Nelle scorse settimane, complice il periodo dei bilanci, e' rispuntata da piu' parte la questione del valore delle relazioni sociali ai tempi di internet (anzi qualcuno intendeva proprio ai tempi di facebook). Mi riferisco a Maria Laura Rodota' e Roberto Cotroneo che hanno lanciato strali contro il degrado e lo svuotamento delle relazioni "imposto" da internet/facebook. Mi riferisco anche alle risposte rapide e passionali, e a quelle piu' ponderate che si sono immediatamente sollevate in rete. E mi riferisco anche ad altri episodi vissuti sia in internet che dal vivo (nel territorio).
Si potrebbe discutere dell'equivoco banale che sta tutto nell'utilizzo del termine "friend", e ricordare che le piattaforme di social network sono americane, e quindi riflettono indubbiamente modelli culturali e scale prossemiche tipicamente americane. Senza fare di ogni erba un fascio, quel popolo sembra "ingenuo" e "superficiale nelle relazioni umane" a molti, cosa che inevitabilmente viene espressa nel linguaggio, cosi' che sia "friend" che "love" vengono usati nelle conversazioni quotidiane con grande leggerezza (e imbarazzo da parte di chi deve tradurre, qui in europa).
Eppure gli stessi americani si sono posti il problema di come cambiano le relazioni quando c'e' di mezzo internet - ed e' facile che l'idea della Rodota', di dare una lettura italiana, sia sostanzialmente dettata da questa imbeccata, piuttosto che da una reale esperienza sul campo - ma hanno semplicemente e pragmaticamente coniato un nuovo termine (friending, che potrebbe suonare come amicheggiare, amichetteria...), senza tanto svagarsi in vaticinii apocalittici. Del resto, proprio a novembre era stato pubblicato uno studio americano (della Pew Research) che dimostrava come i piu' assidui nella frequentazione dei social network sono anche piu' aperti nelle relazioni di vicinato "dal vivo" (e direi che e' anche logico).
Si potrebbe allora andare a leggere i wall di Maria Laura e Roberto, e le loro rispettive fan page, e alcune spiegazioni salterebbero all'occhio anche ai piu' profani, e sarebbe facile indicare un modo piu' vero, e quindi efficace, di intrattenersi col proprio pubblico. Ma sarebbe nascondere lo sguardo dietro il dito.
La "pornografia delle relazioni", come qualcuno ha subito sentenziato, amplificando come solo un malato passaparola distorcente puo' riuscire, e' veramente il dono traditore di questo nuovo Leviatano moderno? Qualcuno sta dicendo che, per contro, nel mondo reale la capacita' di relazionarsi si e' mantenuta integra e gravida di meravigliose ed appaganti amicizie, come di luminosi momenti di vita quotidiana? O forse avete notato anche voi il segno dell'evoluzione dell'atteggiamento sempre piu' diffuso in coda in tangenziale o all'uscita della metro, alla ricerca di un parcheggio o davanti allo sportello delle poste, o nella competizione nel contesto lavorativo? E che dire delle relazioni umane a vario titolo che vengono rappresentate (specchio e manuale illustrato) in televisione, e sui giornali? O siamo di fronte all'ennesimo tentativo dei piu' reazionari conservatori, impauriti di fronte al nuovo che avanza, ma soprattutto, causa il ritardo quasi incolmabile, obiettivamente preoccupati di risultare ridicoli nel "nuovo mondo", e anche troppo facili vittime, perfino piu' dei turisti giapponesi in Piazza San Marco.
La verita' che l'argomento si potrebbe trasformare in un romanzesco saggio sullo zen e l'arte della manutenzione dei rapporti 2.0. I social media sono come mandala nella cui paziente e concentrata cura possiamo ritrovare noi stessi, e l'armonia con l'universo. Inclusa l'impersistenza della (maggioranza delle) relazioni umane. Lo sviluppo di una relazione sul web2.0 non puo' essere sostituita dalla pubblicazione di qualche battuta ironica, o dall'iscrizione goliardica a qualche gruppo dal titolo dissacratore: poco importa che a molti questo possa bastare, come d'altra parte basterebbe anche senza internet.
Chi ha consapevolezza che i rapporti interpersonali sono potenzialmente il ponte verso una vita serena, se non felice, e piu' piena, se non realizzata, sa che ci vuole tempo, impegno, sensibilita' e intelligenza. Sa dare, generosamente, e aspettare, pazientemente. In internet come nel territorio. Quello che cambia e' che in internet sono richieste in piu' la padronanza di alcune tecniche, ma attenzione, queste sono sempre meno tecnologiche e sempre piu' psicologiche. E certo, sono richieste alcune competenze in meno, quelle legate alla fisicita', ma di nuovo attenzione, semplicmente perche' non e' questo l'ambito. Nessuno ha mai detto che l'esperienza nel virtuale debba sostituire quella nel reale (di legami deboli parlavano gia' fin dall'inizio i "veri" guru). Inutile guardare alla soluzione tecnologica, come alla panacea che rimediera' alle nostre incapacita' e incomprensioni profonde.
Abbiamo di fronte la possibilita' di vivere meglio il reale grazie al supporto del virtuale. perche' abitiamo un ecosistema che non fa salti tra reale e virtuale: ecco, tutto qua. Non siamo diversi in internet, ne' facciamo cose diverse: viviamo come sempre, viviamo di piu'. Ma non e' cosi' semplice da spiegare: sarebbe come spiegare il vivere. Per questo citavo prima il testo sacro di Pirsig, e vado ripetendo a chi me li chiede, no non ci sono buoni manuali, ne' un amico abbastanza esperto che, nel tempo sufficiente per un paio di birre, ti spiega le tre regolette fondamentali. "Si impara solo facendo", cioe' partecipando, vivendo appunto.
mercoledì 6 gennaio 2010
Lo zen e l'arte delle relazioni 2.0
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