domenica 28 febbraio 2010
Ma quanto affascinante e' l'Uomo Nero?
Su un fronte ci sono i "gossippari", che sostengono ci sia un valore nel dare evidenza a questi contenuti, e in particolare nel fare "giornalismo dal basso" (pero' molto simile ad un certo tipo di giornalismo mainstream che in realta' e' trash). Questi sostengono che il contenuto vada proprio mostrato, meglio se integralmente, facendosi evidentemente da amplificatore, sia che si tratti di violenza, gossip o altre pruderie. Naturalmente sostengono che reiterare lo spiattellamento davanti ad un pubblico sempre piu' vasto ed indifferenziato, anche nei casi di contenuti veramente abusivi, permettera' una "maggiore consapevolezza" negli utenti, e una reazione piu' convinta.
Sull'altro fronte ci sono gli "oscurantisti", che sostengono invece la censura piu' drastica, che prevede di non citare affatto il contenuto abusivo, e di seppellirlo nell'indifferenza piu' assoluta. Sono convinti che il "word-of-mouth" sia una buzzword senza significato, e che la rete sia pura e immacolata proprio perche' abitata da persone nobili, rette e di gusti raffinati. Chi non e' cosi', non e'. Hanno un intento pedagogico, ma piu' da collegio svizzero che da campo scout: a loro preme l'educazione degli abitanti piu' immaturi e deboli della rete. Sempre che questi non trovino altre strade per accedere agli stessi contenuti, cosa su cui invece tendono ad impegnarsi tanto piu' quanto gli stessi sono proterviamente censurati.
C'e' una sfumatura che non deve essere persa: l'immagine di internet, che viene trasmessa sul mainstream, e' ancora oggi distorta proprio dal fatto che fanno piu' notizia certi gruppi su Facebook, certi video su YouTube ... che non i contenuti di valore, che pure sono presenti in numero 100 1000 volte maggiore. Insomma e' la solita questione: quanto e' piu' affascinante l'Uomo Nero ?
Alimentare la convinzione che internet sia luogo di cazzeggio, quando non tana sicura per pedofili, violenti facinorosi e truffatori, continua ancora oggi a rallentare la diffusione di un mezzo cosi' cruciale per lo sviluppo del singolo quanto della collettivita'. Per molti utenti potenziali, l'accesso ad internet risulta ancora difficoltoso e ansiogeno, quindi qualunque pretesto e' buono per decidere di non sottoporsi ad una tale prova.
Il famoso fotografo Toscani ha trovato un evidente migliore compromesso, trasformando la semplice riproduzione del contenuto "abusivo" (nel suo caso si tratta degli abusi di tutta una societa', ma questo non cambia la questione), in una espressione artistica, estraendone cioe' l'essenza, denundandola di ipocrisie e morboso compiacimento, e portandola ad un livello di comunicazione diretta e inequivocabile. In questo modo ha ottenuto di mantenere accoppiati sia la lucida riproduzione del contenuto originale, sia l'integrita' e la forza della denuncia.
Ecco, a tutti coloro che se la cavano con un rapido reblog di certo trash in rete, o che peggio ci ricamano sopra articoli dallo spessore millimetrico, suggerisco di tentare semmai un'operazione alla Toscani, avendo quindi sempre in mente cio' che veramente si vuole comunicare. Se poi qualcuno dovesse provare un vago senso di modestia, prima di abbandonarsi al trash o all'oscuramento, suggerisco di passare dal linguaggio delle immagini a quello delle parole, di preferire la citazione di uno stralcio alla riproduzione integrale, di dimenticare il link all'originale, e di concludere il proprio pezzo con una nota chiara circa la propria valutazione. E, perche' no, documentare con altrettanta scrupolosita' anche i contenuti di valore che pure sono presenti in internet, e possibilmente nel realistico rapporto di uno a dieci, minimo.
sabato 27 febbraio 2010
Google Video vs Vividown: vecchi diritti, nuovo diritto /2
Col terzo punto entriamo invece in una dimensione nuova, tipica dell'ecosistema allargato (internet che "aumenta" il nostro tradizionale mondo reale e virtuale). La questione che si pone qui e' (stata sempre) cruciale per internet, il suo potenziale, il suo sviluppo.
Le motivazioni della sentenza non sono ancora state pubblicate, ma un parere "pro veritate" si. La legge italiana, leggo con fatica, si concentra su una "posizione di garanzia", e sarebbe proprio questa "lacuna di garanzia" che viene imputata ai manager Google, dal momento che l' "omesso impedimento a causare" e' assimilato al "causare" stesso. Inoltre la sentenza ha tenuto conto che
- che il soggetto destinatario dell'obbligo di attivarsi avesse la cosiddetta signoria sul fatto, cioe' il potere di attivarsi per impedire l'evento lesivo;
- che si dimostri che l'azione doverosa avrebbe impedito l'evento con una probabilita' vicina alla certezza;
- che il soggetto destinatario dell'obbligo di attivarsi fosse in dolo (diretto o eventuale) rispetto all'evento lesivo.
