sabato 31 gennaio 2009

Breve epopea del web2.0: dal weblog alla egosfera.

Nel web partecipativo (web2.0) che dal 2001/2002 si e' diffuso anche in italia, se vogliamo guardare sotto il lenzuolo, possiamo riconoscere due distinti filoni: il fenomeno dei blog e tutto quello che gli ruota intorno, e il fenomeno dei social network.

Il blogger era soprattutto il pioniere che avanza solitario, sul suo baio oltre la frontiera, pronto a qualunque avventuroso incontro, sapendo di poter contare solo su se' stesso; il membro di un social network, invece, era l'uomo del saloon, uso a bere whisky in compagnia, giocare a carte, commentando le belle signore del piano di sopra.

Chi nel 2001/2002 apriva un blog, doveva scegliere con attenzione il proprio cavallo, che doveva essere resistente e versatile, ma al tempo stesso all'altezza delle proprie capacita'. Il blogger doveva avere familiarita' con la tecnologia: meno dell'esperto, certo, ma piu' dell'uomo qualunque. Poteva scegliere Blogger (quando era ancora della Pyra Labs e costava qualche decina di euro), o MovableType (che poi sarebbe diventato TypePad) o il tardivo ma promettente (e soprattutto opensource) WordPress, oppure altro selezionato tra decine di strumenti, alcuni famosi e altri realizzati in garage da qualche ragazzino intraprendente. Il manuale Php di quel periodo riportava in appendice il sorgente di uno strumento di blogging da realizzarsi in casa. Alcune piattaforme di blogging offrivano anche la possibilita' di aggregare i blogger in una community (quindi un esempio di incrocio con i social network), e tra queste l'unica italiana di successo era Splinder.

Una volta montato in sella, era tutto da fare: era come uscire dalla propria baracca e avere una landa sterminata e apparentemente inabitata davanti, una prateria e poi montagne e canyon e poi nuove praterie, che ad attraversarle ci sarebbero voluti giorni e giorni di cavallo. Tecnicamente bisognava pensare a tutto: all'hosting, alla manutenzione, al layout, al blogroll, alla sottoscrizione a blogdirectory, al monitoraggio degli accessi, all'rss e il trackback e ai commenti, ... Poi, soli con se' stessi, si poteva finalmente fare del proprio blog e della propria vita nella blogosfera, cio' che piu' piaceva, inebriati da una liberta' assoluta. Si poteva cantare a squarciagola, chiudersi in un introverso sussurrio, bestemmiare in tutte lingue, recitare poesie e testi di filosofi, dissertare di politica e di massimi sistemi... Gia' ma con chi?

L'esplorazione era il premio e la condanna, dato che le possibilita' di incontrare qualcuno andavano cercate con fatica e attenzione. Occorreva cavalcare a lungo, scrutare bene le tracce nel web, seguire le indicazioni di questo o quel viandante. Spesso gli incontri non erano fortunati, ma talvolta ci si poteva sentire come in una terra promessa: altri avventurieri solitari, qualche banda che si aggregava intorno a questo o quel bandito, piccole citta' che erano formate appena da una decina di blog, o qualcosa di piu', allineati in un blogroll, come le case in legno lungo la strada maestra.

Queste aggregazioni andarono crescendo nel tempo, anche per iniziativa di alcuni blogger con spirito imprenditoriale: nacquero cosi' piu' solidi circuiti di blogger accomunati da una specifica passione (politica, tecnologia, ...) finche' questi non si strutturarono in iniziative di nanopublishing (2004/5).

Negli ultimi anni sono nate le piattaforme di microblogging, che hanno permesso al blogger di liberarsi dal cavallo e dalle sue pesanti imbardature, e di proseguire a piedi, in un territorio molto piu' ristretto, mai troppo distante dal piu' vicino riferimento urbano, cantando ormai non il fascino dell'avventura ma la banalita' del quotidiano. Il microblogging e' il costume da indiano indossato a carnevale dai figli dei primi esploratori. E' il ritornello accennato in famiglia dal pistolero che in gioventu' dormiva sotto la luna e col focolare acceso.

Nel frattempo non sono mancate le piattaforme di socialnetworking (Ecademy, Ryse...), ma in quelle gli italiani erano pochissimi. Il primo meeting di Ecademy Italia e' stato a Milano a fine 2003 e i promotori erano tutti italiani che vivevano all'estero. Lo spirito del social networker e' profondamente diverso da quello del blogger: per lui la relazione e' il punto numero uno. LinkedIN, la piattaforma di maggior successo tra i professionisti di tutto il mondo, non ha inteso dare alcun supporto alla pubblicazione di contenuti fino ad un paio di anni fa.

