma inevitabilmente corta per la miopia della politica a qualunque livello. Le leve su cui intervenire non sono (solo) l'urbanistica e le infrastrutture, la creazione di qualche polo tecnologico e centro per l'innovazione, ma l'educazione nei vari stadi della vita professionale e personale, la diffusione di valori sociali di "sistema" e non di "giungla", lo sviluppo (e l'attrazione) di competenze con interventi strutturali sul mercato del lavoro, sulle politiche giovanili, sulla qualita' della vita, sull'incentivazione della ricerca e della libera iniziativa.

Se e' vero che alcune iniziative di egovernance locale possono essere comunque incisive, quello che manca in Italia e' un disegno di insieme inspirato dalla cultura e capace di promuovere e sviluppare cultura. Un disegno neoumanistico, che ripone l'uomo al centro, coi suoi bisogni e le sue capacita': gli uomini che ritrovano la fiducia nelle proprie possibilita', e che vedono favorite le manifestazioni delle loro capacita', sapranno poi da soli organizzarsi e tessere quella rete sociale capace di attrarre risorse, renderle produttive e generare innovazione. L'egovernance permetta agli uomini di diventare protagonisti della loro vita, e non si faccia protagonista della vita degli uomini.

martedì 5 febbraio 2008

Tripi celebra l'importanza dei KIBS

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Nel campo dell'innovazione, l'Italia non deve darsi una tabella di marcia, ma una tabella di corsa. Lo ha detto Alberto Tripi, presidente di Confindustria Servizi innovativi e tecnologici, alla presentazione del Rapporto sugli indicatori dei servizi innovativi e tecnologici tenutasi oggi a Milano, nell'ambito del convegno "L'Italia che fa correre l'Italia", dove il merito di far correre è da ascrivere appunto ai servizi innovativi e tecnologici. Per ogni punto percentuale di Pil prodotto, quello italiano contiene in media il 20% in meno di innovazione, di istruzione, di ricerca e sviluppo, di conoscenza, rispetto a quello dei principali paesi europei. Ma, come rileva il rapporto, dal confronto tra i risultati economici conseguiti nel periodo 2003-2007, dal settore dei servizi innovativi e tecnologici e le performance registrate dall'economia nazionale appare evidente come i primi abbiamo finora mantenuto un passo di corsa rispetto alla lenta marcia delle seconde.
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Nell'articolo di Pino Fondati sul Sole24Ore seguono anche numeri interessanti, che ribadiscono il ruolo cruciale dei servizi basati su conoscenze tecnologiche e innovazione nell'economia nazionale, italiana soprattutto.

Nella seconda parte, riguardante la ricetta per spingere questi kibs e insieme iniettare di energia l'economia nazionale tutta, tutto sembra condivisibile (ancorche' un po' superficiale) meno la fiducia riposta nella PA:
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Uno scenario che riveda il ruolo di driver della pubblica amministrazione come partner delle imprese, facilitatore del loro sviluppo, e che rifugga dall'essere un concorrente delle imprese protetto da mercati cosiddetti "captive". Tripi ricorda come oggi la PA si caratterizzi per 20 mila stazioni appaltanti che mobilitano oltre 100 mila commissari di gara, con i costi che si possono immaginare e la cattiva gestione delle gare stesse.
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La sensazione e' che qui si debba constatare con lucidita' quale ruolo stia effettivamente assumendo la PA nel locale, al di la' di teorici e appropriati modelli di governance. Nei confronti dell'innovazione (e non solo), infatti, l'impronta della PA si riconosce per il rallentamento, la complicazione inutile, lo spreco piu' ingiustificabile, il soffocamento della meritocrazia, a vantaggio di un "vetustissimo" clientelismo.

Arte-terapia per i malati oncologici

Io, per come siamo messi, sarei per una vaccinazione di massa...
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(ANSA) - MILANO, 4 FEB - Un appello perche' gli artisti partecipino all'arte-terapia rivolta ai malati, in particolare quelli oncologici. Lo ha rivolto oggi l'ex etoile della Scala Carla Fracci, in occasione della sua nomina a madrina del laboratorio artistico dell'Istituto Nazionale Tumori (Int) di Milano.Attivo dal 2003, usa
discipline artistiche come una vera e propria 'cura per l'anima' dei malati di cancro, come ha spiegato l'oncologa e ideatrice del progetto Carla Ripamonti.
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sabato 2 febbraio 2008

Free ? No thanks. I prefer to pay

Why you shoud prefer to pay when something is basically free ?
Kevin Kelly (The Technium) analysed the business models in digital publishing as digital means no-cost copy and internet means free-for-all. (Article found via Seth Godin's blog).

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When copies are free, you need to sell things which can not be copied.
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And he gives to you 8 reasons:
  • Immediacy -- Get it sooner than others
  • Personalization -- Get the right version for your need
  • Interpretation -- Get it including support for users
  • Authenticity -- Get it original
  • Accessibility -- Get it including upgrades
  • Embodiment -- Get it merchandized
  • Patronage -- Get it honoring the author
  • Findability -- Get it for the right context in the right time

Real permission marketing, interest marketing

Non tutte le "permission" sono valide, e quindi molto advertising basato su quelle non risulta affatto bene accetto, con quello che ne consegue.

Dunque Seth Godin (e chi piu' di tutti?) precisa:

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Real permission is different from presumed or legalistic permission. Just because you somehow get my email address doesn't mean you have permission. Just because I don't complain doesn't mean you have permission. Just because it's in the fine print of your privacy policy doesn't mean it's permission either.
Real permission works like this: if you stop showing up, people complain, they ask where you went.
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Insomma, piu' che un permission marketing, e' interest marketing, mi pare.

Lo stress fa male alla creativita'

Sento un improvviso bisogno di vacanza ...
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(ANSA) - ROMA, 1 FEB - Se volete che vi si accenda la 'lampadina' permettendovi di risolvere un problema ostico, meglio non concentrarsi troppo sul 'busillis'.
Lo rivela uno studio di Joydeep Bhattacharya dell'Universita' di Londra pubblicato sulla rivista PlosOne.Se nel cervello si registrano le onde cerebrali gamma, che indicano forte concentrazione, non si arriva alla soluzione giusta.Se compaiono le onde alfa, tipiche delle situazioni di rilassamento e minore concentrazione,la soluzione arriva.(FOTO ARCHIVIO).
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