E soprattutto e' stato anche fornito un decisivo parere tecnico che ha inchiodato i manager alle proprie responsabilita', sostenendo che
Tali regole di compliance devono essere tali da filtrare e impedire l'accesso alla rete dei (o, almeno, da disporre le discipline idonee a togliere immediatamente i) video offensivi.
La fattibilita' dell'azione di controllo mi pare, poi, confermata dalla consulenza tecnica del dott. Battiato la' dove attesta la sussistenza di strumenti tecnici in grado di automatizzare il processo di analisi, e di "inferire informazioni rispetto ad un certo numero di classi semantiche".
Dunque, secondo la legge italiana, i manager Google, essendo nella posizione di garanzia, hanno omesso il doveroso impedimento, che pure era tecnicamente possibile e di sicura efficacia. In neretto sono le due questioni critiche: la prima (la posizione di garanzia) non trova corrispondenza nel diritto americano, e la seconda e' una questione di fattibilita' tecnica che la legge italiana prenderebbe in considerazione, ma che risulta sormontabile secondo il tecnico della parte offesa (di cui mi piacerebbe sapere di piu').
Dunque, contrariamente a quanto sintetizzato, non mi sembra che la questione sia l'equilibrio tra privacy e liberta' di espressione; ne' tanto meno mi sembra che sia una questione esclusivamente di liberta' di espressione, da affrontare con liste di proscrizione e/o paradisi ai confini del mondo: a me sembra una questione di responsabilita' sui contenuti di quanto espresso liberamente.
Anzi dal momento che siamo tutti d'accordo che liberta' non vuol dire assenza di resposanbilita', direi che la vera questione qui e' la corresponsabilita' del gestore della piattaforma di pubblicazione, nei contenuti liberamente espressi. Cio' non toglie naturalmente che si ponga anche una delicata questione sulla privacy, in merito ad altri episodi, al quale rimando ad altre note. Dunque, la questione e' proprio sulla corresponsabilita' del fornitore nell'uso dello strumento, che per altro non puo' essere considerato un mere conduit: francamente l'esempio dei produttori di coltelli, o dei ferrovieri, non sembrano pertinenti (e anche un po' qualunquisti), mentre quello delle armi da fuoco, si.
Ma qui siamo anche di fronte ad una tipica questione ecosistemica. Se fossero coinvolti solo singoli individui (colui che pubblica contenuti abusivi, e colui che lo consente) probabilmente la questione non presenterebbe aspetti di novita'. Invece acquista rilevanza e complessita' proprio perche' l'insieme di tutti gli UGC e' un bene comune di valore riconosciuto elevatissimo da tutti, e un approccio quale quello assunto dalla giurisprudenza italiana causerebbe un ostacolo pesante, applicabile estesamente, probabilmente un duro colpo alla loro diffusione.
La fattibilita' tecnica di un chirurgico filtraggio "semantico" (tutta da dimostrare pero', checche' ne dica il consulente tecnico di parte, e anche Stefano Quintarelli) potrebbe costituire veramente la soluzione del problema, mettendo le aziende proprietarie delle piattaforme nella effettiva posizione (di garanzia) di poter valutare (automaticamente) se i contenuti liberamente pubblicati siano o meno abusivi. L'automatismo e' un aspetto fondamentale perche' il controllo risulti, dall'altra parte, rapido ed obiettivo, senza limitazione significativa per tutti i contenuti leciti. Ma se una tale tecnologia fosse matura ed efficientemente applicabile, perche' mai non verrebbe applicata? Quale vantaggio ne ricaverebbe Google nella pubblicazione di un video di atti bullistici, se disponesse della tecnologia per filtrarli?
In mancanza di un'adeguata tecnologia, o quanto meno della sua applicazione, finora si e' andati avanti dando priorita' al valore del bene comune, mettendo la libera pubblicazione degli UGC, e il modello di condivisione di internet, davanti a casi significativi per singoli individui, e quindi sottovalutati. La stessa Unione Europea ha ribadito l'orientamento a riconoscere e tutelare questa risorsa comune, oltre che Google stessa ovviamente.
Finora si e' quindi ritenuto sufficiente ripiegare sulla richiesta al soggetto che pubblica, di una esplicita assunzione di responsabilita', manifestata confermando la conoscenza e accettazione dei vincoli di legge, e di senso comune direi. Si e' in sostanza aggirato il problema, deresponsabilizzando il gestore della piattaforma di pubblicazione: sia per praticita', dal momento che sarebbe obiettivamente paralizzato da quella stessa responsabilita'; ma anche in nome di un diversa concezione della responsabilita' individuale stessa. E Un po' come quando alla dogana americana ti chiedono di barrare la casella "Terrorista? Si, No", contando forse su un intimo credo protestante. Cose che ci fanno sorridere, noi di loro, e loro di noi.
