Quando si parla di "Lean Thinking" gli equivoci si sprecano: proviamo a tagliarli, a beneficio di chi è alle prese con lo sviluppo del proprio business, la trasformazione della propria comunità di riferimento e della società civile in senso lato, o la gestione della propria azienda, piccola o grande che sia.
Il primo grande equivoco riguardo la "lean" è se si debba considerare un approccio strategico o tattico. La risposta che qui si argomenta, è che si tratta di un approccio che permette di espandere e consolidare le quote di mercato, quanto di ridurre i costi e aumentare la performance produttiva. Infatti permette di impostare una strategia di successo (in moltissimi contesti, non si pretende che sia vero per tutti), e di applicarla con azioni concrete nell'organizzazione, nei processi e nelle strutture operative aziendali.
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"produrre il prodotto giusto per il cliente, con meno risorse possibile"
C'erano già tutti gli elementi chiave che avrebbero fatto la fortuna di questo approccio nel corso di così tanti anni, fino ai giorni nostri. All'epoca fecero la fortuna della Toyota, che con il modello Corona, disegnato su misura sulle esigenze dell'americano medio, sbarcò negli USA con grande successo: 20000 unità vendute nel solo 1966. Motore potente, aria condizionata di serie, trasmissione automatica: aveva tutto quello che il cliente apprezzava - e non trovava nell'offerta dei produttori nazionali allo stesso prezzo - e niente di più.
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Detto questo, non può passare in secondo piano l'ampio e robusto corpo di pratiche e tecniche (tattica), che a partire dal lavoro di Taichi Ono, e poi nel corso degli anni, sono state messe a punto per applicare con successo l'approccio "lean" nell'operatività quotidiana. Dai kanban per regolare i flussi, ai poka yoke per ridurre gli errori; dal "one piece flow" al "pull flow"; dal just in time nella produzione agli hoshin kanri per dare supporto alle decisioni strategiche; dai kaizen event agli standup meeting; dal Sei Sigma per migliorare la qualità, al metodo delle 5S per razionalizzare gli spazi; e ancora molti altri. Proprio questa solidità architetturale sul piano metodologico, credo, continua ad alimentare ancora oggi lo stesso pesante equivoco che vuole la "lean" riferita soprattutto alla riduzione di costi e al recupero di efficienza.
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In sostanza ha permesso di rifocalizzare sul valore strategico della "lean": la priorità al cliente e al valore riconosciuto dal cliente; l'importanza dell'intero flusso, in questo caso l'intreccio delle relazioni tra le componenti del modello di business; l'approccio per piccoli miglioramenti ma frequenti del kaizen; il prezioso contributo delle risorse umane (ovvio nel caso delle startup) in termini di competenza e anche di umile verifica e analisi critica; l'indispensabile supporto delle metriche. Indubbiamente la "lean startup" deve ancora evolvere e maturare una architettura completa, proprio con l'introduzione di metodiche e tecniche operative (tattiche). Comunque viene già accreditato come "l'approccio che sta trasformando il modo con cui i nuovi prodotti sono sviluppati e lanciati sul mercato", dunque non solo nelle startup. Del resto non bisogna dimenticare le parole di Peter Drucker:
"Per avere successo occorre riporre maggiore attenzione sul fare la cosa giusta, che nel fare le cose nel modo giusto"
Purtroppo ci sono ancora altri equivoci intorno alla "lean", ma applicando il metodo kaizen del miglioramento continuo, li elimineremo progressivamente nei prossimi post.
[Pubblicato anche sul mio Linkedin Blog, il 10/8/15, e su Medium.com, il 10/8/15]
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