sabato 27 febbraio 2010

Google Video vs Vividown: vecchi diritti, nuovo diritto /1

Dico la mia sulla sentenza del Google Video sul bambino down picchiato dai compagni di classe, un fatto di rilevanza epocale nella storia di internet, perche' ho avuto la sensazione che si siano persi dei pezzi, e soprattutto sia stata proposta una discutibile scala di priorita'. La questione riguarda (l'ordine e' intenzionale da parte mia):

1) Apologia e istigazione al razzismo (nei confronti di un 'diverso'), e piu' in generale alla violenza e al bullismo
2) Violazione della privacy (di un minorenne, di cui sono divulgati dati sensibili)
3) Responsabilita' del gestore dello strumento di comunicazione, e Liberta' di espressione e di generazione di contenuti da parte degli utenti (UGC)
[edit 28/2/10 9:00: 4) Convenienza nella divulgazione dei fatti a scopo di informazione ed educativo: di questo ne parlero' in un'altra nota]

Il primo punto per gravita', secondo me, non ha trovato abbastanza attenzione. Poco importa che il bambino fosse down o autistico: avrebbe potuto anche essere perfettamente sano, comunque era da solo contro tre! Nel video si calpestano i piu' comuni e universalmente riconosciuti diritti dell'Uomo di essere trattato con rispetto, in quanto tale. Di questo disgustoso delitto si dovrebbe parlare innanzi tutto, e dei ragazzi che si sono macchiati di una tale infamia, perfino convinti di poterne andare fieri, tanto da documentare il gesto pubblicamente. Dei danni sul piano psicologico che quel bambino riportera' per tutta la vita (che tra l'altro si aggiungono ad una serie di altri patimenti, non tutti imputabili a madre natura). Se vogliamo essere considerati una civilta' avanzata, cosa che e' continuamente messa in discussione, non ci sono rendite di posizione, di questo dovremmo riempire pagine e pagine di carta e digitali.

Su questo punto, le leggi ci sono gia', e prima ancora le Carte in Difesa dei Diritti dell'Uomo e costituenti il nostro Stato, ed e' a queste leggi che avrei voluto sentir fare i primi riferimenti, e invocare la loro attuazione. Strana usanza quella di pensare spesso a leggi nuove, lasciando inapplicate quelle gia' in essere: fa pensare che ci sia piu' attenzione alla "norma" stessa (e ai meccanismi del controllo del potere) che non al suo obiettivo, ovvero la giustizia.

clipped from repubblica.it
L'aggressione risale a un periodo a cavallo tra i mesi di maggio e giugno, poco prima della conclusione dell'anno scolastico. Il video, della durata di tre minuti, è stato messo on line ad agosto dalla ragazza che aveva partecipato all'aggressione. Nel filmato si vedono una decina di compagni di classe che stanno a guardare, mentre uno dei ragazzi indagati sferra qualche pugno e qualche calcio al compagno disabile, un altro è intento a riprendere la scena con la telecamera, un terzo che disegna il simbolo "SS" sulla lavagna e fa il saluto fascista. E l'impressione è che l'aggressione fosse premeditata.
Gran parte della classe intanto, seduta tra i banchi, schiamazza, tra l'annoiato e il divertito. Nessuno dei presenti si alza per difendere la vittima o per fermare chi lo deride.
blog it

Il tema da discutere innanzitutto e' la violenza nei confronti del piu' debole, la violenza nelle scuole, il bullismo e l'educazione di certi ragazzi 'difficili'. Quale occasione preziosa e' stata persa per discutere di questo, considerando anche che il problema non e' di facile soluzione, e che l'esperienza concreta e diretta puo' essere giocata sul piano educativo molto piu' di tanti discorsi teoricamente moralistici. Spostare il focus su Google e gli UGC ha reso un ottimo alibi ai ragazzi colpevoli di quel crimine, e tutti quelli che in animo sentono che potrebbero emularli, i quali probabilmente non hanno capito nemmeno adesso la gravita' della loro azione, e anzi potrebbero addirittura inorgoglirsi per il clamore sollevato.

Il secondo punto riguarda la privacy, in un modo molto piu' semplice di quanto spesso tocca considerare: qui infatti non si tratta di decidere quale tutela debba essere garantita nel rapporto tra colui che pubblica, e il gestore della piattaforma di pubblicazione. Qui c'e' di mezzo un terzo attore, e la violazione della "sua" privacy. La pubblicazione dell'immagine e di informazioni sensibili su terzi, specie se di minori, e' riconosciuto da tutti (buon senso comune) e dalla legge come reato, e conseguentemente il responsabile diretto si puo' e si deve punire senza bisogno di tante interpretazioni. Non facciamo dunque confusione, richiamando il complicato tema della privacy di chi decide per se' stesso: qui e' un gioco un tipo di privacy su cui c'e' poco da discutere.

Fin qua non c'era nulla di nuovo sotto il sole: vecchi diritti, vecchie norme. E il cronico problema di farle rispettare.

[continua qui]

Nessun commento :