Per il social networker la tecnologia e' secondaria, inclusa nel servizio, e l'unica preoccupazione e' conoscere gli altri networker e sviluppare catene di contatti. In alcuni social network l'approccio e' quello del dating (cuccare): piu' ne conosco piu' ho probabilita' di concludere. In questi sono spesso disponibili funzionalita' che facilitano il riconoscimento di fortunate compatibilita', o in generale i tentativi di acchiappo.

Ma soprattutto nei business network le referenziazioni sono la regola d'oro: ci si linka solo con conetworker fidati (trusted), tanto poi ci pensa la legge dei sei gradi separazione a garantire di poter entrare in contatto con chiunque attraverso pochi passaggi. Ma nel web, si sa, non c'e' legge che tenga, e anche nei business network, alcuni avventurieri si sono dati all'accaparramento di contatti, nonostante la netiquette (LinkedIN non a caso oltre 500 non conta piu' i contatti), col risultato che ormai si puo' entrare immediatamente in contatto con chiunque, ma il contatto non e' piu' qualificato, ed e' quindi quasi spam.

Quindi il social networker e' un internauta piu' da saloon, o da salotto ormai, da club, rispetto al blogger, che anche quando ripulito e raffinato, conserva dentro lo spirito del cowboy. L'arrivo di FriendFeed (fine 2007, 2008 in Italia) e poi di Facebook (2004, 2007/8 in Italia), e la guerra di religione che hanno innescato, va letta dunque in questa prospettiva.

FriendFeed e' una piattaforma che facilita l'aggregazione dei contenuti prodotti da ciascun internauta, e sparsi nella rete: i post nel blog, le foto su flickr, i video su youtube, gli sms su twitter, i bookmark su delicious, ... FF, in sostanza, facilita la ricomposizione del lifestream, e permette al cowboy il sogno proibito di conservare tutta la sua selvaggia liberta' di cavalcare la mattina in cima alla grande mesa in sella al suo mustang, ristorarsi in riva al torrente nel canyon nel momento della massima calura, e la sera dormire sotto le stelle, e di essere nello stesso momento seduto al saloon a raccontare le sue stesse avventure ai compagni di bevute, ubriacarsi al caldo e tra le braccia della chanteuese piu' bella. E' chiaro che FF piace piu' ai blogger, i quali si aspettano che si segua quella strada, con nuove opportunita' promesse da OpenSocial, ma non dice nulla ai socialnetworker.

Facebook, invece, sta per segnare una svolta storica in questo percorso parallelo: non e' semplicemente l'occasione per socialnetworker e blogger (questi ultimi piu' riluttanti) di ritrovarsi sotto lo stesso tendone della fratellanza, a fumare il calumet della pace, e dove con fatica si cerca di rispondere alle esigenze e alle aspirazioni di entrambi. FB non e' solo una piattaforma che combina funzioni di blogging, social networking e aggregazione. E' piuttosto un modo piu' avanzato di intendere il web2.0. Un po' piu' semantico.

Quali siano le caratteristiche che garantiscono a Facebook questa opportunita', alcune intrinseche e altre contingenti (qui in Italia nel 2008/9), poco importa: FB e' il luogo dove ci sono tutti (blogger, networker, e anche mia nonna in cariola), e soprattutto FB e' il luogo dove il livello di liberta' e' ancora molto alto (nonostante alcune pesantissime limitazioni) per essere al tempo stesso un luogo unico, dove una volta dentro, tutto e' a portata di pochi click. FB rappresenta in sostanza un web nel web, che qualcosa perde rispetto all'originale e molto ne guadagna in organizzazione. In FB non solo ogni sito, e non solo ogni post e ogni picture ha un proprio url, e quindi e' un entita' di riferimento per tutta la rete, ma anche ogni persona, evento, gruppo, causa, marca, vip, idea... Tutto insomma diventa condivisibile, segnalabile, sottoscrivibile, commentabile: tutto diventa un nodo della stessa rete.