Mancando la soluzione tecnica, e considerate le differenze culturali locali, la questione delle priorita' assume tutta la sua urgenza e criticita'. L'attuale approccio e' infatti solo in parte condivisibile. Un modello di sviluppo sostenibile per un ecosistema, presuppone che il valore dell'insieme non possa calpestare il valore dei singoli, come nemmeno viceversa.
Credo che la sentenza Google Video possa avere la meritevole conseguenza che siano investite maggiori risorse nello sviluppo di tecnologie che permettano di preservare questo delicato equilibrio tra interessi collettivi e individuali. Lo voglio considerare quindi come un momento in cui la prospettiva umanistica si riprende la centralita' della scena, difendendo le priorita' dell'Uomo e del suo ecosistema (di conoscenza), dalle ragioni dell'innovazione tecnologica fine a se' stessa, e da quelle economiche di qualche grande (se non grandissima) corporation. E non mi pare di essere l'unico con una tale sensibilita'. Forse non e' un caso che tutto questo polverone parta proprio da questa Italia, che nonostante quello che sappiamo, sorprende sempre, e qualche volta perfino in positivo.
Google Video vs Vividown: vecchi diritti, nuovo diritto /1
1) Apologia e istigazione al razzismo (nei confronti di un 'diverso'), e piu' in generale alla violenza e al bullismo
2) Violazione della privacy (di un minorenne, di cui sono divulgati dati sensibili)
3) Responsabilita' del gestore dello strumento di comunicazione, e Liberta' di espressione e di generazione di contenuti da parte degli utenti (UGC)
[edit 28/2/10 9:00: 4) Convenienza nella divulgazione dei fatti a scopo di informazione ed educativo: di questo ne parlero' in un'altra nota]
Il primo punto per gravita', secondo me, non ha trovato abbastanza attenzione. Poco importa che il bambino fosse down o autistico: avrebbe potuto anche essere perfettamente sano, comunque era da solo contro tre! Nel video si calpestano i piu' comuni e universalmente riconosciuti diritti dell'Uomo di essere trattato con rispetto, in quanto tale. Di questo disgustoso delitto si dovrebbe parlare innanzi tutto, e dei ragazzi che si sono macchiati di una tale infamia, perfino convinti di poterne andare fieri, tanto da documentare il gesto pubblicamente. Dei danni sul piano psicologico che quel bambino riportera' per tutta la vita (che tra l'altro si aggiungono ad una serie di altri patimenti, non tutti imputabili a madre natura). Se vogliamo essere considerati una civilta' avanzata, cosa che e' continuamente messa in discussione, non ci sono rendite di posizione, di questo dovremmo riempire pagine e pagine di carta e digitali.
Su questo punto, le leggi ci sono gia', e prima ancora le Carte in Difesa dei Diritti dell'Uomo e costituenti il nostro Stato, ed e' a queste leggi che avrei voluto sentir fare i primi riferimenti, e invocare la loro attuazione. Strana usanza quella di pensare spesso a leggi nuove, lasciando inapplicate quelle gia' in essere: fa pensare che ci sia piu' attenzione alla "norma" stessa (e ai meccanismi del controllo del potere) che non al suo obiettivo, ovvero la giustizia.
L'aggressione risale a un periodo a cavallo tra i mesi di maggio e giugno, poco prima della conclusione dell'anno scolastico. Il video, della durata di tre minuti, è stato messo on line ad agosto dalla ragazza che aveva partecipato all'aggressione. Nel filmato si vedono una decina di compagni di classe che stanno a guardare, mentre uno dei ragazzi indagati sferra qualche pugno e qualche calcio al compagno disabile, un altro è intento a riprendere la scena con la telecamera, un terzo che disegna il simbolo "SS" sulla lavagna e fa il saluto fascista. E l'impressione è che l'aggressione fosse premeditata.
Gran parte della classe intanto, seduta tra i banchi, schiamazza, tra l'annoiato e il divertito. Nessuno dei presenti si alza per difendere la vittima o per fermare chi lo deride.
Il tema da discutere innanzitutto e' la violenza nei confronti del piu' debole, la violenza nelle scuole, il bullismo e l'educazione di certi ragazzi 'difficili'. Quale occasione preziosa e' stata persa per discutere di questo, considerando anche che il problema non e' di facile soluzione, e che l'esperienza concreta e diretta puo' essere giocata sul piano educativo molto piu' di tanti discorsi teoricamente moralistici. Spostare il focus su Google e gli UGC ha reso un ottimo alibi ai ragazzi colpevoli di quel crimine, e tutti quelli che in animo sentono che potrebbero emularli, i quali probabilmente non hanno capito nemmeno adesso la gravita' della loro azione, e anzi potrebbero addirittura inorgoglirsi per il clamore sollevato.