Certo, per il blogger le restrizioni che FB pone in termini di controllo centralizzato sono dure da mandar giu' (chiusura d'arbitrio di alcuni account, imposizioni di regole discutibili nell'accettazione delle iscrizioni, gestione della privacy, necessita' di sottostare alle direttive di un business plan, ...). Ma anche il blogger piu' anarchico e selvaggio non riesce a rimanere insensibile alla sensazione che anche FB e' oggi una prateria in gran parte da esplorare, un territorio dalle mille sorprese, in cui la difficolta' di incontrare un'anima viva non solo e' scomparsa (amche se talvolta vien da rimpiangerla), ma si e' trasformata in una opportunita' ancora piu' grande: esplorare non una rete solo di link e contenuti (blogosfera) che fanno riferimento a persone, ma una rete di qualunque cosa puo' far riferimento a persone (egosfera).

La strada davanti a FB e' ancora piena di miglioramenti tecnici (l'interfaccia soprattutto nella parte che riguarda la pubblicazione dei contenuti "ricchi", nella gestione dei link e dei feed, ...) e soprattutto di una migliore definizione del modello di business (e quindi nella gestione dell'openness, della privacy, ...). Un handicap fondamentale e' che Facebook e' privato, ma in realta' non meno di Google. Ma indubbiamente anche il potenziale inespresso e' ancora notevole. E il successo in termini di iscritti (in Italia nel 2008, +900%) ma anche in termini di utilizzo (si possono oggi trovare spunti molto interessanti) ne e' una prova indiscutibile.

Domani vedremo se FB e' qui per rimanere (e dare vita ad una generazione F, dopo la generazione G), o se invece sara' la pietra miliare a cui tutta una nuova famiglia di strumenti e protocolli faranno riferimento, scostandosene. Certamente la sua architettura di informazioni, aiuta FB a diventare quella piattaforma virtuale che abilita reali cambiamenti anche nel Territorio, laddove un architettura per la sola messaggistica non arriva. La storia non e' finita e l'avventura continua. Una cosa e' sicura: la persona e' sempre piu' al centro, e lo spazio intorno e' sempre piu' reale e virtuale senza salti.

martedì 6 gennaio 2009

Facebook strumento principe del nuovo umanesimo o strumento semplicemente ?

Proprio su Facebook, su quel tanto chiacchierato e ormai anche un po' vituperato Facebook, si e' sviluppato un interessante dibattito sul ruolo che puo' avere proprio Facebook nello sviluppo delle conoscenze e coscienze degli utenti, e in generale delle persone.

"Promotore e conduttore" dell'iniziativa e' stato Marco Minghetti, che tra l'altro insegna Humanistic Management presso l’Università di Pavia, e scrive su Nòva24, Le Aziende InVisibili.

Il suo intervento consiste in tre puntate, e ha generato decine di interessantissimi interventi: Il rischio di Facebook, Per una via umanistica a Facebook e Facebook come Mondo Vitale. Tra questi anche il mio, in due commenti, che qui riporto.

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Cio' che contraddistingue FB da altri social network di nicchia, e' che in FB ci si iscrive in quanto persona, cioe' il denominatore comune richiesto ai partecipanti e' il minimo in assoluto. Qui c'e' la ragione del suo successo nei numeri. Un po' come per LinkedIN, a cui ci si iscrive in quanto professionisti. Ma attenzione, non tutti gli altri social network hanno condizioni di ingresso piu' restrittive, e comunque non e' lo strumento che lo impone. Non e' Ning che richiede prima l'esistenza di un gruppo (chiuso): anche FB era nato inizialmente come lo spazio virtuale per gli studenti del college. Questo e' un punto che riguarda il processo di sviluppo di community, a cui nemmeno FB si sottrae.

Il vero punto di forza di FB e' stato voler essere un servizio a disposizione di una tipologia di utente (giovane studente americano) che e' paradigmatico di tutti i navigatori di internet: pieno di interessi, grande dimestichezza con internet, fondamentalmente portato a divertirsi e socializzare. Tutto cio' ha portato FB alla dimensione cruciale, alla massa critica, dopo la quale ogni concorrente soccombe oppure nemmeno prende il via.

Quello spirito di "fratellanza", quel misto di solidarieta' collaborazione e stima reciproca, che caratterizza le prime fasi di sviluppo di certe community (per esempio la blogosfera qualche anno fa, FB un anno fa, ...) tende a svanire quando a quel contesto approda la moltitudine. Attenzione, non tanto (non sempre) perche' i nuovi acquisti siano un'invasione barbarica, essendo dotati di uno spirito diverso e forse meno fine, ma proprio perche' il collante sociale stava prima proprio nel sentimento di pionerismo, di esclusivismo, di protagonismo.

In un contesto allargato, cosi' allargato da risultare sfondato, il protagonismo non si raggiunge piu' nel semplice partecipare a qualcosa che di per se' ha gia' il carattere della specialita', e quindi la ricerca di protagonismo diventa piu' individuale, e soprattutto concorrenziale, cosi' come nei milioni di contesti tradizionali che conosciamo. In questo modo si diffonde il virus dell'egoismo, che pure sarebbe salutare in dosi piu' moderate, che porta con se' aggressivita', e la nuda e cruda rappresentazione di se', e non piu' di se' tra gli altri. E' qui che l'atmosfera umanistica, emozionale, esplorativa, viene spazzata da approcci scientifici, calcolatori, conquistatori.

Non sorprende che il paradigma della squadra di rugby, dell'equipaggio di una barca a vela, che la session di jazzisti, che i membri di una squadra di progetto, i dipendenti di una piccola azienda... sono tutti esempi in cui la dimensione puo' essere considerata "limitata". Nella nicchia, vuoi costituita per raggiungere un obiettivo (agire), vuoi per esplorare un nuovo territorio (conoscere), la dimensione e' sufficientemente piccola per perdere la propria individualita' e ma anche per riconoscersi come fattore cruciale dell'insieme, e vivere questo senza traumi.

Nello spazio angusto di un angolo del territorio, alcuni ego sentono di soffocare anche all'interno di piccoli gruppi, ed esplodono mandando in frantumi anche piccole squadre dal grande potenziale. Ma in rete la eco e' enorme, globale, la sensazione che ogni sussurro e ogni piccolo gesto, anche se impercettibile guardanto il singolo e tanto piu' guardando il gruppo, puo' essere in realta' colto da una platea di milioni di spettatori, e questo appaga ogni ego ipertrofico.

La massa critica di una community diventa allora la sua forza e anche l'inizio del suo declino, a meno che non sappia rinnovare anche nel seguito quel sentimento di eccezionalita' che i membri provano iscrivendosi nei primi tempi. A mio parere FB sta vacillando su questo filo di lana, in Italia: se non si animeranno iniziative nuove e soprattutto nuove modalita' esperienziali di fare network, il suo sbocco naturale sara' quello di essere superato dal nuovo medium del secolo, e quindi relegato ad una finalita' specifica e non piu' trendy. Cosi' com'e' stato per tutti i media che l'hanno preceduto, del resto.

[...]

L'utilizzo di ogni strumento per quello che meglio puo' dare e' esattamente uno dei punti sottostanti il mio intervento precedente. Oggi FB abbaglia perche' e' lo strumento del momento (al radiogiornale lo citano, in televisione ne parlano, sui giornali lo spettegolano...). E come tutti i "media" che sono "new", in questo momento sono anche il "messaggio" essi stessi, capaci di sostituirsi a noi stessi nell'essere messaggio. Un po' com'e' stato quando internet se lo sono prese le aziende prima, e le persone poi, ed essere su internet e' diventato un imperativo esistenziale prima per le aziende e poi per le persone. Domani? difficile dire, perche' a differenza di internet nel suo complesso, FB ha un proprietario, e ha mostrato in alcune scelte strategiche l'orentamento verso un modello di business non sicuramente sostenibile.

Ma nel futuro prossimo, possiamo certamente pensare di usare FB per quello che ci da meglio di qualunque altro strumento, e affidarci ad altri per il resto. Questa conversazione non avrebbe potuto infatti svilupparsi meglio su un blog o su un ning? non avremmo potuto tenere FB solo come "segnalatore" di questo interessante contenuto da raggiungere con un semplice link? Non avremmo perso nulla, e anzi ne avremmo guadagnato in fluidita' di conversazione e in maggiori possibilita' di networking.

Ma non e' solo questo. Io credo che il modello esperienzale sia il punto. FB infondo non ha permesso un grosso passo avanti nella qualita', ed e' significativo solo per i numeri. SL invece ha segnato una svolta, ma sta anche quello segnando un rallentamento nella sua curva di sviluppo. A mio parere il passo successivo non e' nella direzione di una maggiore virtualizzazione (3D, ...) ma di una nuova ricomposizione della vita reale e virtuale. E in questo senso, l'auspicato recupero di equilibrio tra umanesimo e tecnologia non puo' che guadagnare velocita'. "Internet e territorio" e' il tema che sto approfondendo innanzi tutto per passione: un ambiente nuovo, diverso dalla somma delle due parti, con propri metodi e tecniche. Io credo che l'esperienza in uno spazio che non fa salti tra il reale e il virtuale e' la vera innovazione del XXI secolo.