Il secondo punto riguarda la privacy, in un modo molto piu' semplice di quanto spesso tocca considerare: qui infatti non si tratta di decidere quale tutela debba essere garantita nel rapporto tra colui che pubblica, e il gestore della piattaforma di pubblicazione. Qui c'e' di mezzo un terzo attore, e la violazione della "sua" privacy. La pubblicazione dell'immagine e di informazioni sensibili su terzi, specie se di minori, e' riconosciuto da tutti (buon senso comune) e dalla legge come reato, e conseguentemente il responsabile diretto si puo' e si deve punire senza bisogno di tante interpretazioni. Non facciamo dunque confusione, richiamando il complicato tema della privacy di chi decide per se' stesso: qui e' un gioco un tipo di privacy su cui c'e' poco da discutere.
Fin qua non c'era nulla di nuovo sotto il sole: vecchi diritti, vecchie norme. E il cronico problema di farle rispettare.
[continua qui]
venerdì 12 febbraio 2010
L'italia non e' un paese per giovani
Leggevo Gianluca Dettori qui (da leggere tutto):
Un esempio emblematico di politica economica (ndr: nazionale), riguarda l’annuncio recente del Fondo Nazionale per l’innovazione, una sorta di super SGR finalizzata ad investire in imprese italiane ‘innovative’, laddove la semantica di questo termine è tutta da specificare. La misura esclude infatti per ora start-up tecnologiche e venture capital, in quanto parla di aziende target tra i 15 e i 150 milioni di euro di ricavi.
[...] Dopo aver riempito di retorica gli annunci di una apertura verso una moderna politica industriale si ricade nell’eterna chiusura verso il nuovo. Il private equity viene anteposto agli investimenti in nuove imprese che fanno realmente innovazione.
Ma anche qui il segnale è univoco e preciso: l’Italia non è un paese per giovani con voglia di intraprendere veramente.
Pur essendo condivisibilissime le parole di Gianluca, e tra l'altro sostenute da dati oggettivi, mi sono chiesto se la caratteristica della situazione italiana, non sia da imputare agli italiani stessi, piuttosto, e non al Sistema, che semmai sarebbe quello che gli italiani si sono scelti e cuciti addosso, decenni dopo decenni.
Ieri sera si discuteva con Sergio, se ci sono nella storia italiana recente (ma anche passata) grandi figure di uomini che si sono veramente fatti da soli, muovendo contro l'intero mondo ostile, compreso il sistema politico economico nostrano. Non qualche figura eroica, emergente isolata dal buio di svariati secoli, e che ci ammonisce severa, in posa bronzea, in qualche piazza cittadina: ma figure di uomini in carne ed ossa che hanno costruito imprese, amministrato citta', risolto gravi stituazioni quotidiane...
Non e' che il tratto che caratterizza gli italiani rispetto ad altri popoli, nel bene e nel male, e' quello di avere coraggio solo quando ci si sente in tanti, e che in nome di questa coalizione, per puro spirito opportunistico, sono pronti a sacrificare i propri ideali e la spinta all'emancipazione come individuo ? In questo senso l'Italia non sarebbe un paese per giovani, che invece hanno l'animo dei conquistatori di un mondo che ancora non fa loro spazio.
Se fosse cosi', la genesi e la floridita' di questo attuale Sistema nazionale, sarebbe presto spiegata... E se fosse cosi', da quale momento della nostra storia ci deriverebbe questo tratto ? E che storia ci aspetta allora, nel futuro ?
venerdì 5 febbraio 2010
Luminar 9: Internet e Umanesimo
Watch live streaming video from vegapark at livestream.com
Il convegno, giunto alla 9a edizione, è promosso quest’anno dall’Università IUAV di Venezia, dall’Università La Sapienza di Roma e dal VEGA, in collaborazione con l’associazione engramma e il S.a.L.E.-Docks di Venezia.
Tema di Luminar 9 ‘CUM (CommunicatioUnioMultiplicatio). Internauti, pirati e copyleft nell’era .torrent’ sarà la circolazione delle idee e la condivisione del sapere su internet e la liceità dello scambio di materiali soggetti al copyright.
I lavori del convegno saranno articolati in tre sessioni: Rete e democrazia; Legale/Illegale dal copyright al copyleft; Editoria digitale versus editoria cartacea?
Alcuni passaggi dalla sessione del 4 mattina, Rete e democrazia: